Stupro. il trionfo dell’ignoranza. Vigliacca debolezza

Gennaro Matino (September 18, 2017)
La cronaca sciorina i particolari del sopruso e si trasforma in morbosità, pornografia del corpo e della mente che poteva essere evitata, bastava il nome dello scempio per raccontare ... Ma si sa che le notizie fanno affari se sanno essere estreme e nulla di più appetibile per la cronaca è la materia morbosa che si nutre di ciò che resta sospeso sul confine tra lecito e perverso. La verità è che i fatti denunciati dalla cronaca, raccontati dalle vittime sono solo la punta di un iceberg che lontanamente riescono a descrivere quanta violenza sessuale alberghi nel nostro quotidiano, di quanto perbenismo ipocrita sia rivestita la società per nascondere trame di dolore

Stupro. La parola rincorre il fatto, veste di violenza la vita di ogni giorno, ancora uno, un altro ancora e la vergogna di un’estate senza vergogna conta le sue vittime. Linciaggio mediatico per lo straniero: “rimandiamo a casa gli animali”. Pudore, imbarazzo per la divisa infangata: “sarà vero?”. La cronaca sciorina i particolari del sopruso e si trasforma in morbosità, pornografia del corpo e della mente che poteva essere evitata, bastava il nome dello scempio per raccontare assurdi. Ma si sa che le notizie fanno affari se sanno essere estreme e nulla di più appetibile per la cronaca è la materia morbosa che si nutre di ciò che resta sospeso sul confine tra lecito e perverso.

Intanto la donna violata resta segnata per sempre nella mente, nel corpo, prigioniera di un furto che si ripeterà per lei all’infinito: presto dimenticata, pronta a cedere il palco alla prossima sventurata. Non solo donne violentate in verità, di sicuro per la maggior parte, ma non tutto è denunciato nello squallido incedere di una società senza regole, maschi e femmine sono uguali per chi cerca lo “sballo” a tutti i costi, per chi soddisfa la sua vigliaccheria abusando sessualmente di chi per essere ritenuta vittima dovrà “nuovamente” essere abusata: denunciare, raccontare, sottoporre il corpo già sporcato alla verifica di sguardi indagatori.

Certo non basta la sola parola per raccontare un crimine così efferato, va dimostrato, anche se per farlo al danno segue il dolore della vergogna, dello scoprirsi nudi senza colpa, privati di dignità, di protezione. Nudi come restavano i condannati dinanzi ai plotoni di esecuzione nazisti, come i deportati nei campi di sterminio nei lager della disumana angoscia, tale il seviziato, l’abusato, lo stuprato, resi pietra dal ricordo, violentati nuovamente dal sospetto: “forse consenzienti?”. Malato incedere di un tempo che nel piacere della carne ha posto il suo primato, che non trova adeguata una vita sessuale normale, anzi il sesso per essere goduto deve saper superare il superabile e se questo è posto come mantra per dare vita piena alla libertà ritrovata dopo secoli di oscurantismo, in cui la vita sessuale era repressa e peccato, nel frattempo c’è chi resta schiacciato da una dinamica pornografica della relazione e sconfina nell’oltre senza più barriera, senza più limiti, senza più confini tra lecito e illecito.

Certo ognuno è libero di vivere la sua sessualità come crede e nelle mura del suo privato quando lo scambio è adulto e libero non può trovare giudice se non nella propria coscienza e nulla asserisce relazione tra vita sessuale estrema e stupro, ma qualcosa mi dice che se è vero che la violenza sessuale da sempre è scritta nel libro della storia è anche vero che quando i freni inibitori saltano è molto più facile che la violenza si presenti e le sue forme diventino sempre più obbrobriose.

Ti chiedi: come mai in un tempo dove dovrebbe essere facile “consumare” sia poi così diffusa la violenza carnale? Come mai la “libertà sessuale” generi mostri tali che ad ogni età, in ogni ambiente, in ogni condizione ripresenta il sesso come oppressione? I fatti denunciati dalla cronaca, raccontati dalle vittime sono solo la punta di un iceberg che lontanamente riescono a descrivere quanta violenza sessuale alberghi nel nostro quotidiano, di quanto perbenismo ipocrita sia rivestita la società per nascondere trame di dolore che gridano nelle mura domestiche dove quella violenza è taciuta, nei baretti di casa nostra dove giovanissimi incapaci di “scegliere e volere” sono prostituiti al piacere di porci benestanti, di quanti per ottenere asilo nelle grazie di potenti subiscono le loro squallide avance.

Violenza di sicuro anche questa che non avrà uguale risonanza mediatica fino a quando il coraggio della denuncia non riuscirà a rompere il muro del silenzio, che non è necessario forse che abbia spazio nella cronaca ma spazio nella denuncia civile sì, nella lotta quotidiana di chi vuole per sé e per i propri figli un mondo a misura di uomo.

Spesso sento dire che la violenza sessuale è il risveglio animalesco dell’uomo primitivo: non sono d’accordo. L’animale se aggredisce lo fa per fame o per paura. L’uomo è l’unico essere pensante e se usa violenza è perché altro non ha nelle mani che la sua vigliacca debolezza per tentare di imporre il suo perverso dominio. Il piacere sessuale che si lega a questa patologia è il trionfo dell’ignoranza, squallida, disumana malattia che come arte del suo fallimento si manifesta nella sua carne e nella sua mente.

Desidera, brama, non riesce ad ottenere, fa guerra, fa vittime, ma poi perde, perde sempre, comunque e in ogni caso, perde.
 
*Gennaro Matino, teologo, scrittore, docente di teologia pastorale e parroco a Napoli
 
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