IO DICO: SI STARBUCKS. Starbucks non è l’Apocalisse, e la fine del mondo non è vicina

Alberto Baudo (March 03, 2016)
Tante le domande: Perchè Starbucks apre solo adesso nel nostro paese? Avrà successo? Danneggierà i piccoli imprenditori? Cambierà le nostre abitudini? Solo il tempo darà una risposta certa ma noi, analizzando dati concreti, azzardiamo le nostre modeste ipotesi, partendo dai fatti. Ecco cosa scrive Alberto Baudo, ristoratore proprietario del ristorante "Fabbrica" di Williamsburg


Quindi Starbucks apre in Italia. Proprio ieri Il Gambero Rosso, uno dei guardiani del mangiare e bere bene in Italia, ha pubblicato un articolo molto ben scritto e documentato, dal titolo: “10 motivi per cui l'arrivo di Starbucks in Italia non è una catastrofe.” (leggi >>)



Ma la maggioranza dei commenti non è negativa nei confronti della rivista, non si è scagliata alla difesa della tradizione nostrana, ma anzi accoglie con interesse l’invasione della medusa di Seattle. 



Tante le domande: Perchè Starbucks apre solo adesso nel nostro paese? Avrà  successo? Danneggierà I piccoli imprenditori? Cambierà le nostre abitudini?  Solo il tempo darà una risposta certa ma noi, analizzando dati concreti, azzardiamo le nostre modeste ipotesi, partendo dai fatti:

- Starbucks è la piu’ grande catena al mondo di caffetterie. Non in franchising, tutte di proprietà del gruppo.

- Starbucks opera non da ieri ma dal 1971. Ha aperto nel mondo oltre 25,000 caffe’.

- Starbucks piace. Perchè  ha un brand trendy. E perche’ fa un caffe’ di eccellente qualita’, servito in ambienti confortevoli, con wi-fi gratuito, dove ci si sente a casa. 


Ovviamente anche in Italia ci sono ottime Caffetterie, storiche e di pregio, ma quelle rappresentano le eccezioni, non la regola.



Obiezione n.1.  Il caffe di Starbucks fa schifo e quello italiano e’ il migliore al mondo.

Addirittura il Gambero Rosso deve riconoscere: ”L'Italia non è il primo consumatore mondiale di caffè procapite, ma con ogni probabilità è il paese dove questa bevanda ha un ruolo sociale, culturale e antropologico più cruciale e irrinunciabile. Tuttavia, come capitato per tante altre eccellenze dell'Italia, anche questa è stata maltrattata e umiliata negli anni, fino al punto di diventare l'ombra di se stessa.“

A prescindere dai gusti, cerchiamo di capire a cosa si deve il successo planetario della torrefazione di Seattle. 



Starbucks ha più di 30 miscele di caffè differenti, che spaziano dai blend più rinomati, alle selezioni mono-origine fino alle riserve. Sul loro sito web hanno addirittura un processo in tre step che, a seconda delle risposte che fornisci a tre domande specifiche, ti consiglia il caffè migliore per te o la miscela più adatta ai tuoi gusti.



Quanti caffè in Italia offrono una scelta simile? E quanti in Italia sanno che da Starbucks puoi “disegnare” il tuo espresso, esattamente come lo desideri? Aggiungiamo poi: l’atmosfera un po’ hipster e un po’ metropolitana che attira ragazzini armati di iphone come l’ape è attirata dai fiori; Il wi-fi gratuito; il personale cortese e competente che ti domanda i tuoi gusti e scrive il tuo nome sulla tazza di caffè personalizzata; gli spazi ampi, puliti e totalmente vivibili; il fatto che per andare in bagno non serve “la chiave“, ma è accessibile a tutti; il fatto che non ci siano limiti di permanenza all’interno dei loro locali; il fatto che siano più bravi, in media, di noi italiani a fare il caffè. 

Scrive ancora Il Gambero Rosso “Al di là dei gusti e delle considerazioni tecniche sulla qualità delle miscele proposte, Starbucks è il primo touch point che milioni di persone hanno con il mondo del caffè. Queste persone, grazie a Starbucks (sia nei menù che negli scaffali dove i prodotti sono in vendita), scoprono che non esiste "il caffè", ma esistono "i caffè", modulati in tante varietà, in tante miscele, in diverse origini. Apprendono il tema della sostenibilità. Vengono resi edotti sulle caratteristiche e sulle aree di produzione anche grazie a piccoli compendi formativi. Nessuno in un bar tradizionale italiano è in grado di insegnarti queste cose, il risultato è che quello italiano è forse il popolo che sa meno di caffè in occidente. Altro che patria della tazzulella...“

 

Obiezione n. 2. Ma il caffè  in Italia costa 1 Euro e quello di Starbucks ne costerà 3!

Se Starbucks apre davvero e vendera’ l’espresso a 3 Euro dovremmo davvero arrabbiarci, scrive un noto direttore commerciale ed esperto italiano di ristorazione.  Ma non per la ragione che pensate ma perche’ vorra’ dire che non avevamo capito prima di loro che la gente e’ disposta a pagare di piu’, anche il triplo, per un caffe di qualità elevata e garantita, servito in un’atmosfera piacevole. Se Starbucks riesce in questa impresa non sarebbe lui il truffatore, saremmo noi dei polli.  Vorra’ dire che avranno saputo educare il consumatore che la qualita’ costa. 

 

Non e’ scritto nella costituzione che il caffè debba costare un euro. E’ una convinzione anacronistica, un retaggio culturale di un’Italia che sta scomparendo e che scomparirà sempre più velocemente, fatta di baristi improvvisati che aprono un’attività facendo affidamento sulle macchine in comodato d’uso, sull’insegna regalata dalla torrefazione e sul bancone offerto dal fornitore di fiducia. 



La verità  e che non si puo’ costruire un modello replicabile di successo vendendo il caffe’ ad un euro. Per attirare clienti disposti a spendere di piu’ occorre spendere di piu’. Starbucks ha rischiato tutto nel 1982 quando il visionario Howard Shultz, allora Direttore Commerciale, oggi suo CEO, si e’ impegnato anche la propria casa per indebitarsi fino al collo ed inseguire un progetto nuovo, tanto ambizioso quanto inedito. Ed è ironico dover sottolineare che quella idea gli venne dopo una visita proprio ad un caffe’ di Milano. Li’ capi’ che c’era un nuovo mercato tutto da inventare.

 

Obiezione n.3. Si ok, ma l’italiano è abituato a prenderlo diversamente, tre lacrime nere in piedi e poi via di corsa al lavoro, altro che questi beveroni americani!

Il discorso abitudine dovrebbe sempre farci un po’ sorridere. Sono decenni che vengono continuamente scardinate le abitudini più consolidate a favore di altre, decisamente più europee e internazionali, eppure continuiamo ad arroccarci sopra al nostro castello di provincialismo in nome della difesa della tradizione.



 

Esempi:

«In Italia la gente vuole il negoziante sotto casa! Altro che catene!»

Il tutto mentre Zara, H&M, OBI, MediaWorld, Ipercoop e affini proliferavano come conigli facendo fallire miriadi di negozietti.

«In Italia la gente mangia bene! Altro che ‘sti hamburger americani!»

Contemporaneamente, McDonald’s, BurgerKing, America Graffiti e la mania degli hamburger gourmet conquistavano la penisola.

 

«L’italiano beve vino! Mica malto fermentato!»

Birre ovunque e chiunque ha un amico che in garage fa la sua. Le birrerie sono piene zeppe di giovani piu’ aperti al nuovo. Etc, etc

Due cose in Italia sono e rimarranno intoccabili. Il calcio (siamo tutti grandissimi allenatori) e la mamma. Tutto il resto non c’è niente di male a metterlo in discussione.

Obiezione n.4. Ma perchè Starbucks apre solo adesso in Italia? Temeva la concorrenza dei nostri baretti?

Anche qui la verità  è un’altra. Starbucks ha aperto già in altri 67 paesi che offrivano maggiori garanzie per i colossali investimenti necessari. Perche’ impazzire con la burocrazia Italiana, con le nostre tasse e con una classe politica non propriamente affidabile? Non ha investito prima non perche’ ci considerava meglio degli altri, ma ahime’ peggio, perlomeno sotto l’aspetto business.



Comunque per chiudere queste osservazioni un po’ provocatorie ci sono un sacco di ragioni per ritenere questa apertura una grande opportunita’ per il nostro paese e per i nostri imprenditori piu’ aperti al nuovo.

Opportunita’ n. 1 Potremmo veramente parlare di caffe’ in maniera seria ed approfondita. 

I proprietari di bar potranno e anzi dovranno imparare ed essere capaci di spiegare da dove proviene la miscela che vendono, che cosa sia il purge o quale è la temperatura di estrazione ottimale. Ed abbandonare una volta per tutte la credenza che in quanto Italiani l’espresso ci scorre nelle vene e quindi non abbiamo bisogno di formazione. Noi nasciamo perfetti per definizione.

Dovremo invece documentarci meglio, offrire piu’ scelte, fare un nostro brand artigianale, magari tostare I chicchi in proprio, ed ovviamente venderlo a tre euro. E Starbucks sara’ sconfitto con le sue stesse armi

Opportunita’ n 2. Attirare i delusi da Starbucks. Offire prodotti diversi per un target gia’ definito. 

Peraltro c'è tempo un anno dunque si potrebbe valutare anche l'ipotesi di farsi trovar pronti.

 
Opportunita’ n 3. Si apriranno nuovi spazi di business. 

 E’ triste da dire, ma molti baretti chiuderanno. Starbucks porterà ad una riflessione sempre più profonda riguardo a ciò che si sta facendo dentro la propria attività. E chi non sarà all’altezza della situazione, verrà semplicemente spazzato via. Chi da Starbucks, chi dai concorrenti locali di Starbucks più preparati.

Questo non deve demoralizzarci o demotivarci, deve invece spronarci a fare sempre. Perché meno concorrenti improvvisati sul mercato significa più spazio per i professionisti che fanno il loro mestiere bene.

 

Insomma tranquillizziamoci, il Frappuccino non sara’ reso obbligatorio per decreto,  se vi fa schifo nessuno vi obblighera’ a berlo. E tutti potremo continuare a prendere la nostra tazzulella sotto casa, ad un euro. Insomma Starbucks non è l’ Apocalisse, e la fine del mondo non è vicina.

 

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