Con la sommelier più spumeggiante di New York
Ci siamo andati in ritardo. Al suo secondo appuntamento. Forse lo abbiamo fatto, come succede qualche volta nelle migliori famiglie, perché sentiamo Alessandra Rotondi un po’ parte della squadra di i-Italy. La conosciamo bene e sapevamo che la sua prima lezione sul vino ad NYU non sarebbe stata stata l’unica occasione con lei lì. E così è stato.
Dunque siamo andati a vederla al secondo appuntamento, il 23 Aprile, presso la Casa Italiana Zerilli-Marimò. E nella casa delle case della cultura newyorkesi abbiamo, insieme a tantissimi fortunati spettatori, potuto assistere al suo viaggio culturale sul vino, Viaggio di cui i-Italy TV ha trasmesso solo delle piccole pillole su canale del Comune di New York.
“Il diciannovesimo secolo fu molto importante per sviluppare una nuova idea di vino” ci racconta Stefano Albertini, direttore della Casa italiana Zerilli-Marimò. “Come ci ha spiegato Alessandra Rotondi, Dante non ebbe mai la fortuna di poter bere il Chianti perché venne inventato proprio nel diciannovesimo secolo” . “Sono curioso di sapere cosa beveva Dante al posto del Chianti” scherza Albertini.
Fil rouge dell’evento la passione per il vino, considerato fin dall’antichità nettare delle divinità. Una passione che anche con lo scorrere dei secoli è rimasta comune a molti artisti, politici e personaggi illustri.
Si pensi ad esempio a quello che fu il primo ministro italiano Camillo Benso Conte di Cavour, che per la sua grande passione per questa bevanda senti la necessità di creare un vino rosso pregiato, dall’acino d’uva del nebbiolo.
Bettino Ricasoli, secondo presidente del Consiglio del Regno d’Italia dopo Cavour, condivideva con il suo predecessore la forte passione per il vino, ci racconta Alessandra Rotondi.
“Quello che amo più al mondo è l’agricoltura” sosteneva il Barone di Ferro “e vivere in compagnia del progresso morale dei contadini. La politica? Io la odio”.
“E difficile non odiare la politica vivendo nel fantastico castello di Brolio” scherza la sommelier. La famiglia Ricasoli infatti viveva in questo castello situato a Gaiole in Chianti, una piccola frazione di Siena. Dal castello si dirama tutta una serie di vigneti, e la famiglia Ricasoli fu proprio una delle prime famiglie in Italia ad avviare la compravendita del vino nella Nazione.
“Abitando in un paesino vicino, ho vissuto tutta la mia infanzia dentro questo castello e ne conosco ogni singolo particolare” ci racconta Alessandra Rotondi “i miei antenati hanno lavorato sulle vigne del castello, il mio sangue è qui, sono stata creata qui”.
Dalla tradizione Ricasoli deriva il Chianti che tutt’ora beviamo su bar e ristoranti, un vino fino al 2006 composto di tre grappoli d’uva: due rossi, il Sangiovese e il Canaiolo e uno bianco il Malvasia. Dopo il 2006 i produttori di vino decisero di modificare in parte la tradizionale formula di Ricasoli sostituendo gli acini di uva bianca con quelli di uva rossa.
Proseguendo con il suo excursus storico all’insegna del vino la Rotondi ci presenta Giuseppe Verdi che fu non solo uno dei più grandi musicisti della storia italiana ma anche un grande amante del cibo e del vino italiano. Nella sua “Brindisi” infatti il compositore celebra la sincerità del vino e il suo “potere” di rendere tutto più bello.
E con la magia della musica di Verdi al suon di “libiamo ne’lieti calici/ che la bellezza infiora” anche la casa Italiana Zerilli-Marimò si è trasformata per qualche minuto in teatro e il pubblico in coro diretto da una spumeggiante Alessandrai.
Parentesi canora terminata, si ricomincia il tour all’insegna del vino per arrivare alla famosa poesia “San Martino” scritta da Giosuè Carducci con i versi “ma per le vie del borgo/dal ribollir de' tini /va l'aspro odor de i vini /l'anime a rallegrar.”
“Carducci scrisse questa poesia quando era vicino al momento della morte, il componimento è quindi una riflessione sulla vita, a tratti insidiosa, nella quale è proprio il vino a portare un momento di calma e serenità” ci spiega la sommelier.
Ed è ancora Giovanni Pascoli con la sua Miricae a parlarci di vino. “Pascoli ci racconta che la vite ha tre grappoli, il primo va bevuto per piacere, il secondo per raggiungere quel dolce oblio che il vino a volte porta e il terzo non va bevuto, perché è il grappolo del sonno” scherza la sommelier.
Si arriva quindi al dinamico futurismo, movimento di rivoluzione culturale che prese luogo in Italia agli inizi degli anni venti. Uno dei punti fondamentali del futurismo era quello di eliminare tutto ciò che provenisse dal passato per creare qualcosa di nuovo, metafora di eterno movimento. Tutto ciò portò i futuristi a rinnegare addirittura la pasta, emblema culinario italiano, perché considerato un piatto che appesantiva e quindi antitetico alla velocità.
“Nonostante anche il vino abbia origini antiche, venne di gran lunga accettato dai futuristi che lo vedevano come una bevanda in continua evoluzione” ci spiega Rotondi.
Anche Pablo Neruda, poeta spagnolo moderno, apprezzava talmente tanto il vino da paragonarlo alla sensuale bellezza di una donna, nella sua “Ode al Vino”.
Amor mio, d’improvviso/il tuo fianco/è la curva colma/della coppa/il tuo petto è il grappolo,/la luce dell’alcol la tua chioma,/le uve i tuoi capezzoli,/il tuo ombelico sigillo puro/impresso sul tuo ventre di anfora,/e il tuo amore la cascata/di vino inestinguibile,/la chiarità che cade sui miei sensi,/lo splendore terrestre della vita.
Per arrivare ai giorni nostri Alessandra Rotondi paragona il vino a Facebook. “Il vino è stato il primo Facebook ad essere inventato, infatti si tratta del più antico social network mai esistito in circolazione già da quando internet non esisteva” commenta la sommelier. “Il vino è sempre stato un mezzo per connettere le persone, ed è sempre stato parte delle persone, come un amico”.
“Si può sempre mandare una richiesta d’amicizia al Vino e stare certi che lui sicuro non la rifiuterà” scherza la Rotondi. Il viaggio si conclude con una frase ad effetto estrapolata da un discorso di Papa Francesco “…immaginate di finire la festa bevendo tè…senza vino non c è festa!”.
E noi, per concludere, chiediamo ad Alessandra: quando sarà la tua prossima lezione?
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