“Open Arms. La legge del mare”

Mediterráneo (Open Arms – La legge del mare) di Marcel Barrena si aggiudica il “Premio del Pubblico FS” alla sedicesima edizione della Festa del Cinema di Roma.

Marcel Barrena racconta la vera storia di un'organizzazione umanitaria che ha salvato più di 62.000 migranti e rifugiati nel Mar Mediterraneo. “Open Arms. La legge del mare” è la storia di Oscar Camps, il fondatore della Ong che dal 2015 protegge i migranti nel mare

Nel 2015, l'immagine del corpo senza vita del bambino di tre anni Alan Kurdi ritrovato su una spiaggia del Mediterraneo, ha spinto due bagnini catalani Òscar Camps e il suo amico Gerard Canals ad andare a Lesbo per vedere cosa stava accadendo.

Lì scoprono una realtà sconvolgente: ogni giorno migliaia di persone rischiano la vita cercando di solcare il mare con imbarcazioni precarie, per fuggire dalla miseria e dalle guerre che affliggono i loro Paesi d’origine. Ma la cosa più sconcertante è che nessuno sta svolgendo attività di salvataggio. Insieme a Esther, Nico e agli altri membri della loro squadra, Òscar e Gerard lotteranno per compiere il lavoro disatteso dalle autorità e per portare a migliaia di persone l’aiuto di cui hanno estremo bisogno. Dalla storia vera di Òscar Camps, il fondatore di Open Arms.

Il film non ha una "posizione politica, ma umana", che "merita di essere spiegata", ha detto il regista in occasione della presentazione del film. Non offre soluzioni, sono i politici che devono trovarle, ma da voce a chi una voce non ce l’ha. “Da quando ho incontrato Oscar e ho messo piede a Lesbo, ho capito che questa storia doveva essere raccontata nella maniera più realistica possibile»

Quello che era iniziato come un viaggio di due giorni è diventato una missione che si protratta per mesi e che, a oggi, ha salvato la vita a più di 60.000 persone. Dopo aver visto quella foto, Òscar ha lasciato tutto per salvare molta gente da morte certa e denunciare quanto stava avvenendo.

Marcel Barrena ha così deciso di fare un film che desse visibilità a ciò che stava succedendo a sole due ore di aereo da casa nostra. “Per quattro anni abbiamo affrontato l’inimmaginabile. Abbiamo girato nei veri uffici dei soccorritori di Open Arms. Abbiamo ricostruito il campo profughi di Moria e assunto come comparse centinaia di rifugiati. Né il film né io abbiamo le risposte per porre fine a ciò che accade nel Mediterraneo, ma possiamo fare da megafono perché nessuno dimentichi quel che avviene sulle nostre coste.

Il film si inserisce in un clima dove la retorica anti migranti ha alimentato  politiche, operazioni e programmi alla luce della necessità di fornire una risposta efficace contro il traffico di migranti. La narrazione imperante, sganciata dalla realtà e potenzialmente controproducente – chiudiamo i porti così debelliamo il traffico di migranti, tanto per dirne una, ha contribuito a demonizzare, su un piano etico, e a criminalizzare, su un piano giuridico, chi invece ha sempre rispettato la legge del mare che vuole che nessuno sia lasciato morire in acqua.

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