Una Chiesa che indebolisce la scelta individuale: è tiranna

Gennaro Matino (February 23, 2014)
Esiste una Chiesa che non educa l’uomo alla ricerca interiore, che privilegia ancora l’oggettivazione del contenuto di fede, più che la soggettività del credente, la verità della regola più che la libertà dell’uomo, della sua coscienza. Non può esservi né coscienza, né discernimento se non nella libertà di scelta e nessuna fede sarà adulta senza tale libertà. La coscienza rende l’uomo libero dalla legge. Un precetto non può essere imposto dall’esterno, ma deve nascere dentro la coscienza come frutto di un lavoro interiore di discernimento.


ESISTE una mistica della disobbedienza, sapiente arte che ti permette di conservare l’integrità morale ed elevarti al di sopra del pantano dei caproni che hanno per motto l’antico detto napoletano: “Attacca ‘o ciuccio addò vo’ ‘o padrone”, che tradotto liberamente significa rassegnati allo strapotere dell’arrogante.


Suprema disciplina, la disobbedienza, indispensabile per chi nella società civile vuole porre argine alla volgarità della menzogna e all’inganno del potere malato, ma ancora più urgente nella comunità ecclesiale spesso seviziata da vescovi mediocri e arroganti che hanno dimenticato che ogni uomo è stato chiamato alla libertà (cf Gal.5,13). Scrivo qui di quest’ultima che più frequento, ma utile sarebbe ragionar anche di altrove. Da ragazzo mi è stato insegnato che chi ubbidisce non sbaglia mai, che basta ubbidire alla Chiesa per ubbidire a Dio e che è sufficiente abbandonarsi alle disposizioni del proprio superiore per sentirsi tranquilli: niente di più falso se a monte di ogni decisione non viene anteposto il primato della coscienza. Nessuno può sostituirsi alla sofferenza personale di una scelta, nessuno può pensare di passare sopra alla responsabilità individuale giustificando il tutto come virtù di umiltà, come docilità, soprattutto quando la corruzione è cosi dilagante.


Forse nasce proprio qui quel malato rapporto che esiste tra autorità della Chiesa e Vangelo, tra potere ecclesiastico prepotente e la libertà della Parola che invece si propone e mai si impone. E forse sta qui la radice dell’inebetire del laico nella Chiesa cattolica, incapace di scelte autonome, ancora alla ricerca infantile del permesso concesso dell’autorità ecclesiastica, sta qui quell’anemia di un laicato adulto lontano dalla maturità credente, privo di radicata formazione evangelica che si affida pedissequamente alle decisioni dei vescovi e dei preti più che alla Parola del Maestro di Galilea.


Esiste una Chiesa che non educa l’uomo alla ricerca interiore, che privilegia ancora l’oggettivazione del contenuto di fede, più che la soggettività del credente, la verità della regola più che la libertà dell’uomo, della sua coscienza.


Persa l’intuizione della coscienza, tra i credenti la verità si è di nuovo confusa con la menzogna. Non ha senso che il cristiano accetti per fede una verità, se poi non è in grado né di capire, né in nome di quella fede e di quella verità di compiere un’inversione di rotta, un’autentica scelta morale autonoma, come se la fede consistesse nel proferire parole, invece che nella comprensione dell’animo, come se fosse questione più di bocca che di cuore. Esagero? Forse.


Ma la storia la dice lunga rispetto a chi per osservare le leggi dell’uomo ha dimenticato la Parola del Maestro che aveva invece ammonito: “Invano mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini. Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini”. (Mt 7,7-8). Oggi non è diverso da quando prima del Concilio, in nome di un Limbo che non esisteva, per la salvezza del feto che rischiava di non andare in Paradiso senza il battesimo, si poteva praticare perfino un battesimo intrauterino. A una falsa verità conseguiva una orrenda pratica.


Possibile che nessun uomo di Chiesa, prete o laico, abbia saputo resistere a questa aberrazione in uso per secoli che offendeva la dignità della donna e certo non risparmiava dall’imbarazzo chi doveva praticare il rito, aspergendo il feto mediante una siringa da iniezione per via vaginale? Assurdo? Non più assurdo di quanto sia invadente e invasivo un agire clericale che si intrufola ancora senza vergogna nella vita intima della gente, nel decidere la condotta sessuale delle persone, nelle scelte politiche e sociali, nel volersi sostituire alla libertà del singolo con la pretesa di averne autorità derivante da mandato divino.


Non può esservi né coscienza, né discernimento se non nella libertà di scelta e nessuna fede sarà adulta senza tale libertà. La coscienza rende l’uomo libero dalla legge. Un precetto non può essere imposto dall’esterno, ma deve nascere dentro la coscienza come frutto di un lavoro interiore di discernimento. Ciò non significa che la coscienza sia l’ambito nel quale ognuno possa cercare gli alibi alla propria condotta. Anzi, la coscienza è più esigente di qualsiasi legge anche per coloro che non la ritengono il sacrario dove Dio parla all’uomo.


Erich Fromm scrive: “La coscienza domina con un’asprezza non minore di quella delle autorità esterne, anzi il suo dominio può essere anche più duro di quello delle autorità esterne, dato che l’individuo ne considera gli ordini come propri. Come può ribellarsi contro se stesso?”. Una Chiesa che indebolisce la scelta individuale non è una madre che educa a libertà, ma una tiranna.

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