Milton Gendel e la sua 'Vita surreale"

Giovanna Pagnotta (April 15, 2014)
In mostra alla Casa Italiana Zerilli-Marimò di NYU le foto surrealiste di Milton Gendel. Per il pubblico la presentazione dei curatori Peter Benson Miller e Barbara Drudi e dagli storici d’arte Irving Sandler e Martica Sawin


Si è aperta lo scorso Venerdì 11 Aprile la mostra del fotografo americano Milton Gendel “A Surreal Life” presso la Casa Italiana Zerilli-Marimò.

 
La mostra curata da Peter Benson Miller e Barbara Druidi nasce dalla collaborazione con l'American Academy in Rome e la Casa Italiana Zerilli-Marimò  e presenta una selezione di venti fotogrammi scelti dall’ampia gamma di quelli esposti nella mostra Retrospettiva a Roma.


La mostra, esposta al Museo Carlo Bilotti - Aranciera di Villa Borghese e all'American Academy a Roma nel 2011 con la collaborazione del Comune di Roma, era divisa in quattro sezioni a scandire le esperienze artistiche e il percorso di Milton Gendel. Scatti che raccontano la guerra in Cina che visse in prima persona, passando agli esordi a New York dove venne a contatto con un gruppo di artisti surrealisti per poi arrivare all’esperienza alla Roma-New York Art Foundation e alle sue frequentazioni con artisti italiani e americani.


 
Molte delle suo foto  ritraggono infatti personalità come Audrey Hepburn, la Regina Elisabetta II, Peggy Guggenheim e tanti altri personaggi di grande rilievo fotografati  tra America e Italia.
“La mostra di New York non è che la degna conclusione di un percorso iniziato a Roma” ci spiega Mark Robbins direttore dell’ American Accademy. “Questa con la Casa Italiana è una bellissima collaborazione, ci sono tanti modi in cui possiamo collaborare sia a New York che in Italia e spero che questa sia la prima di una lunga serie” continua il direttore.


 
Il mondo si snoda attraverso la fotografia, la nostra società ora più che mai risulta fatta di immagini e questo è un qualcosa del quale Gendel è stato sempre cosciente. L’esposizione mostra infatti in maniera quasi provocatoria una brillante selezione delle immagini raccolte a Roma che evocano tutta la sensibilità artistica espressa da Gendel attraverso le immagini.
“Gendel è uno degli artisti contemporanei più conosciuti in America e non soltanto nel campo della fotografia” ci spiega Stefano Albertini direttore della Casa Italiana Zerilli-Marimò. “ Gendel ha lavorato davvero come un ambasciatore sia della cultura italiana in America che della cultura americana in Italia” continua il direttore della Casa Italiana che ospiterà la mostra fino al 23 Maggio.


 
“E’ un individuo nel quale sembra concentrato così tanto del ventesimo secolo, soprattutto della seconda metà, nel periodo post guerra. Non sorprende quindi affatto la vasta quantità di temi affrontati dalle sue immagini ” ci racconta Ara Merjian professore presso la New York University. Il suo repertorio infatti va dagli scatti di una Sicilia del 1950  e quelli  che parlano di un’Italia distrutta dalla Guerra e che poi inizia la sua ripresa con il boom degli anni 50-60. Si passa poi alle foto con gli artisti che assiduamente frequentavano la sua casa a Roma come ad esempio Burri e Colla, fino ad arrivare ai lavori Neorealistici più contemporanei. “Gendel crea una vera e propria liason culturale tra Italia e Stati Uniti” conclude il professore. Gendel è stato infatti un grande punto di riferimento per gli artisti americani, non solo per le sue origini, ma anche per la fitta rete di conoscenze che era riuscito a tessere in Italia.


 
“Gendel era un romano ma nello stesso tempo un Newyorkese” ci spiega lo studioso  Irving Sandler “arrivò a Roma nel 1949 ed è anche grazie alle suo foto che gli Stati Uniti conoscevano l’arte Italiana. Milton ci ha resi noti tutti gli artisti italiani più importanti del periodo e non solo. Il suo salotto di casa a Roma era diventato uno dei maggiori punti d’incontro degli artisti americani”.


 
Ed è infatti proprio nel periodo di grande difficoltà del dopoguerra che Gendel decide di remare controcorrente e di aprire la sua casa a tutti quegli artisti che, oscurati dal socialismo latente del periodo, non avevano la possibilità di esporre le proprie opere di arte astratta, ci spiega la studiosa Martica Sawin.


 
Quello che sembra “essere diventato un fotografo per pura fatalità” ci racconta scherzando Miller,   si è rivelato invece uno dei punti cardine della cultura italiana e americana del dopoguerra nonché uno degli esponenti surrealisti più importanti del secolo moderno, trasformando la sua passione per la fotografia e per l’arte in vero e proprio tesoro fatto di immagini che, ritraendo l’Italia nel delicato periodo del dopoguerra ,ripercorrono anche la sua incredibile carriera.
 
 
 
 
 
 

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