"Salvare Venezia, Proteggere New Orleans". Un convegno a New York sul progetto MO.S.E.
La prima conferenza transazionale dedicata al tema “Saving Venezia & Protecting New Orleans” si terrà il giorno 25 Settembre a New York. Organizzata da ILICA (Italian language Inter-Cultural Alliance), la conferenza ha l’obiettivo di riunire scienziati, accademici, ed esperti nel settore sia italiani che americani per discutere del progetto M.OS.E. (acronimo per Modulo Sperimentale Elettromeccanico), un progetto ad alta tecnologia inteso a proteggere la città di Venezia dalle acque alte mediante file di paratoie controllate elettronicamente.
“MO.S.E.” – sigla che evoca anche il nome del profeta biblico Mosè – è un progetto in corso dai primi anni del 2000 ed è basato su tecnologie sviluppate in Italia. Con questa conferenza gli organizzatori suggeriscono che le tecnologie MO.S.E. potrebbero interessare anche coloro che, in America, stanno studiando come proteggere la baia di New Orleans da fenomeni simili a quelli che interessano Venezia.
Prima e dopo la conferenza i-Italy pubblicherà una serie di report e interviste concernenti sia l’evento che gli aspetti culturali e scientifici dell’iniziativa. Iniziamo oggi intervistando il Cavalier Vincenzo Marra, Presidente di ILICA ed organizzatore dell’evento, ed il Professor Anthony Julian Tamburri, Preside del John D. Calandra Italian American Institute (Queens College, CUNY) e presidente dell’American Association of Teachers of Italian (AATI), che sponsorizza l’iniziativa.
D: Una conferenza internazionale che riunisce scienziati, esperti, accademici… un format non proprio comune per gli eventi italiani a New York. Come mai questa scelta?
VINCENZO MARRA: Vogliamo contribuire a far si che l’immagine dell’Italia negli USA non venga assimilata al solo folklore o alle cene di gala… L’idea che si ha del nostro Paese nel XX secolo è il risultato di rappresentazioni provenienti soprattutto dall’immaginario cinematografico, da film come “Il Padrino” ad esempio. Sin dal 1967, anno in cui il numero dei rimpatri dagli USA fu superiore a quello delle partenze dall’Italia, la qualità dell’emigrazione italiana è cambiata. Ora contribuiamo ai livelli più alti alla crescita sociale, finanziaria, ed intellettuale dell’America. Dall’ISSNAF (la fondazone che riunisce gli scienziati italiani in Nord America) al NOVA (una associazione che riunisce gli italiani laureati in economia che lavorano qui), potrei dare una lista infinita di nuove associazioni professionali italiane negli USA. È giunto il momento di creare un nuovo paradigma per questi nuovi italiani.
ANTHONY J. TAMBURRI: Abbiamo bisogno di superare lo stereotipo delle “Tre F” (Food, Fashion, Film). Certamente la conferenza riunisce esperti italiani e americani nel campo della scienza, ma trascende questo settore specifico offrendo la base per una comparazione epistemologica e/o uno scambio reciproco sul modo in cui recepiamo e percepiamo alcuni aspetti della conoscenza. Inoltre assisteremo all’incontro tra la scienza ed un più ampio ambito culturale grazie al coinvolgimento di due registi, che hanno utilzzato le sfide geologiche della laguna di Venezia come background di un lungometraggio, “Watermark”.
D: Perché avete scelto questo tema particolare, anche piuttosto “controverso”?
VM: Io non vedo rischi in questo. L’Italia è uno dei Paesi membri del G8, e spesso è stata all’avanguardia in termini di cambiamenti, innovazione e creatività, e non solo in campo culturale ed artistico, ma anche in quello tecnologico. Il mondo deve sapere cosa è MO.S.E ... Inoltre, l’evoluzione sociale chiamata oggi “globalizzazione” sta ridefinendo la mappa socio-economica del mondo. L’Italia è un Paese piccolo dal punto di vista geografico; tuttavia, nel 1700 la lingua italiana era parlata da più persone di quanti parlino l’inglese oggi. È un momento per l’Italia per rispolverare l’arte della comunicazione. Se continuiamo a manterci in un'ottica puramente politica, passeremo il resto della nostra esistenza a discutere mentre il mondo è più interessato a quello che facciamo che a quello che diciamo.
AJT: Noi tendiamo facilmente a dimenticare i contributi italiani in campo scientifico e tecnologico. Invece di ritornar sempre con la mente ad un’Italia che non esiste più (penso a raffigurazioni di paesini di montagna colpiti dalla povertà), vogliamo ricordare che l’Italia è terra di innovazione scientifica e tecnologica, come provato dai suoi numerosi Premi Nobel per la scienza che si sono succeduti negli anni. È il Paese di una lingua e di una cultura che hanno dato alla Civiltà le radici della moderna poesia occidentale (Dante e Petrarca), le fondamenta di quella che oggi chiamiamo Modernità (la filosofia e l’arte del Rinascimento italiano), e la matrice della filosofia giuridica contemporanea (Cesare Beccaria).
D: Come mai la conoscenza delle eccellenze italiane sembra limitata al fenomeno del “Made in Italy”, e più nello specifico al settore gastronomico e della moda?
AJT: Ci sono molte responsabilità e gli stessi italoamericani non ne sono del tutto esenti. In quanto comunità ci appoggiamo troppo all’immagine più popolare dell’Italia, intrisa o di nostalgia nei confronti di un paese che esisteva molti anni fa, o di rappresentazioni controverse che secondo molti non sono di alcun aiuto alla causa italoamericana. Per questo apprezziamo lo sforzo fatto da ILICA per portare all’attenzione qualcosa di diverso che, primo, ci colloca su un diverso piano intellettuale e, secondo, ci costringe a guardare ad un’Italia non familiare per grande comunità italoamericana.
VM: La missione di ILICA è ispirata a Vincenzo Sellaro, che fondò l’Order of the Sons of Italy in America (OSIA) nel 1905. Fu un cambiamento importante, di cui allora c’era grande bisogno. Dopo 100 anni abbiamo bisogno dello stesso tipo di svolta. Questo è solo il primo passo: ILICA vuole divenire un catalizzatore per un nuovo tipo di italiano, che viene negli Stati Uniti non per bisogno, ma per scelta… Questi Italiani devono integrarsi in una società multietnica ed interculturale. È vero che dobbiamo conoscere da dove veniamo, ma dobbiamo anche iniziare a dire al mondo dove stiamo andando. E scusatemi se lo dico: abbiamo molto di più da offrire di quanto siamo riusciti a fare nell’ultimo secolo. Dobbiamo saper creare una sinergia fra l'Italia della tradizione e gli Italiani del XXI secolo.
D: Come possiamo costruire un ponte tra queste due diverse realtà, quella dei discendenti degli italiani che vennero qui “per bisogno” e quella degli Italiani di oggi che vengono “per scelta”?
AJT: C’è un nuovo concetto di migrazione oggi (non e-migrazione o im-migrazione). Nasce da una nuova mobilità globale, e gli Italiani sono di nuovo in testa a questi nuovi sviluppi… Quando insegnavo in Florida avevo perlomeno cinque studenti nel mio corso che venivano dall’Italia per studiare la cultura italoamericana come campo di studi primario o secondario, e alcuni di loro sono rimasti in America e i loro figli sono cittadini americani. Difatti, perlomeno due partecipanti a questa conferenza hanno avuto un’esperienza analoga ai miei studenti universitari; sono cresciuti in Italia, sono venuti negli Stati Uniti subito dopo aver completato il loro primo percorso universitario, e sono rimasti qui. È una “contaminazione” culturalmente costruttiva tra i due mondi che deve essere compresa meglio, più approfonditamente, così che possiamo apprezzare meglio le nostre radici culturali. È questo il dibattito inter-culturale tra l’Italia e gli Stati Uniti in cui tutti noi dobbiamo impegnarci. È una delle premesse di questa conferenza, e una delle ragioni per cui vi partecipo.
VM: L’acronimo di ILICA contiene un elemento inter-culturale che si rivolge a una realtà globale. E difatti non abbiamo trascurato altre aree di eccellenza come quella gastronomica. In occasione della conferenza verranno qui due cuochi di eccellenza che affiancheranno Andrea Tiberi… e faremo arrivare anche 1000 chili di pesce fresco pescato nel Mar Adriatico, che è molto diverso da quello che troviamo nell’Atlantico… Tutto questo nell’ottica di un principio: gli Italiani che vengono qui per scelta sono complementari a quelli che vennero per bisogno. L’Italia deve conoscere di più l’esperienza italoamericana e gli italoamericani devono conoscere di più l’Italia. Dobbiamo recuperare il tempo che abbiamo perduto ignorandoci l’un l’altro per troppi anni. Poi dovremmo aiutarci reciprocamente ad entrare nella nuova società inter-culturale a mente aperta. Se un italoamericano ama il formaggio “romano” sulla sua insalata di pesce, l’italiano deve percepirlo come un diverso approccio al gusto. Tutti noi utilizziamo la “salsa all’anatra” in qualsiasi piatto nei ristoranti cinesi, anche se mi dicono che i cinesi non usano per niente quel condimento dolce nel loro cibo… In ogni caso, con lo svilupparsi del fenomeno della globalizzazione, è più importante sapere che in America un amministratore delegato aziendale su cinque è di origine italiane.
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