Se fossi un lupo mi indignerei...

Gennaro Matino (April 09, 2017)
Sono stanco di sentire parole come “branco” se servono agli esperti buonisti per sciorinare concetti che vorrebbero il degrado morale di una gioventù violenta e volgare superare la responsabilità individuale di chi commette il crimine in forza dell’attrazione del gruppo, quasi che “branco” fosse condizione attenuante e non aggravante, che insieme si può essere comodamente cattivi per ritornare facilmente buoni da soli.
Se fossi lupo mi indignerei se degli spregevoli topi di fogna avessero usato la parola “branco” per definire la loro accozzaglia vomitevole, per raccontare scorribande di bestiale e depravata consistenza. “Branco” è parola nobile, lo sanno i lupi, che hanno bisogno di regole legate alla natura in cui i più forti non sono i più vigliacchi che si nascondono nel mucchio, ma sono quelli che fanno scudo ai deboli, guidano il gruppo al naturale sopravvivere e usano le zanne solo per trovare cibo e non per sadico divertimento.
 
Mi fa schifo e orrore chi si nasconde dietro le parole per non raccontare quanta miseria umana, degrado, volgarità contro natura e ignoranza sia generata e offerta da chi si associa per delinquere, per offendere, per seviziare, per torturare chi ha la sola colpa di non far parte del loro sodalizio, di chi per sventura in una società rovesciata vuole essere un bravo ragazzo, di chi diverso non si inchina al potere del nulla associato.
 
Sono stanco di sentire parole come “branco” se servono agli esperti buonisti per sciorinare concetti che vorrebbero il degrado morale di una gioventù violenta e volgare superare la responsabilità individuale di chi commette il crimine in forza dell’attrazione del gruppo, quasi che “branco” fosse condizione attenuante e non aggravante, che insieme si può essere comodamente cattivi per ritornare facilmente buoni da soli.
 
Le notizie terribili che arrivano da ogni parte d’Italia segnalano quanto grave sia ormai la situazione e quanto inadeguate siano le responsabilità dell’inadeguatezza delle parole per descriverla, della scuola per prevederla, della chiesa per convertirla, della politica per superarla, della magistratura e delle forze dell’ordine per correggerla e punirla e soprattutto delle famiglie per farsene davvero carico. L’orrore corre sul filo della comunicazione, soltanto la punta dell’iceberg emerge dall’oceano quotidiano di soprusi perpetrati da nuovi barbari che nulla hanno di umano e che non possono, solo perché minori, essere giustificati, difesi o peggio “condonati”.
 
Capire il degrado non è giustificarlo o peggio banalizzarlo, le vittime innocenti, siano state uccise dalla furia omicida a colpi di spranga o violentate nella carne e nell’anima, hanno diritto al risarcimento, alla giustizia, alla verità che non può, non deve inchinarsi al fallimento degli adulti e alla fuga nel solito refrain “sono cose da ragazzi” perché non lo sono, perché non sono accettabili, perché all’orrore di un’azione disumana si risponde con la severità di una punizione esemplare.
 
Il perdono non c’entra, non può essere rivendicato se prima la giustizia non abbia fatto il suo corso, se prima la pena adeguata non rimarchi pedagogicamente il confine tra il giusto e l’errato. Far parte di un gruppo criminale è reato e lo è anche se la spranga non la si impugna ma si ride sulla vittima o peggio le si sputa addosso, anche se non si è abusato di un malcapitato ma ci si diverte a passarne foto, a raccontarne divertiti il martirio.
 
Una condizione immorale che è molto più radicata della violenza raccontata dai media, che passa al gruppo “di bravi ragazzi” l’obbligo di perdere la propria verginità alle prime ore dell’adolescenza non per scelta ma per non essere additati come secchioni o omosessuali.
 
Dal furto commissionato per puro scherzo in un motel o supermercato, alle scorribande per imbrattare, rovinare, degradare il bene pubblico, tutte “cose da ragazzi” che preparano la strada a quei comportamenti criminali che condanniamo ma che ci vedono complici nel non saperli o peggio nel non volerli correggere.
 
In fondo il “branco” dei ragazzi risponde perfettamente all’idea della società massificata prodotta dagli adulti dove è lecito il “così fan tutti” e dove nascondersi dietro lo schermo del collettivo polverizza le responsabilità individuali. Anzi la doppiezza è carta da giocare nelle relazioni e si può essere comodamente “bravi ragazzi” al mattino e corrotti e corruttori la sera, fedeli il giorno e traditori la notte, maschera usa e getta per ogni occasione per uomini senza qualità di uomini.
 
La coscienza, il sacrario della verità di dentro trasformata in pattumiera dove il riciclaggio più in uso è quello della verità da utilizzare secondo opportunità, da vendere o svendere quando serve.
 
Se i nostri ragazzi amano il delinquere e la violenza, se la praticano nel linguaggio e la venerano nei videogame, se la scelgono come opportunità di esistere, come luogo per farsi riconoscere è perché il mondo degli adulti ha fallito. In settimana su questa pagina si è certificato che nel Napoletano più di mille ragazzi evadono l’obbligo scolastico, se domani saranno “branco” la colpa non può essere solo la loro.
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