Cultura in lutto, addio a Umberto Eco

Paola Aurisicchio (February 19, 2016)
Aveva fatto scalpore uno dei suoi ultimi articoli in cui ammoniva l’Italia a conservare la sua memoria e a ricordare la lingua di Dante Alighieri e di Alessandro Manzoni, quella che distingue il Tu dal Lei a differenza dell’inglese che usa solo il Tu. “Il darci del Tu è una finta familiarità che rischia di impoverire le nostre origini”, aveva scritto Umberto Eco nei panni dell’intellettuale, solo uno dei tanti ruoli che Eco ha ricoperto nel panorama internazionale accanto a quello del celebre semiologo, scrittore e filosofo.



Il mondo della cultura piange Umberto Eco, morto all’età di 84 anni. Con Eco non scompaiono solo il grande romanziere autore del bestseller internazionale “Il nome della rosa” pubblicato nel 1980 e tradotto in oltre 40 lingue oppure l’autore di saggi sulla comunicazione di massa,  ma l’Italia perde una delle ultime figure capaci di interpretare il mondo. “Con i social, parola a legioni di imbecilli”, aveva scritto tempo fa Umberto Eco in una riflessione sulle tecnologie, suscitando dibattiti e catalizzando l’attenzione come accadeva a ogni suo intervento.  

Nato ad Alessandria il 5 gennaio del 1932, Eco si è spento nella sua abitazione. Nel 1988 aveva fondato il dipartimento della Comunicazione dell’università di San Marino e dal 2008 era professore emerito e presidente della Scuola Superiore di studi Umanistici dell’università di Bologna, ultimi atti di una carriera universitaria iniziata nel 1961 e capace di scardinare il vecchio sistema. È grazie ad Eco se i programmi di semiologia sono entrati nei corsi di laurea ed è sempre grazie al “professore” se l’Italia ha avuto il primo corso di laurea in Scienze della comunicazione a Bologna.

Ma è con la narrativa che nel 1980 il nome di Eco è diventato di fama mondiale ed è arrivato al grande pubblico. Già affermato semiologo, Eco scrive il suo primo romanzo, un giallo nel mondo medievale pieno di misteri e intrighi ambientato in un monastero benedettino dell’Italia settentrionale. Si intitola  “Il nome della rosa” e il romanzo fa il giro del mondo, fa il pieno di premi tra cui anche il premio Strega - il premio letterario italiano più importante -  e nel 1986 diventa un film con Sean Connery. Al “Nome della rosa”, seguiranno nel 1988 “Il pendolo di Foucault” e altri libri fino all’ultimo del 2005 intitolato “Numero zero”.

Scrittore di successo, professore invitato ad insegnare nelle più importanti università del mondo come la Columbia University e Harvard, Eco è stato anche l’interprete degli ultimi sessan’anni della storia italiana attraverso i saggi sulla comunicazione o gli articoli pubblicati sull’Espresso, lo storico settimanale delle grandi inchieste a cui Eco ha collaborato fin dalla fondazione nel 1955. 

Dalla fine degli anni Cinquanta, lo scrittore si è dedicato anche all’influenza dei mass media nella cultura di massa firmando non solo il celebre “Apocalittici e integrati” ma anche un piccolo saggio dedicato a Mike Bongiorno: il conduttore televisivo italo-americano nato a New York, scomparso nel 2009 e considerato il papà della televisione italiana. Nel saggio, Eco anticipò di molti anni alcune riflessioni sugli effetti prodotti dalla televisione italiana negli anni Sessanta, quelli del boom economico. 

Comunicazione ma anche politica, religione, tecnologia, sociologia: sono stati questi i temi affrontati da Eco su riviste e giornali, dall’uomo curioso che ha posato il suo sguardo anche sui social-network e che tempo fa si fermò ancora a riflettere sulle tecnologie scrivendo un’immaginaria lettera a un nipote. 

Un ennesimo articolo che ha lasciato il segno e in cui Eco ha incoraggiato i ragazzi a non vedere internet come un’alternativa alla conoscenza ma a praticare le nuove tecnologie accanto ai vecchi sistemi per allenare il cervello. “Caro nipote, continua a studiare a memoria le poesie e da domani impara la Vispa Teresa”, ha raccomandato Eco ai giovani nella lettera citando la celebre poesia per bambini con cui sono cresciute generazioni di italiani.  




 

Comments:

i-Italy

Facebook

Google+