Dietro le quinte del "Ciack si gira"
Da Nicole Kidman a Robert De Niro, da Morgan Freeman a Leonardo di Caprio, Manlio Rocchetti ne ha viste e ne ha fatte di tutti i colori. Ma sarebbe proprio il caso di dire “li ha fatti di tutti i colori”, essendo stato definito per Driving Miss Daisy, film che nell’89 gli ha regalato l’ Oscar, l’alchimista del trucco cinematografico.
Con un pennello in mano, un pò di cipria sapientemente dosata, una matita, del mascara, una
parrucca e tanta pazienza, Mister Rocchetti trasforma l’attore nel personaggio, rendendo realtà la finzione del set. Il professionista del make up è però solo uno dei protagonisti della mostra itinerante Make me up a star , organizzata dalla Fondazione “Dress in Dreams Movie & Costume” di Elisabetta Cantone e Francesca Silvestri. In esposizione anche le opere di Vittorio Sodano, Fabrizio Sforza, Francesco Freda, altre colonne portanti del cinema internazionale, che rendono possibile il “Ciack si gira” lavorando dietro le quinte.
L’Istituto Italiano di Cultura di New York ha inaugurato l’esibizione dedicata al make up made in Italy, che dopo Roma e Los Angeles, è approdata nella Grande mela in occasione del Tribeca film festival dove resterà fino al 5 maggio, a due passi dal Metropolitan museum.
La manifestazione, nata nel 2002 per iniziativa di Robert De Niro e Jane Roshental, prevede competizioni relative a narrativa, documentari, cortometraggi, classici del cinema restaurati e una vasta gamma di film indipendenti. Quale miglior occasione quindi, per rivelare alcuni dei segreti di questo mondo affascinante e di un lavoro che potrebbe essere riconosciuto come una vera e propria forma d’arte.
Registi italiani quali De Sica, Fellini, Tornatore, Pasolini e Muccino hanno reso grande il cinema italiano, ma non si può non attribuire parte del merito alle eccezionali capacità di costumisti, truccatori e parrucchieri che combinando creatività e conoscenze tecniche hanno ottimizzato le pellicole, tramutandole in capolavori.
La magistrale interpretazione di Toni Servillo nel Divo, il lungometraggio di Paolo Sorrentino sulla vita di Giulio Andreotti, sarebbe stata vana senza l’apporto di Vittorio Sodano, premio Oscar nella categoria miglior trucco. Si è trattato della prima nomination in assoluto conferita dall’ Accademy of Motion Pictures Arts ad un artista italiano del make up per un film interamente italiano.
“Pasolini teorizzava un linguaggio unico per tutte le arti, sostenendo che arte e vita vanno sempre insieme, l’una è il compimento dell’altra” ha detto Rocchetti intervistato da Andrea Visconti, giornalista dell’Espresso, durante la conferenza stampa all’Istituto Italiano.
L’esperto di make up, nonché professore all’Accademia del cinema di Bologna, ripercorrendo con i presenti i suoi quarant’anni di carriera, ha svelato alcune chicche riguardanti star del cinema Hollywoodiano. “Robert de Niro preferisce un trattamento lento e rilassante. L’ultima volta abbiamo impiegato cinque ore. Lui nel frattempo si è addormentato. Altri pretendono invece che faccia tutto in un’ora” ha raccontato ironico.
Rocchetti ha sottolineato che i problemi del mestiere sono spesso legati al carattere degli attori e alle esigenze dei registi. “ Il tempo impiegato dipende anche dalle richieste della regia. Nel Nome della Rosa per esempio il trucco era semplice e molto naturale. Inoltre il make up cinematografico è senza dubbio più impegnativo e richiede maggior attenzione rispetto a quello televisivo” ha dichiarato in un inglese dall’accento marcatamente italiano, che non ha mai avuto intenzione di migliorare. Visconti, entrato nella parte, non ha mostrato esitazioni nell’indagare sulla vita del mago degli effetti speciali , riuscendo a trattenere ed incuriosire per circa due ore il pubblico del 686 di Park Avenue. Alla domanda “Perché la maggior parte dei truccatori sono uomini?” Rocchetti ha risposto invece ridendo: “di solito gli uomini sono addetti al make up, le donne alle acconciature, ma non esiste una regola generale. Io stesso mi sono occupato di parrucche e tra gli studenti del mio corso ci sono molte ragazze”.
Sergio Leone, Brian De Palma, Federico Fellini, Pierpaolo Pasolini e Martin Scorsese sono solo alcuni dei registi con i quali Manlio ha collaborato. Tuttavia è innegabile che con l’autore di Gangster of New York e del recentissimo thriller psicologico Shutter Island, entrambi successi incontestabili che hanno visto un Leonardo Di Caprio brillante ed in piena forma, si sia creato un rapporto più stretto e confidenziale, oltre che di stima reciproca. E che la stima sia reciproca lo si evince anche dal fatto che il film preferito di Rocchetti sia C’era una volta in America. Il team del trucco prende sempre le direttive dal regista, quindi che intercorrano buoni rapporti è un fattore indispensabile. Lo stesso Martin dichiarò in una recente intervista che dopo L’ultima tentazione di Cristo e The Aviator, non avrebbe potuto che scegliere Rocchetti.
Interpellato dal giornalista sui cineasta italiani, l’artista ha invece menzionato Ettore Scola. “ Tra i registi italiani è senz’altro quello che ammiro di più. Peccato che esclusi Castellitto e Sergio Rubini, gli attori bravi scarseggino.”
Patrocinata dal Consolato generale di New York e dalla Camera di commercio di Roma, la galleria nella mente delle sue ideatrici, sarà un tributo più che un vero e proprio strumento di conoscenza, essendo quella del make up una professione ormai celebrata e studiata in tutto il mondo. “ Abbiamo deciso di fare un omaggio ai re del trucco c’è ma non si vede, in modo particolare a Fabrizio Sforza, recentemente scomparso” ha detto Elisabetta Cantone ricordando la destrezza e la manualità del fuoriclasse dell’Ultimo Imperatore.
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