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Le donne siciliane sono al centro del libro di Giusy Scicca Virità (Edizioni KalóS, 2021), un libro di miti, storia, e leggende. Nelle cinque parti in cui il libro è suddiviso incontriamo dee e sante, regnanti e nobildonne, eretiche e peccatrici, innovatrici e rivoluzionarie, artiste, letterate e donne di scienza. Tutte donne Siciliane, tutte straordinarie. Ognuna racconta la propria storia in prima persona subito dopo un’attenta introduzione per ogni personaggio che dà al lettore i necessari contesti storici, sociali e biografici. Tutti riconosceranno Demetra, dea del grano e dei raccolti che insieme alla figlia Persefone era venerata nell’antichità in Sicilia. O Santa Lucia, la santa che è ben conosciuta dagli emigrati italiani e alla quale sono dedicate molte chiese italo americane negli Stati Uniti. Ma la maggior parte delle donne che Sciacca ci presenta, e alle quali dà voce, a ognuna in maniera distinta—da Bint Muhammad Ibn Abbād ad Anna Saragola a Giuseppina Bologani a Virdimura de Medico—sono poco conosciute dal pubblico americano, incluso quello italo americano, sebbene conoscerle sia essenziale per comprendere ed apprezzare la ricchezza e la complessità della Sicilia come geografia e simbolo del femminile.
Nota: Questa intervista è stata fatta in italiano e tradotta in inglese da Edvige Giunta
Il tuo ultimo libro, Virità, comincia con queste parole: “La Sicilia è femmina. Da qualsiasi angolatura la si guardi. In prospettiva bi- o tridimensionale. Sul fronte artistico, culturale e paesaggistico, la Sicilia è l’Isola-Femmina.” È un’affermazione forte, diretta. Quali sono le origini di questa affermazione nel tuo viaggio intellettuale e creativo?
Amo profondamente la mia terra. Non è mai stata per me solo un luogo geografico, ma una dimensione dell’anima e del respiro profondo millenni. Intensa, multiforme. Un serbatoio di immagini e suggestioni che alimenta ogni spunto creativo. Da molti anni guardo la mia Isola da lontano e, come accade a molti, è forse così che in un paradosso di proporzionalità inverse la si brama e la si ama ancora di più. Ho cominciato a studiare, a leggere, a fare ricerca. Avevo bisogno di conoscere e conoscermi. E questo è stato possibile ripercorrendo tutto il cammino della mia gente, dalle culture antecedenti la Magna Grecia fino all’inizio del Novecento. E sì, il cammino delle mie madri, delle mie sorelle. Sapere di avere nelle vene lo stesso sangue che ha animato donne della caratura delle protagoniste di Virità, mi rende una donna più sicura, più consapevole. È stato lungo tutto questo viaggio attraverso i libri, i documenti, le fonti di ogni tipo che ne ho avuto conferma: la Sicilia è ed è sempre stata Femmina.
Come è nata idea di Virità? Ci racconti dell’evoluzione del progetto, se avevi dall’inizio una visione chiara o se la visione iniziale è mutata e in che maniera?
Il processo che ha portato a Virità è iniziato molto tempo prima dell’idea stessa di farne un libro. Non saprei indicare un momento in cui ho cominciato a raccogliere materiale. La scrittura invece è iniziata due anni fa circa con un monologo scritto per il teatro. La mia prima protagonista, infatti, è stata Peppa la Cannoniera, pensata per un’attrice catanese. Lì ho capito che “la voce” che io avevo immaginato funzionava. Bisognava però trovare una forma, un contenitore capace di accogliere la mia narrazione “ibrida.” Il solo monologo, la sola scrittura per il teatro, per quanto efficace però non mi bastava. Io volevo narrare anche tutto il contesto, volevo corredare il personaggio con una serie di informazioni storiche e di contesto che altrimenti sarebbero andate perse. La narrazione in prima persona rappresenta in questo modo il compromesso ideale tra la drammaturgia e la narrazione.
Da dove e venuta l’idea del titolo? Ci spieghi il significato e i motivi della tua scelta?
Sul titolo ho riflettuto molto e con il supporto della casa editrice. Il termine e il concetto di “verità” è quello attorno a cui ruota tutto il progetto e tutti i racconti. Non sempre la verità che è giunta fino a noi è l’unica possibile. Ci sono molte altre verità ipotizzabili e nessuna esclude l’altra. La verità diventa prismatica, relativa, prospettica. La versione cambia in base a chi la racconta, a chi la ascolta, a chi la vive. Si arricchisce di voce in voce.
Nel sottotitolo parli di singolare e plurale. Perché è importante sottolineare questa dualità?
A partire proprio dal concetto di verità si dipana un filo rosso che lega tutte le protagoniste. Assomiglia forse a quell’intreccio di capelli riportato in copertina e da sempre simbolo di sorellanza. La verità di ogni protagonista si moltiplica in nome di una consapevolezza e di una coerenza che prescinde il profilo sociale e culturale di ognuna ben oltre anche una semplice dualità. E’ di coralità e di pluralità che parliamo. E se si vuole scorgere oltre, nel concetto stesso di pluralità ci sporgiamo anche oltre il vincolo fisico del corpo femminile. Ciò di cui io parlo, ciò che le mie protagoniste rappresentano è un’essenza femminile che non necessariamente alberga solo nel corpo di una donna. La mia visione appartiene a un femminismo contemporaneo, intersezionale, inclusivo.
L’uso dei pronomi è molto significativo nella tua scrittura e veramente cattura questa altalena—o è una simbiosi? —di singolare e plurale. C’è il tuo io narrante di autrice e anche l’io narrante di ogni personaggio negli spazi narrativi autonomi che crei per loro. Poi c’è il noi, il collettivo siciliano. Puoi parlare di queste tue scelte?
Esatto, è una simbiosi caleidoscopica. Più livelli, più visioni, più anime, più voci – inclusa la mia! – che si travasano l’una nell’altra, fuori e dentro il collettivo siciliano, appunto. In sincerità, mi sono divertita. È stato avvincente essere ognuna di loro.
Questo tuo libro dà spazio allo storico e al mitico, alla religione e alla scienza. Come hai scelto i principi che hanno determinato la struttura del libro? E come hai scelto i personaggi tra tante donne siciliane significative?
La Sicilia è un esempio di multiformità e di stratificazione. Il mio desiderio era quello di rappresentare quanto più è possibile la ricchezza della storia e della cultura mediterranea.
La selezione delle donne invece è stata una fase anche difficile. Ammetterne una e decidere di sacrificarne un’altra è stato perfino doloroso. Alla fine, ho scelto in nome di uno spirito egualitario, a prescindere da titoli ed etichette, e soprattutto di affinità elettive. Non ho voluto fare distinzioni di rango o di istruzione. Le ho spogliate di ruoli, etichette e classe sociale perché volevo arrivare all’essenza femminile. È per questo che una Santa Lucia può stare accanto a una popolana analfabeta e una Costanza di Sicilia accanto a una esorcista. Ho ceduto la parola a quelle che mi erano più vicine e nelle quali in qualche modo ritrovavo anche me stessa.
Scrivere di figure storiche è stato diverso dallo scrivere di figure mitiche? In che maniera?
Decidere di attribuire un pensiero e la parola a personaggi storici o mitologici credo sia già una scelta irriverente. Lo è sicuramente nell’attribuire una voce alle sante, per esempio. Però credo anche che l’unico modo per rileggere la storia alla luce di nuove prospettive e con una nuova consapevolezza sia quello di raccontare il non detto, ciò che è solo ipotizzabile, ovvero la parte umana. Ecco, in questo senso no, non ho fatto distinzione tra le figure. Volevo solo che fossero il più umane possibile.
Ognuna di queste figure profondamente ancorata a un paesaggio geografico siciliano. Puoi parlare delle origini e significato dell’idea di un paesaggio siciliano tutto femminile?
Sicilia, ovvero Terra Madre. Ogni angolo della Trinacria è stata ed è culla. Florida, accogliente e scenario di culti autoctoni, miti, leggende e pagine di storia. Cos’altro immaginare quando la mappatura dell’Isola si presta alla narrazione in tutto il suo splendore?
Ci sono stati ostacoli nella scrittura di questo libro? Di che tipo?
Più che ostacoli, direi momenti sfidanti soprattutto in merito alle scelte linguistiche. Ho fatto moltissima ricerca per far sì che tutte le protagoniste potessero esprimersi in maniera verosimile, autentica, con i mezzi culturali che appartenevano loro e nella lingua del contesto in cui hanno vissuto. Un ostacolo vero? La pandemia, come per qualsiasi altra cosa. L’ultima parte della ricerca è avvenuta tutta in via digitale e telefonica. Per mia fortuna ho trovato responsabili di biblioteche, uffici anagrafe e archivi disponibili a svolgere materialmente le ricerche al posto mio.
Perché e per chi hai scritto questo libro?
Per non perdermi niente. Per donarlo. Per mia figlia e per tutte le altre figlie di questa terra. Perché sappiano sempre a chi appartengono, quali madri e quali sorelle le hanno precedute e apprendere da loro. Tuttavia il libro non si rivolge solo alle donne. Anche gli uomini potranno immergersi tra le mie pagine per almeno due motivi: per scoprire le donne con cui hanno condiviso la storia finora e perché l’essenza femminile di cui parlo non per forza alberga solo nel corpo di una donna. Le emozioni non hanno sesso.
Leggendo il tuo libro, mi sono ritrovata spesso a leggere ad alta voce. Questa bellissima vena poetica è molto forte nel tuo raccontare e riflettere e dà un tocco particolare al tuo libro. Come sei arrivata a questa voce narrante così lirica?
Non volevo un elenco di nomi. Nessun catalogo. Volevo affondare le mani nelle viscere della storia e riportarne alla luce l’anima femminile. La storia non è solo una lista di nomi e date, ma è stata la vita di donne e uomini in carne e ossa, che con i loro sentimenti e i propri stati d’animo hanno vissuto. C’è molta lirica, volevo che ci fosse il dolore, lo scuotimento, la passione. In ogni voce delle protagoniste c’è innanzitutto un’anima, inclusa la mia.
Che cosa significa per te essere una scrittrice siciliana, sia da un punto di vista personale che letterario?
È un privilegio e una responsabilità. La letteratura siciliana è una scuola, lo è sempre stata, di giganti. Sono grata e ho appreso da chi mi ha preceduta.
In questi ultimi anni la scrittura femminile siciliana sta attraverso una specie di rinascita—non che non ci sia già una forte storia letteraria al femminile—ma in che maniera credi che la letteratura femminile siciliana contemporanea—di cui tu fai parte--sia diversa e stia vivendo una fase particolare? Cosa accomuna le scrittrici siciliane di oggi?
Concordo sul fatto che oggi più che in passato le scrittrici siciliane si stiano facendo apprezzare non solo a livello nazionale, ma perfino oltre e con enorme successo. Ho letto e ho conversato con molte scrittrici con le quali ho instaurato dialoghi illuminanti. Essere scrittrici siciliane oggi comporta a mio avviso una coscienza diversa che si fonda sulla certezza di una bellezza, di una storia, di valori in cui si crede fermamente e che sono imprescindibili dal legame con la nostra Isola.
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Edvige Giunta
Professor of English
New Jersey City University
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