INTEGRALISMO è una parola alla moda, ben oltre il fanatismo di cantori folli di sacri testi, merce diffusa in tempo di precarietà di idee forti in cui soprattutto i giovani, svuotati di ogni valore, sono facile preda della moda della jihad. Certo l'integralismo religioso fa più rumore perché rimanda a conflitti in atto, a sciagurate guerre che terrorizzano il mondo. Ma sbaglieremmo a pensare che sia integralista solo il mondo islamico o una sua componente e non lo sia in certi aspetti anche quello cristiano, con le sue numerose sigle, che non fa sconti alla differenza e innalza roghi diversamente dati a chi la pensa diversamente. L'integralismo è oggi la massima espressione della debolezza dei propri convincimenti che, per poter essere sostenuti, diventano non negoziabili per paura di perderne i significati. Purtroppo la globalizzazione del mondo ha finito col dividere gli uomini invece di unirli, non ci ha reso più audaci, più disposti a metterci in discussione per superare barriere mentali, per confrontarci con la diversità, per incontrare gli altri e condividerne esperienze, ma ha fatto prevalere la paura di perdersi.
L'alterità non è vissuta come risorsa, ma genera un principio di malata autoconservazione che limita il dialogo e alimenta il sospetto. L'assenza di proposte chiare e distinte ha generato integralisti in qualsiasi campo: ognuno alla disperata ricerca della propria identità, tende ad applicare una dottrina, un'ideologia, o semplicemente una moda culturale, nella sua interezza e col massimo rigore. Integralista è il salutista di maniera che si dà spazi per venire fuori dall'anonimato con una alimentazione a suo dire più sana e invece finisce con l'ammalarsi della sua stessa dieta. È integralista la religione della buona tavola, quella senza "additivi", un nuovo culto, che certo può migliorare lo stile di vita ma può anche aprire la strada a subdole patologie. Le sigle, le sette, le chiese anche qui sono le più svariate e ognuna dichiara di avere il suo vangelo, l'unico capace di dare significato all'esistenza: la cucina vegana, ayurvedica e crudista, tutte forme di integralismo alimentare che Steven Bratman definì, con un nuovo termine, ortoressia per indicare la ricerca ossessiva di alimenti sani. È integralista la moda eccessiva del "naturale" quando l'omeopatia, medicina alternativa di tutto rispetto, rifiutando il confronto con teorie scientifiche, scredita la medicina ufficiale creando danni maggiori dei farmaci istituzionalizzati.
L'integralismo politico o partitico è anch'esso una malattia che nulla condivide con la parola contraria, che non sa ascoltare ma proclama, non sa dialogare ma demonizza l'avversario, senza cercare una via d'incontro ma solo e sempre lo scontro. Il pensiero politico, l'idea in cui si crede, l'obiettivo da raggiungere è irrilevante rispetto al darsi un nemico da sconfiggere. Specchio ne è la situazione politica europea e italiana, lo stesso prossimo referendum costituzionale interessa solo per far fuori l'avversario. Tutto rimanda all'ignoranza, perché gli integralismi sono la massima espressione del sapere stitico, impreciso, limitato, offensivo della verità. La conoscenza, la curiosità del nuovo per l'integralista cede il passo a pochi principi che restano assoluti senza confronto, senza contraddittorio.
Le mille paure che attanagliano la nostra quotidianità spesso sono generate dall'ignoto. Non sappiamo come controllare, come gestire, come andrà a finire quello che non è passato sotto la nostra personale esperienza. E tutto ciò che non abbiamo perfettamente sotto controllo ci preoccupa, genera ansia, malessere. La paura frena la ricerca del nuovo e non solo per quanto riguarda i misteri della vita e le domande irrisolte del cuore umano ma anche le relazioni interpersonali.
A tutto ciò che è nuovo, diverso, non sempre si risponde con il desiderio di scoprire l'oltre, di porre fatica all'esperienza della conoscenza anche dolorosa, controversa, scandalosa: o si fugge asserragliandosi nella fortezza protettiva dell'io, pensando che non affrontando il confronto si possa superare ugualmente la provocazione che arriva dall'altro, o lo si attacca ferocemente all'esterno come causa del proprio disagio. In entrambi i casi la paura è l'origine della guerra e in entrambi i casi la pace è compromessa all'origine dall'ignoranza. Ci si accontenta per non soffrire, per non restare sconfitti da ciò che mette in crisi, che provoca pensieri originali, così che l'integralismo è divenuto la malattia del nostro tempo. A chi è ancora interessato, curioso dell'uomo, il compito arduo di resistere all'inganno di credere che conservare l'antico è meglio che rischiare il nuovo, perché l'antico si difende solo investendo sul futuro.
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