La Bolivia è una terra situata nella zona tropicale del Sud America, è abitata da popolazioni indie, che parlano lingue diverse, ma sono unite dalla lingua spagnola diffusa, insieme al vangelo, dai conquistadores.
I boliviani sono principalmente dediti alla coltivazione della coca, incoraggiata e diffusa secoli fa dagli spagnoli poiché si accorsero che chi masticava la foglia di coca lavorava di più e meglio nelle miniere d’argento. Oggi per i boliviani la foglia è utile per sopravvivere negli ambienti difficili delle Ande. Usano consumare la foglia naturale tenendola in bocca, in modo da assorbirne lentamente il succo, che dà l’illusione di essere forti e vigorosi e compensa in qualche modo gli effetti delle altitudini, altrimenti insopportabili. Ignorando tutti i negativi effetti collaterali sul cervello e sul sistema nervoso.
Sul territorio sono presenti ed operano liberamente religioni cristiane, cattoliche e protestanti, impegnate in opere di diffusione dei testi sacri e di promozione sociale con la costruzione di scuole e ospedali.
Ero in Bolivia presso la Missione delle Suore della Dottrina Cristiana in Santa Cruz de la Sierra nel 2001. Allora la coltivazione della foglia di coca era stata proibita da un governo filoamericano che aveva imposto alla Bolivia la politica “coca zero” con lo scopo di diminuire la coltivazione della foglia, la fabbricazione e l’esportazione di cocaina negli USA. Tale politica suscitò la reazione dei cocaleri, i coltivatori di coca, loro unica fonte di guadagno. Organizzarono una marcia su La Paz, guidata da Evo Morales, per far sentire le loro ragioni a favore della coltivazione della pianta.
Tutti i giorni, allora si vedevano in televisione immagini di una fila di campesinos in marcia su terreni aspri e montuosi, privi di vegetazione, abitati solo dal vento che scuoteva coloratissimi ponchos contro un cielo azzurro tersissimo, privo di vapori e nubi inquinanti. Si vedevano anche operazioni della polizia di stato che bruciava laboratori chimici attivi per la trasformazione della foglia nella polvere bianca, da distribuire all’interno e da esportare nel nord America. Il presidente filoamericano, di cui non ricordo il nome, fu sconfitto in una tornata elettorale che vide vincitore Evo Morales in un tripudio di antichissimi riti andini e abiti colorati.
Evo Morales, tuttora presidente della Bolivia, riceve la visita di Papa Francesco e gli offre in dono la chupsa, cioè la borsa per le foglie di coca, e un originalissimo Cristo crocifisso su una composizione di falce e martello. Il primo al mondo a inventare e osare un’azione del genere. Un incontro/scontro di culture diverse che sbalordisce e lascia senza parole.
Questo Papa cerca dialogo, e si sforza di costruire ponti fra mondi diversi, ma che fa Evo Morales? Cancella un secolo della nostra storia? Fa del sarcasmo? Esprime dissenso per alcuni aspetti della storia del mondo occidentale? Dimostra i limiti della possibilità dell’espansione della cultura cristiana occidentale in mondi lontani e profondamente diversi dai nostri, oppure cerca di penetrarla con la sua, vuole usarla ed anche modificarla in cerca di nuove alleanze, ovvero nuovi mercati per la sua cocaina?
Che diranno adesso i cattolici, nati e cresciuti in Bolivia e i missionari, tutti storicamente contrari a comunisti e nordamericani? Ideologicamente contro i primi perché atei, nemici di chiese e clero, pragmaticamente contro i secondi perché colonialisti sfruttatori delle loro ricchezze e causa della loro povertà. Il gringo lì è un nemico. Sempre in nome della difesa delle culture locali, che però oggi hanno messo insieme il diavolo e l’acqua santa. Un bel rompicapo, che fa pensare e ripensare simpatie e antipatie politiche, tradizioni antiche e pratiche di vita.
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