C’era una volta un bambino che viveva a Bagnoli, vicino Napoli, e passava ore ad ascoltare incantato la musica trasmessa da una stazione radio straniera. Il golfo di quel mare piccolo e antico ospitava infatti la base della
NATO [2] e nella roccaforte della storia trovava spazio la moderna quotidianità di giovani americani in servizio. Musica di un altro pianeta accompagnava i giorni dei militari e i sogni del bambino. Quel pianeta si chiamava Rock ed era abitato da alieni come
Elvis Presley [3].
Il bambino è oggi comunemente noto con il nome di
Edoardo Bennato [4] e noi di i-italy lo abbiamo intervistato martedì 23 marzo a New York prima del suo eccezionale concerto al
Highline Ballroom [5].
Per l’occasione siamo riusciti a dare forma ad una Napoli improvvisata nel cuore di Manhattan. È bastato mettere insieme a Bleecker Street (Greenwich Village) l’anima di un artista che in viaggio porta con sé le sue radici e
Kestè Pizzeria [6], il sapore e il sole del capoluogo campano trapiantato nella Grande Mela.
Intorno a loro lo spirito femminile della nostra redazione.
L’intervista (che sarà presto pubblicata su
i-italy [7]) ci ha dato modo di conoscere un personaggio che ha fatto la storia del rock italiano e scoprirne gli aspetti fanciulleschi e quelli impegnati. Bennato è sempre stato capace di raccontare i volti crudi della vita con la leggerezza della favola e del sogno. E così lo abbiamo conosciuto, con la mano gentile del suo rock, con la voce sporca che non teme di volare qualche metro sopra la rabbia.
Accompagnato al nostro incontro dal suo manager
Massimo Gallotta, [8] Edoardo Bennato ha parlato di umanità, di popoli in cammino che sotto diverse pelli e latitudini restano parenti della stessa famiglia. Ha parlato di Napoli e del suo essere napoletano sulle rive del Mississippi o sulle strade di New York. Cittadino della musica, inevitabile messaggero della sua storia e del suo mondo. Ci ha raccontato, e qualche volta intonato, la musica che gli ha fatto da madre. Abbiamo parlato di sogni, di Italia, delle sue collaborazioni artistiche e ovviamente di pizza!
Edoardo Bennato con i-Italy a Kestè Pizzeria. Foto di Carmine Savarese [9]
Venerdi 26 marzo l’Highline Ballroom (431 West 16th Street vicino al
Chelsea Market [11]) ha ospitato il primo concerto solista di Bennato a New York e noi non ce lo siamo fatto scappare.
L’esordio è stato quantomeno provocatorio, come la musica rock d’altronde ama essere. Alle spalle del palcoscenico Bennato ha infatti scelto di presentarsi attraverso la proiezione di sequenze dell’11 Settembre e della guerra in Iraq, di Bush e Bin Laden, di una storia marcia che da anni avvelena l’America e il mondo.
Denuncia e memoria sono strumenti che la musica ha spesso imbracciato per ricordare al mondo che la storia si fa per le strade, sotto e sopra il palco, nei palazzi e nei deserti.
Ma non si limita ad accusare la brutalità straniera, in C’era un Re Bennato proietta il nostro sguardo su un’Italia che si rigira su se stessa e sui suoi regnanti
Il repertorio proposto non ha deluso le aspettative dei tanti accorsi a festeggiare un protagonista della scena musicale italiana. Il concerto era sold out e l’atmosfera del locale era satura di energia.
Sul megaschermo i sottotitoli hanno permesso anche al pubblico americano di seguire le canzoni, e ogni tanto Bennato stesso si è divertito a tarsformare le sue ben note parole sotto una nuova veste inglese. Lo ha fatto ad esempio con L’isola che non c’è, cominciata appunto in inglese anche nella prospettiva di presentare a Broadway, speriamo presto, il suo musical dedicato a Peter Pan.
In scaletta hanno trovato posto tra le tante canzoni anche Sono solo Canzonette, Mangiafuoco, Tu vuoi l’America, Il rock di Capitan Uncino e infine Nisida, quella che lui ha dichiarato essere la sua intima isola che non c’è.
Edoardo Bennato all'Highline Ballroom. Foto di Carmine Savarese [9]
In tutta la sua carriera Edoardo Bennato non ha mai smesso di lanciare messaggi profondi e fortemente radicati nella realtà attraverso il linguaggio poetico e immaginifico della favola. Pinocchio e Peter Pan, con la loro voglia di giocare e sconfiggere i cattivi, sono il filo conduttore di uno spirito libero, di un percorso umano e professionale che va dove a volte è più scomodo camminare e guarda in faccia i difetti e i pregi dell’umanità.
Avrà pur detto che “sono solo canzonette”, ma sappiamo bene che dietro le canzonette c’è spesso più verità che nei discorsi seri, che i sogni sono la strada per dare luce alla realtà e anche se ti prendono in giro, perchè tu l’isola che non c’è continui a cercarla, non darti per vinto perche chi ti ride alle spalle forse e ancora più pazzo di te.
Quest’uomo di mondo in fondo è ancora un ragazzino che trova sul palcoscenico i pensieri felici per volare.