E’ stato un incontro speciale quello tra Don Ciotti e alcuni studenti di New York. Quando abbiamo chiesto al presidente dell’associazione “Libera” se voleva incontrare i giovani delle superiori della Scuola D’Italia Guglielmo Marconi abbiamo visto i suoi occhi illuminarsi: “Sì, dove, quando?”. E accompagnarlo per i corridoi e poi le aule di questa importante realtà educativa bilingue newyorkese, vederlo commentare e parlare con gli studenti, è stato particolarmente emozionante.
Di fronte a quei ragazzi, Don Luigi Ciotti ci è parso armato e disarmato al tempo stesso. Armato della sua esperienza, della sua storia, del suo coraggio, della sua sensibilità, della sua fede. Disarmato di fronte a quella semplicità eloquente che è spesso presente in maniera inconsapevole nei giovani, nella loro incredulità, nelle loro domande.
Seduto in mezzo agli studenti, Don Ciotti ha visto prima il filmato che lo introduceva.
Un video scelto sapientemente: l’ultima intervista rilasciata ad Enzo Biagi. Un documento importante per due motivi, sia per la chiarezza con cui il grande giornalista riesce a raccontare l’opera di “Libera”, sia perchè realizzato poco prima della morte.
Rararamente abbiamo visto tanta attenzione per così tanto tempo in un’aula. Occhi sgranati, orecchie tese di minuto in munuto.
E Ciotti ha cominciato con un sentito ricordo per Enzo Biagi, di cui ha rammentato il contributo dato alla sua associazione Libera per una comunicazione diretta e seria. “Era scomparsa da poche ore sua moglie ed Enzo non ha voluto rinunciare ad un servizio che sapeva importantissimo per Libera. ‘Non posso lasciarvi soli’ mi disse”.
E le domande prima timide, dopo quasi di pancia, cominciano ad arrivare.
Hai mai incontrato un Mafioso? Cosa è “Libera”? Sono di Cinisi, mi dici qualcosa della mia terra? Mi fai un commento? Cosa vuol dire confiscare i beni per uso sociale?
“Porto piccole risposte… se sono capace” dice. E comincia
“Libera è un’associazione. Nasce dopo le stragi di Falcone e Borsellino. Dopo la reazione emotiva nella gente mi sono chiesto se si doveva continuare a fare solo cortei, manifestazioni e se non era giunto il momento di unire le foze in tutta Italia. Perchè il problema mafia non è solo in Sicilia, Calabria, Campania…..il problema riguarda tutto il territorio nazionale.
Abbiamo messo insieme mondi diversi, lavoriamo con scuole ed università che hanno firmato dei protocolli di impegno per portare apporfondimenti dentro i corsi di formazione su questi temi.”
E con energia continua così. “Non basta però conoscere, bisogna anche assumersi responsabilità. Che cosa interessa ai mafiosi? Il denaro, gli affari, il potere. Ci siamo detti: allora dobbiamo portargli via tutto questo frutto del loro traffico.
Raccogliamo così le firme in Italia per chiedere una legge che confischi i beni per uso sociale. I beni devono tornare alle gente. Abbiamo raccolto un milione di firme. Il parlamento ha votato un provvediemento che lo permette.
Oggi scopri che nel cuore di Napoli trovi una bottega con scritto ‘I sapori ed il sapere della legalità’ con un marchietto ‘Libera terra’. Sono cooperative di lavoro di giovani realizzate grazie ai beni confiscati. Selezioniamo con bando pubblico per lavorare su terreni confiscati ai grandi boss.”.
Si ferma e agginge: “Lo schiaffo più forte che puoi dare alla mafia è che le proprietà dei boss, frutto di violenza, traffichi, illegalità, diventano luoghi dove possono andare a lavorare i giovani legalmente. Vuol dire che la mafia ha perso il controllo.
Certo i beni confiscati spesso vengono fatti saltare in aria o bruciati. Ma si è sempre ricominciato. Aumenta il numero di persone che non lasciano soli i ragazzi e le ragazze che lo fanno. Questa è la strada giusta. Oggi sono tante le cooperative.
Le mafie si globalizzano nel mondo. Siamo riusciti ad arrivare al Parlamento Europeo. E allora abbiamo fatto in modo che dopo un anno e mezzo di lavoro anche a Bruxelles si votasse la confisca dei beni ad uso sociale.”
Un momento particolamente emozionante per il giovane pubbico è quando Don Ciotti parla delle famiglie colpite dalla mafia. “Hanno perso padri, hanno ammazzato spose… innocenti… madri…. fratelli... In Italia di queste centiania di vittime solo una piccola parte purtroppo ne conosce la storia.”
E si rivolge al giovane originario di Cinisi. “I siciliani sono persone stupende. Devi essere orgoglioso delle tue radici siciliane. Bisogna evitare che la gente abbia pregiudizi e generalizzi. C’è certo la mafia ma cisono anche persone bellissime. Persone che hanno lottato contro la mafia. Poliziotti, magistrati, giornalisti, politici. Cittadini comuni. Tra questi il tuo concittadino Peppino Impastato, che apparteneva ad una famiglia mafiosa. Suo parde era Mafioso. Lo zio era in America e facevano affari insieme.
Peppino si ribella e comincia ad attaccare il grande boss Badalamenti. Lo fa con la radio, con passione e viene ucciso. Ma viene ucciso con una messa in scena che sembra un suicidio. Per provare che non era vero si è dovuto lottare per 23 anni. Lotta della mamma Felicia, del fratello Giovanni. Ma hanno vinto. Avete visto il film ‘I Cento Passi’? Fatelo…
E vi consiglio un altro film. ‘Fort Apache’. La storia di Giancarlo Siano, un altro giornalista ammazzato dalla mafia. Fu il primo a scrivere dei Muschilli. Sapete chi sono? Ragazzini di 7-8 anni che la camorra usava per spostare i pacchetti di droga…”
Ma cosa differenzia crimine organizzato e mafia?
“La mafia per raggiungere il suo obiettivo (denaro-affari-potere) si avvale di persone competenti: professionisti, avvocati, commercialisti, uomini dell’alta finanza, tutti corrotti... Oggi direttamente o indirettamente sono coperti da segmenti del mondo politico, persone che chiudono un occhio, o hanno in cambio un voto…. Quando si parla di mafie dovete subito scattare con la testa. E’ un organizzazione che si avvale di competenze professionali, inclusa quella politica.”
E ad un ragazzo originario del Nord Italia dice…. “Si pensa che la mafia sia solo un fenoneno del sud. Vi racconto una cosa. Vi sono troppi pregiudizi. Una sera, mentre presentavo il film "Cento Passi", ad un certo punto si alzò un signore arrabbiato. 'Il film è bello, però i siciliani la mafia se la vogliono. Non sono del nostro sangue.’
Mi sono detto ‘Luigi stai calmo. Fagli un sorriso e rispondi'. Non si poteva non rispondere. E così gli ho detto. ‘Guardi, se lei si documenta scopre che la città di Corleone è stata fondata nel 1237 da immigrati di Brescia e Bergamo. Questa è la storia. Lì ci sono i suoi antenati, gente del suo sangue.'"
E ancora un altro messaggio importante per i ragazzi: "Lo chiamo peccato grave: il peccato del sapere. La mancanza di profondità. Tutto in superficie. Tutto per sentito dire. Invece abbiamo il dovere di approfondire e vi fanno onore le domande che avete fatto. Se trovate qualcuno che ha capito tutto della vita, cambiate strada.
Tutti siamo piccoli e dobbiamo aiutarci. Io sono qui, ma io sono una piccola cosa. Per me la gioia sono le centinaia di migliaia di persone che insieme si cerca di aiutare.
Il probelma non è una realtà, ma mettere insieme tante e tante realtà. Elaborare insieme mondi diversi. Abbiamo una responsabilità come cittadini e dobbiamo chiderci cosa facciamo noi. Le regole dobbiamo cominciare a rispettarle nelle piccole cose. Uniamo le forze insieme. Don Bosco diceva: bisogna essere buoni cristiani e buoni cittadini.”
E per la Scuola d’Italia nell’Upper Est Side di Manhattan si concretizza la speranza.
Il sacerdote Don Ciotti è attualmente membro del Consiglio Pastorale della Diocesi di Torino, impegnato attivamente nella lotta contro la Mafia in Italia. Ha fondato "Libera", una rete che coordina nell'impegno antimafia oltre 700 associazioni e gruppi locali, nazionali e, ad oggi, anche internazionali.
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