20 luglio 1969. Occhi puntati sullo schermo. Azzurri. Occhi piccoli e occhi grandi. Assonnati ma forzatamente aperti. Seduti sul divano della casa di famiglia un padre ed una figlia con il silenzio del paese intorno. Non è una notte di vacanza come le altre.
Tutti dormono nell'appartamento. Il ritocco della pendolo appeso al muro scandisce i minuti, ogni mezzora circa i campanili delle chiese lo accompagnano per niente sincronizzati. Le campane non riuscivano ancora a suonare in contemporanea eppure l’uomo si accingeva a compiere il passo più importante della sua storia. Almeno per allora. Non c’era Internet, ancora non c’erano neanche i CD, la Apple non aveva inventato niente, non c’erano persino i cellulari.
Nella mente della bambina, che ancora non aveva 8 anni, le immagini dei libri di scuola, i disegni di lune con le diverse fasi, fumetti ma anche la ricerca di concretezza, la voglia di sapere ed un sogno da vivere insieme a suo padre. “Si anch’io andrò sulla Luna. Papà vieni con me?”. Felice di saper leggere cercava di catturare i titoli in televisione.
Accoccolata vicino al padre voleva capire. Poteva chiedere poco. Il patto era di rimanere in piedi ma facendo attenzione a non svegliare la sorella piccola, la mamma, i nonni.
Il televisore in bianco e nero inviava immagini dagli Stati Uniti per portarla sulla Luna. Luna tanto lontana ma non molto più dell’America nella mente di quella bambina. L’America degli amici del nonno che tornavano al paese in vacanza e le regalavano biglietti verdi. Nonno Salvatore li guardava con occhi sognanti, fieri. I suoi amici ce l’avevano fatta!
Come era lontana quell’America! E se gli americani riuscivano ad andare sulla Luna erano lontani almeno quanto gli abitanti del satellite terrestre. Almeno questo pensava la bambina.
Ma c’erano questi uomini della Luna? Si dovevano esserci per forza. Magari nascosti in quei buchi, che da poco sapeva chiamare nel modo giusto: crateri.
Accanto a lei il padre. Trentacinquenne. Nell’aria la speranza nel futuro, cosi palpabile in quegli anni ‘60. Aveva appena comprato una nuova casa a Roma, si stava realizzando sul lavoro. Il ritorno ogni anno nel paese nativo per lui era quasi trionfale.
Figlio di operaio era riuscito a studiare, "a farcela". Non soffriva più quella fame che tanto ricordava, anzi!
Sì, anche per lui tutto sembrava possibile, conquistabile anche se con fatica. Anche la Luna.
E finalmente il cuore balza in gola. Ma per poco….“Ha toccato”. Dice il giornalista, Tito Stagno. Dagli Usa risponde il collega, Ruggero Orlando. “Non ha toccato”. Poco dopo si ha la certezza.
Il Lem, quello strano animale meccanico con i piedi, è veramente sul suolo lunare. Insieme ai due cronisti commenta un altro 'pezzo da novanta' del giornalismo italiano, Andrea Barbato. Ma la bambina questo, allora, non lo sapeva.
Quegli occhi assonnati sono sempre più aperti. In cerca di immagini. Le prime arrivano capovolte, ma sono dalla Luna. Forse la Luna è capovolta? Istintivamente mette la testa sottosopra.
Sarà ancora una notte lunga per il padre e la bambina. Piena di pensieri, commenti, emozioni. Tanti sogni.
Tutto questo fino al momento in cui Armstrong poggierà il primo piede umano sulla Luna. E quella frase storica che ha fatto storia, fa pensare… “E' un piccolo passo per un uomo, un balzo gigantesco per l'umanità".
Un pensiero che tocca ancora oggi, 20 luglio 2009. In un modo però in cui non avrebbero mai immaginato, allora. Sia il padre, che oggi non c'è più. Sia quella bambina che lo ricorda più della Luna.
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