Giovedì scorso si sono aperti a New York i lavori della conferenza internazionale "Italians in the Americas". La tre giorni di studio, che si è svolta presso il John D. Calandra Italian American Institute [2] (Queens College, CUNY) è stata dedicata ad analizzare i diversi aspetti dell'italianità nelle Americhe, con contributi di importanti studiosi dagli Stati Uniti, dall'Italia e dal Sud America.
Dopo una breve introduzione del Dean del Calandra Anthony J. Tamburri e un saluto di James Muyskens, President del Queens College, i lavori sono stati aperti da una prolusione di Fred Gardaphe, recentemente nominato Distinguished Professor of Italian Studies del Calandra Institute, intitolata "Beyond the Immigrant Paradigm: identities and the future of Italian American culture".
L'intervento di Gardaphe si è concentrato sul concetto di identità tra passato e futuro nelle comunità italiane negli Stati Uniti. Partendo dall'ormai famoso "melting pot", Gardaphe ha spiegato che in realtà si tratta solo di un mito. Attraverso un affascinante excursus storico ha mostrato come il quinto più grande gruppo etnico negli USA abbia dovuto rivisitare costantemente il proprio concetto di identità, ricostruendolo e reinventandolo ad ogni generazione. Gli italiani in America "hanno rinegoziato costantemente il rapporto tra le culture locali e le proprie origini". Il punto è che questa ricostruzione va fatta non solo con grande rispetto del passato, ma anche con grande attenzione alle evoluzioni e ai cambiamenti futuri. Rimangono importantissime le varie "Little Italies", dove cultura e costumi italiani sono stati tramandati per generazioni senza l'ausilio di libri o opere organizzate. Ma le "Little Italies" stanno ormai scomparendo e la conoscenza della cultura e la reinvenzione costante dell'identità italiana in America deve passare anche per la costruzione di costanti e coordinate opere intellettuali.
Attraverso una serie di aneddoti divertenti, ma allo stesso tempo molto crudi, Gardaphe ha affrontato il tema dell'assimilazione nella società americana. Sono tante le storie che spiegano come sia stata dura la lotta, prima di tutto interiore, tra una cultura legata alle origini e la cultura dominante del luogo di accoglienza. I nodi sono tanti. Prima di tutto quello linguistico. Dalla necessità "americanizzare" il cognome italiano fino ad ogni piccolo, ma spesso grandissimo passo per "rapportarsi" ad una nuova cultura. L'intero ragionamento presentato è teso a mostrare quanto, anche in virtù di questa sua storia, sia "fluida" l'identità italo-americana, per niente statica o chiusa nel tempo, come può forse apparire ai non addetti ai lavori. È una realtà in costante metamorfosi e pronta ad un ulteriore passo per riconoscere se stessa. Lo dimostra anche l'aumento esponenziale di persone che, secondo il Census Bureau, scelgono di dichiarare la propria discendenza italiana. Se si legge questo dato alla luce della diminuzione del fenomeno migratorio italiano, si ha un ulteriore prova di quanto in realtà il controverso concetto di identità sia molto meno rigido di quanto si tende a credere.
Uno dei punti cruciali della relazione ha riguardato l'importanza della "definizione" della propria identità. Secondo il relatore definire, individuare ed indagare la propria identità è infatti l'unico modo di uscire fuori dalla gabbia interpretativa costruita da altri intorno alla comunità degli italiani d'America. Questa gabbia è costituita da una serie di stereotipi e luoghi comuni legati soprattutto al mondo della criminalità organizzata, ma anche al cibo, e comunica una serie di interpretazioni spiacevoli, spregiative e semplicistiche della cultura italiana. Iniziare ad auto-definirsi ed auto-analizzarsi è dunque un imperativo culturale di estrema importanza per una comunità che ha bisogno di smettere di farsi "definire dagli altri" per cominciare a creare schemi di interpretazione propri.
Senza alcun dubbio l'unico modo di rapportarsi a questa questione è inserire il dibattito all'interno di una più ampia discussione legata alla questione della razza. Per Gardaphe l'incontro della cultura italiana con quella americana ha finito per modificare e plasmare il rapporto della comunità con le proprie origini. Questo fenomeno è diventato ancora più forte da quando la "razza" italiana ha iniziato ad essere considerata parte integrante della "razza" bianca. Questo peculiare status ha richiesto infatti a gran parte della comunità l'assimilazione di diversi comportamenti, atteggiamenti mentali e modi di rapportarsi ai gruppi etnici ed alle usanze dominanti. A lungo andare un comportamento di questo tipo non può esimersi di lasciare tracce indelebili sul concetto di identità collettiva.
In conclusione, secondo il relatore è importante che in un futuro, speriamo prossimo, il tema dell'identità della comunità italo-americana cominci a definirsi all'interno delle istituzioni culturali ed educative. Le idee inizieranno così a circolare e verrà finalmente superata la segregazione di questo tema nello spazio geograficamente limitato e deliminato rappresentato dalle varie "Little Italies".
La trasmissione della cultura italoamericana è stata basata fin'ora soprattutto sull'oralità e pochissimo sui libri. È ora necessario per la nostra sopravvivenza culturale riuscire a rinegoziare la propria identità attraverso uno studio attento di se stessi. Gli italoamericani devono sviscerare insomma "both history and story". Se così non sarà, il tema italo americano continuerà ad essere determinato da "altri".
(Originariamente pubblicato su Oggi7)
Source URL: http://newsite.iitaly.org/magazine/article/fred-gardaphe-reinventando-il-concetto-di-identita
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[1] http://newsite.iitaly.org/files/1780fred1209489700jpg
[2] http://qcpages.qc.cuny.edu/calandra/