Nelle elezioni italiane ha vinto Berlusconi con il PDL; ha stravinto Bossi con la Lega Nord; vinciu Lombardo in Sicilia; ha pareggiato, grazie sempre alla Sicilia e alla Calabria, Casini con l’Udc; ha vinto perdendo o perso vincendo Di Pietro e la sua Italia dei Valori raddoppiando i voti dentro al PD; infine, pur sconfitto, ha centrato uno storico trionfo Veltroni col suo PD.
Ha trionfato Veltroni? Proprio così, perché con il nuovo Partito democratico, Veltroni ha di fatto raggiunto un risultato inedito nella Repubblica, un risultato quindi storico: ha fatto sparire dal Parlamento italiano la sinistra massimalista, quella chiamata Arcobaleno ma, meglio dire, quella sinistra antagonista di ispirazione marxista. Con ciò il leader del PD ha cambiato per sempre la storia d’Italia (come a sua volta ha fatto, anche se era un risultato meno importante e sicuramente più prevedibile, l’accoppiata Berlusconi-Fini lasciando fuori dal Parlamento l’estrema destra rappresentata da Storace-Santaché).
Il nuovo partito democratico fondato dall’ex sindaco di Roma non andrà al governo e quindi è lo sconfitto delle elezioni, ma ha comunque centrato un obiettivo, crediamo, nel lungo periodo politicamente molto più importante e per questo storico, che cambierà il futuro dell’Italia. Per la prima volta la democrazia italiana ha la possibilità di diventare, rispetto all’Occidente, “normale”, perché per la prima volta il partito che vuole rappresentare le forze progressiste-riformiste e che guiderà oggi l’opposizione e un giorno il governo, non sarà più condizionato da forze di ispirazione marxista (alla sua sinistra Veltroni però dovrà recuperare i pochi ma importanti socialisti di Boselli, progressisti anche loro). A quasi vent’anni dalla caduta del muro di Berlino, ieri non è morta quindi in Italia la sinistra, come gli sconfitti della lista Arcobaleno hanno cercato di affermare. È crollata la sinistra di ispirazione comunista, quella che già in Francia, in Germania, nel Regno Unito, in Spagna e insomma in tutta l’Europa occidentale non contava più nulla da almeno venti anni.
È questo il dato analitico più importante delle elezioni del 2008.
Ora, se Berlusconi ha trionfato, è soprattutto grazie al successo di Bossi che ha stravinto intercettando il malcontento delle sue tradizionali roccaforti del Nord e non solo (vedi Emilia e Romagna). La Lega ha raddoppiato i voti. Quindi, il Cavaliere avrà sì un’ampia maggioranza al Senato e alla Camera per poter governare senza più “scuse”, non potrà più affermare di sentirsi “frenato” dai democristiani di Casini. Però, e lo diciamo con preoccupazione, questa sua libertà di governare sarà “vigilata” dalla Lega Nord. Cioè, senza il visto di Bossi, il Cavaliere, dicono almeno i numeri che leggiamo a conteggi ancora in corso, non governa e per avere l’appoggio dei leghisti dovrà quindi soddisfarne le richieste. La Lega di Bossi e Maroni non darà problemi affinché il governo Berlusconi duri cinque anni, ma questo solo se il PDL farà passare tutte le riforme richieste dalla Lega. Queste, in certe istanze, come quelle federaliste soprattutto in materia fiscale, non sono campate in aria, ma provengono da precise istanze della parte più produttiva del Paese e devono essere, magari moderandole un po’, soddisfatte. Ma, in certi atteggiamenti leghisti, pensiamo per esempio al problema dell’immigrazione, è tutto ancora da vedere come il governo di Berlusconi potrà riuscire a frenare certe posizioni xenofobe, pericolose, vergognose per una democrazia.
Ma torniamo al fattore storico di queste elezioni, cioè alla grande sconfitta della sinistra Arcobaleno. Nelle analisi ascoltate ieri dai suoi vari leader sconfitti, questi hanno ripetuto che l’Italia con la loro uscita di scena va verso “l’americanizzazione” del sistema democratico, cioè verso il bipolarismo, e quindi, dicono loro, il disastro. In realtà sarà ancora lunga e difficile la strada da percorrere per una vera “americanizzazione” del sistema politico italiano, soprattutto nella scelta democratica dei candidati. Speriamo però che in questo i comunisti abbiano avuto ragione, che il voto del 2008 abbia avviato questa da loro tanto odiata “americanizzazione” del sistema democratico. Sarebbe il merito più grande di Veltroni, che pur avendo perso queste elezioni, entrerebbe per sempre nella storia della Repubblica.
Un ultima nota sulle elezioni all’estero. Chi scrive le ha già definite il “voto dei quaquaraquà”, perché questo sistema va cambiato, quello che c’é è stato inventato apposta per non far pesare il nostro voto. Tanto, lo sanno tutti, i 18 tra senatori e deputati saranno distribuiti più o meno equamente tra i maggiori partiti e quindi, ben “annacquati”, non conteranno nulla. Da certe notizie che abbiamo sentito mentre scriviamo queste righe, cioè i soliti ritardi rispetto al conteggio nelle sezioni nazionali, con diecimila (diecimila!) di scrutinatori in mezzo a una vergognosa confusione etc etc, ecco speriamo che non sia proprio così, che siano notizie esagerate, e che insomma qualcuno non riesca adesso pure a far diventare il nostro voto quello “di Pulcinella”.
(Published in America Oggi, April 15, 2008)
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