Senza lavoro per i giovani non c'è futuro
IL 3 maggio del 1968 iniziava a Parigi la grande avventura della rivoluzione giovanile, sogno di fantasia al potere e laboratorio insolito di lotta politica che vide due mondi fino allora prevalentemente distanti, quello studentesco e quello operaio, scambiarsi vita con sorprendente contaminazione.
Vento di nuovo che, valicate le Alpi, arrivò in Italia, anche a Napoli, e qui trasformato in nuova sostanza provocò speranza di nuovi diritti nelle fabbriche e di nuovo linguaggio nell’università e nella scuola. Rivoluzione di speranza che, prima di degenerare in altro, segnò il carattere di un Paese che avrebbe potuto approfittare di quel nuovo vento per inaugurare una grande stagione riformista. Certo sarebbe servita a inaugurare una politica visionaria capace di dare forma a strategie economiche innovative, a una partecipazione appassionata della gente alla politica, ma che purtroppo si ripiegò presto su sé stessa, costretta all’angolo da antiche e irrisolte trame sovversive ereditate da una guerra civile consumata nel ventennio, guerra fratricida che divise l’Italia e che ancora oggi non la rende unita.
Neppure la rivoluzione monetaria europea, anch’essa consacrata per una strana coincidenza proprio il 3 maggio ma del 2002, è riuscita a unificare il Paese che, benché abbia scelto l’Europa, in tanti suoi comuni, in tante sue regioni, ancora non ha scelto di essere l’Italia.
Rivoluzione della moneta unica che, avvertita da troppi come tirannia del capitale, ha peggiorato il clima istituzionale e ancor di più ha reso antipatica la politica, lo Stato, venendo meno, almeno per ora, alla sua missione di dare dignità di lavoro e benessere ai cittadini europei.
Il divario tra quei pochi che hanno tutto e i tanti che hanno sempre meno cresce sempre di più. Molti sono diventati più poveri, troppi senza lavoro, soprattutto le giovani generazioni sono le principali vittime.
E in Campania e soprattutto a Napoli la situazione è ancora più drammatica. La mancanza del lavoro sta trasformando lo stesso tessuto sociale delle città impoverendolo di risorse strategiche per il futuro e di cittadini che altrove cercano risposte al loro diritto alla sopravvivenza.
Fuga di giovani dalla Campania all’estero per cercare un lavoro. Lì dove c’erano le fabbriche, le piccole aziende, l’indotto che muoveva denaro, ora c’è recessione o precarietà.
Le città della regione si stanno svuotando, Napoli ha numeri impressionanti di calo demografico nell’ultimo decennio. A qualcuno farà anche piacere che la città si svuoti un po’ ricordando l’antico detto “pochi siamo meglio sembriamo”, ma se i pochi che hanno la fortuna di restare non sono i migliori, quelli che renderebbero la città più bella per il loro valore, il loro entusiasmo, la loro passione per la vita, e sono invece i più vecchi e sfiduciati, i più raccomandati e non i più bravi, i più furbi e non i più preparati, il declino della nostra terra sarà inarrestabile. E resteranno comunque i disoccupati che per la loro mancanza di lavoro si sentiranno privati della dignità, sempre più arrabbiati, nella condizione migliore per una disaffezione sociale che rende instabile la vita delle istituzioni, determinando disordine e violenza.
La mancanza di lavoro, quello che rispetta i diritti dei lavoratori, genera inevitabilmente nel migliore dei casi lavoro nero e morti bianche o, peggio ancora, offre manovalanza alla malavita organizzata che propone facili guadagni a chi, preso dalla disperazione, crede di non avere altra scelta.
Ma può provocare anche altro, molto spesso ignorato: pensieri insopportabili, reazioni estreme, perché quando non ci sono alle spalle dei genitori benestanti che ancora possono provvedere al mantenimento dei propri figli disoccupati e delle loro famiglie, la depressione prende il sopravvento con conseguenze fatali.
Se non si affronta il tema del lavoro in maniera costruttiva, se la corruzione continuerà a cancellare la meritocrazia, se ai giovani non si offre una concreta speranza di futuro, questa nostra terra è destinata a morire.
È tempo ormai di operare una svolta, non si può più rimanere inermi ad assistere all’agonia di Napoli e di tutta la Campania.
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