Quel disprezzo per l'altrui pensiero ...

Gennaro Matino (February 14, 2016)
Pareri diversi e interpretazioni diverse della storia, della vita, dello stesso Dio si possono anche titanicamente contrapporre, si possono sostenere con forza, ma la libertà, che è rispetto della libertà altrui, impone che alla fine del contendere, quel rispetto dell'altro, del diverso, prevalga su ogni volontà di dominio. Non mi sembra che quello che sta succedendo in parlamento e nella società riguardo alle coppie di fatto stia andando verso questa direzione. Basterà una legge per garantire spazi di civiltà dopo un confronto così acceso? La rete poi è una testimonianza impietosa e scandalosa, con la discesa in piazza su argomenti di vita vissuta come la coppia, i figli, nuove vie di unione familiare. Ha prodotto una inaudita aggressività, un disprezzo impensabile per chi la pensa diversamente


«NON sono d'accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu lo possa dire ». Voltaire non ha mai pronunciato questa frase, anche se tutti gliela attribuiscono, tuttavia è un'ottima sintesi per dire cosa s'intenda per tolleranza. 




Contrariamente a una frase di Papa Gregorio XVI, di certa attribuzione, che va giusto nell'opposta direzione: «Da questa corrottissima sorgente dell'indifferentismo scaturisce quell'assurda ed erronea sentenza, o piuttosto delirio, che si debba ammettere e garantire a ciascuno la libertà di coscienza: errore velenosissimo, a cui apre il sentiero quella piena e smodata libertà di opinione che va sempre aumentando a danno della Chiesa e dello Stato». 




Qualcuno dirà che i tempi sono cambiati e siano lontani dall'oscurantismo di un passato che limitava o peggio impediva alla parola di essere libera, ma a ben vedere ogni tanto quel passato si ripresenta. La libertà di pensiero, di espressione, appartiene alla dignità stessa dell'uomo. Il diritto di avere idee proprie, di poterle sostenere, divulgare, far conoscere, difenderle, manifestarle è sancito nella Carta dei diritti fondamentali dell'uomo ed è alla base della fondazione della nostra Repubblica. Esiste una stretta relazione tra verità e libertà di parola, anche se la reale possibilità d'utilizzo, al di là dei proclami, non sempre è garantita, prova ne è l'amara consapevolezza di tanti di quanto angusto e disagiato spazio sia concesso a chi la pensa diversamente dalla massa. 




La libertà di parola è rispettare che la parola altrui abbia accesso al dialogo tra uguali, che sia pari al desiderio che la propria parola non sia impedita o oscurata. Avere pensieri diversi dagli altri è natura di dialogo, essere infastiditi dalle altrui convinzioni è integralismo che si trasforma, e storicamente ne abbiamo la prova, in volgare contrapposizione, in odio di parte, in guerra, in asservimenti e deportazioni, in stragi di massa, roghi inquisitori o brutali decapitazioni. Non esiste un diritto all'offesa, alla denigrazione, alla derisione altrui. Non esiste un diritto alla diffamazione, alla calunnia. Non vi è alcun diritto alla persecuzione né all'istigazione. Per le religioni il dialogo, fondato sulla libertà di parola, dovrebbe essere perfino forza scaturente dal proprio credo, fatto spirituale, conversione profonda e pensosa, che chiama alla via di Dio. Un dialogo che le diverse fedi pretendono con forza dalla società civile per poter liberamente professare le cose in cui credono. 




Eppure, anche tra credenti, in questi giorni, cosa che è sotto gli occhi di tutti e la rete ne è una testimonianza impietosa e scandalosa, la discesa in piazza su argomenti di vita vissuta come la coppia, i figli, nuove vie di unione familiare, ha prodotto una inaudita aggressività, un disprezzo impensabile per chi la pensa diversamente. È comprensibile accaldarsi per gridare forte la propria opinione, per dire tutta quanta la verità in cui si crede, ma il disprezzo per l'altrui pensiero fa risorgere muri di odio sepolti e porta inevitabilmente alla sconfitta di qualsiasi proposta ideale o credente. 




Quale destino può darsi una nazione, una città, una chiesa che sceglie l'odio, camuffato o palese, per il diverso come matrice di riferimento della propria lotta, per l'affermazione dei propri convincimenti? Lo sforzo di comprendere le ragioni dell'altro sono alla base del vivere civile e se anche le mie ragioni, i miei ideali politici, la mia stessa fede fossero lontani da quelli di un altro, confrontandomi, ascoltando, provando a venir fuori dal preconcetto che limita la mia serenità di giudizio, potrei perfino imparare ad essere un uomo migliore e continuare a crescere insieme agli altri, tutti gli altri diversi da me, come una comunità. Pareri diversi e interpretazioni diverse della storia, della vita, dello stesso Dio si possono anche titanicamente contrapporre, si possono sostenere con forza, ma la libertà, che è rispetto della libertà altrui, impone che alla fine del contendere, quel rispetto dell'altro, del diverso, prevalga su ogni volontà di dominio. 




Non mi sembra che quello che sta succedendo in parlamento e nella società riguardo alle coppie di fatto stia andando verso questa direzione. Basterà una legge per garantire spazi di civiltà dopo un confronto così acceso? La spaccatura che esiste nella società italiana su un argomento non secondario, come quello della famiglia, troverà una pacificazione dopo la promulgazione di una legge sulle coppie di fatto? Sperarlo è d'obbligo, ma è triste constatare che ancora vale quello che scriveva Giulio Andrè: "Di questa magnifica parola, libertà, si fa un uso nauseante." 

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