La testimonianza. La mia Obama Night a Capitol Hill

Gianluca Galletto (January 22, 2009)
"Ho visto sversare tra le strade imperiali che conducono a Capitol Hill, 40 anni di storia tra le rivolte dei ghetti del 1968 e l’annuncio della vittoria del figlio di un keniano stampati sulle facce, sulle magliette, nel cuore di una suora di Okinawa che il destino mi ha piazzato accanto"


Riceviamo e pubbilchiamo la testimonianza inoltrataci da  Gianluca Galletto  (maggiori informazioni nel suo blog)

La notte che ha cambiato tutto si stempera in un giorno di civile normalità. Un momento che lacera un italiano deluso e un neo americano travolto dalla stupore e freddato dall’ invidia. È cambiato tutto. Ora lo sappiamo.


Ho visto sversare tra le strade imperiali che conducono a Capitol Hill, 40 anni di storia tra le rivolte dei ghetti del 1968 e l’annuncio della vittoria del figlio di un keniano stampati sulle facce, sulle magliette, nel cuore di una suora di Okinawa che il destino mi ha piazzato accanto.


Il freddo americano e il caldo della parole: niente scuse siamo americani e sul volto di Obama è scomparsa quella vecchia America che ha straperso, sepolta dalla insurrezione elettorale dei giovani raccolti attorno al palco di Obama. Gli stessi che hanno respinto la tentazioni della protesta e hanno sceltp lo strumento politico per manifestare la loro voglia di cambiamento. Su tutti, alle prime parole di Obama, era già scesa la pace. Il suo discorso è stata coperta rassicurante della Costituzione, delle regole da rispettare e rispettate, della civiltà politica. Io iscritto italiano del Pd mi sono fatto la mia piccola rivoluzione: ciò che posso raccontare di scomposto è la folla che si è stretta attorno alla Casa Bianca punteggiata dai i pennelli elettronici dei network, dai i messaggi frenetici dei blog e dei siti internet.


Sto assistendo alla riemersione di un continente umano e politico che sembrava scomparso dal bianco marmoreo della nuova casa di Michelle. Non un’"altra America", come vogliono i luoghi comuni, ma un’America che ha combinato il messaggio e il messaggero in uno stesso uomo, l’unico simbolo che un immensa umanità ha individuato per uscire dall’incantesimo dei falsi "valori". Barack Obama ha incontrato i suoi fratelli di sangue impacciandosi sulla formula del giuramento quando il Presidente della Corte Suprema gli ha posposto la parola “fedelmente”. C’è stato un boato di commozione che ha fatto tremare anche qualche dirigente del Pd italiano già a cena da un pezzo.


Ho vissuto una notte sbattuta tra la speranza americana e la disillusioni degli italiani che fanno i democratici in America perché vengono da un Paese che discute di Villari come baluardo della democrazia. Per tutti voi che l’avete visto in tv non sapete cosa vi siete persi.

Pubblicato sull'Unità il 21 gennaio 2009

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