Articles by: Francesca Di folco

  • Fatti e Storie

    Irene Mastrangeli, chansonnier di New York

    Sonorità naif, tono melodico sofisticato, blues armonico e ricerca melodica all’interno della dissonanza: c'è davvero tutto e il contrario di tutto a caratterizzare le note cui Irene Mastrangeli è legata da una indissolubile comcomitanza di stile new age, tenica professionale alta e... anima da menestrella del nuovo millennio. 

    La cantautrice ci apre le porte del suo studio di registrazione, nel cuore dell'East Village, per farci assistere alle prove del suono nuovo concerto che si terrà a fine mese, domenica 29 Marzo alle 9:30 PM, a Rockwood Music Hall - Stage 3.

    La stanza adibita a studio acustico è uno spazio contenuto eppure vissuto, creativo, sembra faccia parte degli stili ricercati che la cantante plasma di continuo dai ritmi vibranti di Manhattan...

    Torinese di nascita, newyorkese d’adozione, Irene cresce con il culto della musica nelle vene: ad appena otto anni inizia cantando in un coro nella città della Mole 
    Antonelliana mentre studia chitarra classica.

    Con la sorella condivide la curiosità per il pianoforte, che da lì a poco impara a suonare in maniera sopraffina, fino a trasformare lo slancio verso lo strumento a coda in una autentica passione che diverrà negli anni per Erene la ragione di vita artistico-musicale.   

    La formazione  è istrionica ed inarrestabile: oltre a suonare chitarra e piano, frequenta una scuola di jazz privata, Centro Jazz Torino nell'omonima città e I civici corsi di Jazz, a Milano dove sotto l’egida di Franco Cerri prende lezioni di canto.

    La fine del liceo classico determina una svolta decisiva nella vita dell’artista: Erene decide di dedicarsi completamente alla musica, in particolare di votarsi al jazz e al blus melodico.

     In sottofondo la cantautrice si "scalda", provando alcuni tra i suoi pezzi più famosi: Let's take it slow, Butterfly, Ti penso ancora...


    Sotto il profilo professionale si delinea la scelta controcorrente di cambiare anche approccio di studio: la Mastrangeli abbraccia il Metodo Funzionale della Voce tecnica scandita da un approccio unico nel suo genere, in cui la vocalità diviene alchimia perfetta tra parametri fisico e psicologico.

    La nuova tecnica canora fa di Irene un'artista nuova, con tempra psico-fisica inaspettata a supportarla, capace di sperimentare e spaziare in campi creativi a lei congenuali, realizzando ciò che finora le era apparso impensabile, dar vita alla sua Arte in maniera spontanea e naurale...

    I cambiameti iniziano subito a dar effetti: dal '99 Erene inizia a viaggiare per mezza Europa ed è ragazza alla pari per 6 mesi a San Francisco da Giuseppe D’Agostino, amico musicista con sede nella città della Baia dove scrive la prima canzone "San Lorenzo" che, ci confessa, le rimane nell’anima, essendole uscita fuori “come un miracolo” ...

    Tornata in Italia, riparte nuovamente per lavorare in un circo della Svizzera, tuffandosi in questa avventura itinerante e vivendo per ben otto mesi in uno spettacolo dal vivo.

    Lavora per tutto il 2000 nel Bel Paese poi, finalmente partorisce l’idea di tornare negli States, ma questa volta non nella citta del Golden Bridge bensì a New York.

    Come un mantra che si realizza sempre, allo scoccare della parola New York, le sonorità melodiose e rilassate della Mastrangeli, si fanno più sferzanti e cariche di brio quando intona In just one day, 131, Credo troppe volte alle favole...

    Manhattan è davvero un cambiamento nel cambiamento sia di vita privata che artistico-professionale...

    Erene canta e suona dapprima solo le sue canzoni, poi inizia anche a far cover nei locali dell’East Village: le sue ricercate performance live sono d'impatto e sembrano esser composte ad hoc per gli intimi spazi degli storici The Living Room, The Knitting Factory, Rockwood Music Hall, Bitter End, e Spike Hill che pullulano Bleecker Street...

    L’artista sente il calore umano, fa suoi, stili, ritmi, armonie fondendoli in mix dì eccellenze vocali, canore e strumentali che la fanno apprezzare dal pubblico perchè guidata da linee melodiche originali, innovative, di stile e tendenze musicali quasi naturali, spontanee.

    Nella Big Apple arrivano anche collaborazioni importanti: la prolifera Erene può vantare i progetti realizzati con Brad Roberts di Crash Test Dummies, fervida anche la produzione con il quattro volte nominato ai Grammy come compositore/produttore Larry Dvoskin, che ha collaborato con stelle come David Bowie, Van Halen, Ricky Martin, Brandy, e, forte anche dell'amicizia pregna di stima con l’irlandese Rodney Dickson, la Mastrangeli cresce nelle sue interpretazioni.

    Paladina e degna portabandiera di una generazione di chanteuse cantautori, Erene compone canzoni che esplorano il processo di scoperta di sé attraverso una voce bilingue.

    Erene ormai è una artista completa: con le esperimentazione di chitarrista, pianoforte e voce esplora i panorami musicali di artisti del calibro di Pat Metheny, Michael Hedges, John Adams, e Keith Jarrett, il cui songwriting ispirazioni vanno da James Taylor, Stevie Wonder, Sting, Joni Mitchell e Carol King, di Antonio Carlos Jobim, Joao Gilberto e Caetano Veloso.
     

    Si esibisce anche a Central Park dove Pat Metheny, tra i più famosi e apprezzati chitarristi jazz, suo idolo da una vita, la nota e si ferma ad ascoltarla…

    In tutta questa internazionalità c’è spazio anche per un po’ di sano nazionalismo, Irene intona le note dell’Inno di Mameli con una chiave melodica catartica e insieme soave all'orecchio...


    Per la prima volta forse, capita di sentirlo tutto intero: non nelle alte sfere degli ambiti istutizionale ma in quel di Manhattan può accadere anche questo e ci ritroviamo assorti tra note e testo...

    Apprezziamo il dono che la chanzonier ci ha fatto: con una vena di commozione ci racconta di esser intimamente legata, alle note di Mameli, lei infatti non ha certo dimenticato il Belpaese e ci racconta come l’Italia finalmente abbia riscoperto questa figlia esule...

    E' il 1° Aprile 2013 quando intona con la sua voce le note che ha risvegliano il patriottismo degli italiani a New York: salita sul palco del gala della Italy-America Chamber of Commerce per cantare l’inno nazionale con uno stile inconsueto e inaspettato che suscita grande emozione e trasporto in sala, tanto che alla fine dell'esecuzione il parterre ha travolto la cantautrice con un’ovazione: Viva l’Italia.

    Dal quel momento Erene è diventata un poco la testimonial degli italiani a New York tanto che il Consolato Generale d’Italia l'ha invitata a cantare l’inno alla festa del 2 giugno.

    L'artista intona Nella mia testa, Vivere davvero, Carefree  e la nostra attenzione viene attirata dall'indole caratteristica, forse unica, della sua voce...
     

    In cosa consiste la tecnica rivoluzionarie e controcorrente cui la Nostra ha fatto cenno procanzi? 

    Il così detto metodo funzionale della voce ha origine agli anni '80 quando Gilesa Rohmert, cantante con alta esperienza professionale, fonda l’Istituto di Lichtenberg in Germania, per il training funzionale della voce, che, scompaginando i ritmi ordinari di studio, da vita ad un approccio di studio alternativo ai sistemi tradizionali. 

    Grazie alla nuova pedagogia, la voce perde l'impostazione artificiale, grossolana e prestabilita per lasciar spazio alla spontaneità delle sonorità e alla naturalezza dei toni, alla vivacità insita in ognuno di noi...

    L'anima della tecnica risiede nel concentrarsi unicamente su ognun cantante: cade la supremazia dell’insegnante sull’allievo, c'è un No fermo all'insegnante guru che perde di protagonismo per ridimensionarsi a semplice veicolo, tramite per arrivare al risultato sperato.

    Tale metodo utilizza la stimolazione del sistema nervoso. Non si tira giù la laringe, con movimenti grossolani di cui non ha bisogno, tecnicamente complessi, con comandi contronatura, rischiando tensioni dappertutto.

    Il cuore del Metodo stimola il sistema nervoso con esecuzioni tattili, toccando, massaggiando la laringe nei punti più sensibili: ciò che induce un cambiamento in tutto il sistema, iniziando a cantare in modo diverso,  spontaneo, organico...

    L'impostazione ora è un mantra che dettato dal corpo stesso, scandito dal fisico ed avvolge l’interezza della persona tutta plasmandola in un aurea di benessere psico-fisico che rigerena ogni volta in meglio l’esecuzione canora.

    La voce cambia: senza sforzo è molto più ricca, potente, articolata: suono ed il corpo iniziano a comunicare come se tutto si fondesse in una armonia, è un' alchimia di linguaggi che s'intrecciano...

    Corpo non è più visto come insieme delle parti che lo compone ma sistema olistico: pensiero, razionalità e l’intelletto entrano in relazione con il suono, la musica e le armonie...

    Il risultato sommo? Tutti, al di là di condizione fisica, età e doti naturali, rimuovendo traumi, paure, barriere e limiti mentali, possono raggiumgere potenziali canori altissimi ed inimmaginabili...

    Liberandosi di vecchi retaggi, Erene ha dato il là a cambiamenti di vita interiore, intime rivoluzioni,  stravolgimenti dell'anima, da cui ora straborda la Luce umana e professionale che continua a crescere in lei...

    Soul caldo e vellutato, toni blues, le melodie che intoni scaldano anima e corpo e sono frutti autentici dell'"estro" musicale della tua persona...
    Quanto lasci "di te" quando imbracci la chitarra e scaldi la voce?


    Grazie mille per le bellissime parole, con il tuo consenso le userò per la mia prossima press release!

    Penso che l’unica cosa che io lasci di me quando imbraccio la chitarra e canto siano i troppi pensieri, me li devo lasciare alle spalle per poter essere un veicolo, per lasciare che la musica scorra dentro e poi fuori di me. Ed invece devo portare tutto il resto per lasciare che le mie esperienze e sentimenti si traducano in musica.

    La musica s'impregna di mix di fantasia melodica assoluta, libertà d'espressione e revolutionary soul: più improvvisazione o studio da conservatorio?

    Lusingata, grazie. Devo dire che c'è moltissima improvvisazione in quello che faccio, in realtà gran parte della mia produzione nasce tutta da lì, spesso le idee migliori sono generate da “errori” o sviste...

    Per poter permettere alla spontaneetà di crescere e prendere piede ci sono stati parecchi studi, tradotti non in lezioni di conservatorio, ma  in ore di esercizi da solista, impegnativi ma non così faticosi come si possa pensare. Forse perchè facevo ciò che amavo e volevo fare. 

    Vorrei tornare a studiare per nutrire le mie abilità, per produrre novità sempre più sorprendenti e per raffinare carica, propensione e stimolo a seguire ciò che detta l’intuizione.

    Ti senti più influenzata dai ritmi statunitensi o da quelli del Belpaese? Facci sognare con qualche nome dal quale prendi spunto per le tue interpretazioni…

    Sono stata influenzata da entrambe nello stesso modo, in fatti non penso sia un caso che le mie scalette sono sempre divise quasi equamente tra canzoni in italiano e quelle in inglese, autentici mix di: Francesco De Gregori, Dire Straits, Jackson Browne e Beatles… la music che suonava ed ascoltava mio padre. 

    Poi ho iniziato a fare le mie scelte che però non si sono allontanate molto: sono un'estimatrice di Pino Daniele, la cui scomparsa mi ha colpito profondamente, il suo contributo alla musica italiana è stato incommensurabile. 

    Adoro Fabio Concato, un’altra mia grande influenza, Rossana Casale, i Matia Bazar, Ivano Fossati, e poi tra UK e US: Sting, sicuramente il mio più grande idolo, con cui vorrei un giorno collaborare, Stevie Wonder, Incognito, chitarristi come Pat Metheny, Michael Hedges, Pierre Bensusan, Peppino D’Agostino, cantautori come James Taylor, Carol King, Joni Mitchell, Ani DiFranco, Shawn Colvin, Jeff Backley, Patty Griffin… ce ne sono talmente tanti, e tanti altri
    cantautori non conosciuti dal grande pubblico, una fauna che continuo a scoprire ogni volta che vado a sentire musica dal vivo in un localino di New York.

    Questa è una Metropoli cosi piena di risorse e creatività, la Big Apple stessa è fonte di grande ispirazione in sé.

    Dai templi del Blue Note alla Cargie Hall, passando per Radio City Music Hall fino ad arrivare alle mega adunate a Central Park o ai raccolti localini del Village.  

    Il piacere della buona musica “da intenditore” e quello della convivialità e socialità s’intrecciano nella City that never sleeps?

    Assolutamente si! Questa è sicuramente una delle ragione per cui sono così legata a questa dimensione della City...

    E’ sempre possibile andare a sentire musica da intenditore, in qualunque sera della settimana, anche senza una meta precisa. 
    Basta presentarsi in alcuni locali dove si sa che la qualità è sempre molto alta e la sensazione di aver scoperto un autore nuovo, sconosciuto, ma a livelli dei più grandi artisti conosciuti dal grande pubblico dà sempre un bel brivido lungo la schiena... 

    Questi locali sono anche punti di ritrovo e di socialità dove è possibile conoscere altri musicisti, con cui magari si finisce per collaborare.

    Di certo è complesso se non addirittura impossibile tracciare un confronto tra musica statunitense e quella  italiana, non fosse altro perchè, di fatto si hanno delle radici diverse: Blues, jazz, Hip Pop, Rock, la prima, leggera la seconda anche se poi non esistono canoni "ufficiali" d'identificazione...


    Ci sono tratti di differenze e/o somiglianze che accomunano sonorità italiani e statunitensi?

    Difficile a dirsi in poche battute!

    Per me ci sono molte somiglianze, ed allo stesso tempo decise differenze.
    La prima a creare la differenza è la lingua, la cadenza e ritmo dell’italiano sono così definite, le vocali alla fine di ogni parola danno una certa quadratezza che l’inglese non ha. 

    Partendo da qui è possibile tracciare due percorsi molti diversi, non ha caso l’Italia è la
    culla dell’opera lirica. Pino Daniele cantando in napoletano è riuscito a portare il blues nella canzone popolare italiana, avendo il napoletano una cadenza e ritmo più simili all’inglese. Ma le sonorità anglosassoni sono state assimilate dalla musica italiana in molti degli artisti che ho
    citato sopra (Fabio Concato in prima linea direi), e questi mi hanno fatto avvicinare piu’ ad una tendenza di fondere I tanti generi, senza cercare di scrivere in una vena precisa. 

    Non dimenticherei l’impatto della musica braziliana e sudamericana in generale su tutti gli altri…insomma ormai c’è una tale globalità sonora che è complesso tracciare delle differenze poi così pecise.

    Davvero tanti i cantanti o speudo tali, che si improvvisano e vengono lanciati dai talent show… X  Factors per tutte le orecchie... possibili concorrenti del una cantante della tua levatura?

    Scherzi a parte, come vedi questo imperversare di moltissimi provetti cantanti dalla dubbia gavetta?

    Ho una risposta un pò filosofica a questa domanda: la mia opinione su queste competizioni canore è cambiata molti negli anni, sicuramente riflettendo i miei cambiamenti personali. 

    Devo dire che non li seguo molto quindi non posso neanche giudicare, ma il fatto che continuino a moltiplicarsi mi ha fatto pensare… 

    Io insegno anche canto. Ogni volta che parlo delle mie lezioni quasi tutti esprimono il loro desiderio di cantare, ma anche una frustrazione perchè pensano di non poterlo fare, di non avere il talento. 

    La mia esperienza come insegnante ha confermato la teoria dei miei stessi insegnanti, che tutti possono cantare, senza esclusioni, nonostante l’età o la condizione fisica. Tutti, posso cantare! Ognuno di noi è dotato di uno strumento perfetto che aspetta solo di essere usato.
    Penso che la funziona vocale sia l’unica vera e propria realizzazione di una vera democrazia, siamo tutti stati dotati di uno strumento equamente sofisticato e potente. Solo che alcuni di noi hanno bisogno di più aiuto nell’usarlo. Il fatto che questi spettacoli si siano moltiplicati in
    realtà mi riempie di soddisfazioni, più e più persone hanno deciso di buttarsi ed usare il loro strumento, il che è solo positivo. 

    C’è un altro aspetto della cosa che mi fa pensare, e qui andiamo davvero nel pensiero filosofico. La voce è una delle funzioni che si sono sviluppate più di recente nell’evoluzioni dell’uomo. E come tale è tra le più sofisticate. 

    Io sono convinta che abbia un ruolo fondamentale nella prossima fase della nostra evoluzione, che a mio parere coinvolgerà l’aspetto spirituale dell’essere umano e lo farà crescere nella direzione di un uomo più illuminato e cosciente. 
    Quindi più gente canta e meglio è, il cambiamento sarà più veloce e potente…  Questa è solo una mia teoria ovviamente, ma penso che sia molto realistica. 
    Il modo in cui cantiamo è assolutamente importante, ed è qui che persone come me posso aiutare altri. E’ una cosa che mi prefiggo quotidianamente, di aiutare più gente possibile ad accedere il loro potenziale vocale...

    La canzone che tieni nel cassetto e al momento buono tirerai fuori, parla di…

    C’è una canzone che non ho ancora registrato e che forse può essere la canzone nel cassetto. Parla della pioggia come messaggera di buone nuove. E’ una canzone mistica, dove la pioggia rappresenta il divino ed io esprimo gratitudine per la chiara direzione che mi dà e gli chiedo
    di stare con me per continuare a guidarmi.

    Il duetto di cui avresti voluto far parte, magari in una coppia italo-americana…

    La coppia non sarebbe italo-americana ma italo-britannica, Zucchero e Sting. 
    Sting è l’artista che forse ammiro di più, è da quando sono adolescente che sogno di collaborare e cantare con lui, avrei molto volentieri preso il posto di Zucchero...

    Incertezze sul futuro, tagli e perdite del lavoro, recessione: sono gli effetti della crisi economica che nel 2014-15 morde più che mai... La cultura e le sfere ad essa limitrofe, di cui la musica è portabandiera speciale, sono le prime a farne le spese…
    Come reagiscono case discografiche e enti pubblici ai continui tagli alla musica per fronteggiare comunque il periodo critico?

    Da come la vedo io c’è un continuo cambiamento nella direzione della perdita del monopolio nelle mani di pochi, ed una ridistribuzione del potere nelle mani di molti. I nuovi canali dei social media hanno ormai preso piede e danno a tutti l’opportunita’ di esporsi e mostrare il loro lavoro. La vera difficoltà per me è di imparare ad usarli in modo efficace e lasciare che facciano la promozione per me.

    Ad aprile 2013 l’“Italy-America Chamber of Commerce” ti ha volutoper celebrare la baronessa-filantropa Mariuccia Zarilli-Marimò e il Consolato Generale d’Italia ti sceglie per onorare il 2 giugno, Festa della Repubblica cantando l’inno di Mameli...

    Cosa hai provato in quelle occasioni di crescita sia umana che professionale?

    E’ stata assolutamente una svolta nella mia carriera. Il tutto e’ iniziato per gioco, mi hanno chiesto di cantare l’inno di Mameli per l’occasione, ho detto di si e mi sono messa ad impararlo perche’ non l’avevo mai cantato prima. 
    Mentre lo ascoltavo avevo in braccio la chitarra, ho iniziato a suonare degli accordi mentre l’inno suonava e mi è venuta l’idea di riarrangiarlo e crearne una versione mia, più moderna e vicina al mio stile. 

    L’ho proposto agli organizzatori dell’evento e mi hanno detto di si. Quando l’ho contato al pranzo della Italy-America Chamber of Commerce volevo sprofondare nel palco. Non pensavo l’evento fosse cosi’ ufficiale, che ci sarebbe stato anche il Console Generale. Insomma pensavo mi avrebbe tirato i pomodori. Ed invece e’ successo il contrario.

    Moltissimi sono venuti a parlarmi dopo l’esibizione e mi hanno detto quanto l’inno li avesse commossi, che potevano finalmente sentire le parole, che non sapevano fosse cosi’ bello ed ancora odierno. E’ stata un’emozione grandissima poter rinfrescare l’inno italiano, dargli una
    nuova veste e far sentire altri italiani all’estero vicini al nostro paese. 

    Da li’ e’ nata una bella collaborazione con il Consolato qui a New York, specialmente con la console Natalia Quintavalle e la vice console all’epoca, Lucia Pasqualini, mia grande sostenitrice, a cui sono estremamente grata, ha fatto e continua a fare davvero tanto per me, fino a invitarmi a cantare l’inno al Consolato per la festa del 2 Giugno ed è stato fantastico.
    Ero emozionatissima e molto nervosa, avevo una gran paura di dimenticare le parole, visto che l’avrei cantarlo per intero. Ed invece è andata alla grande e... sono diventata la cantante dell’inno!

    Da cantante quotata ad insegnante di Italiano... Cosa c'è nell'immediato futuro di Erene Mastrangeli? Con quali assoli ci farai ancora emozionare?

    C’è davvero molto che bolle in pentola: sto organizzando un tour del nord est qui negli US e mettendo in scaletta delle date anche in Italia per quest’estate.
    Gira voce di una possibile performance ad Expo Milano 2015, ma è ancora tutto da decidere. Quest’anno ho anche intenzione di far uscire un nuovo EP: è tanto che non registro e ho troppe canzoni che vogliono essere ascoltate. 
    Inizierò presto un crowd funding per poter andare in studio in autunno 2015...

    Può bastare?!?

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  • Fatti e Storie

    Dante’s Speaking. Passioni, sentimenti ed emozioni a New York

    Che  la cultura italiana fosse cara ai newyorkesi è cosa nota.  L’apprezzamento per l’alta letteratura del Belpaese anche. Ma è assai bizzarro entrare nei locali della nota Saint Thomas Church, sulla blasonata Fifth Ave, ed assistere ad una lezione-seminario sulla Commedia dantesca indipendente da alcun ente italo-americano, ma organizzato da un prelato, e toccar quasi con mano l'amore appassionato con cui uomini e donne appena usciti dai ritmi frenetici della City riflettono su versi scritti 8 secoli prima... 

    Per la precisione il primo lunedì di ogni mese il Rev'dr Victor Lee Austin, Theologian-in-residence della Saint Thomas organizza delle lecture in cui una piccola ma interessatissima platea di newyorkesi si scambia commenti, riflessioni, concezioni non guidate da studiosi, ma frutto di semplici osservazioni di appassionati della Commedia.

    Dopo aver letto durante gli appuntamenti di luglio ed agosto l'Inferno, questo mese veniamo trasportati entro i confini ultraterreni del monte Purgatorio...

    La discussione entra subito nel vivo riflettendo sul percorso che conduce l’anima nei meandri del Purgatorio, i processi di espiazione delle pene, il fuoco visto come chiave purificatrice d’accesso all’Eden…

    «O anima che tanto ben favelle,                                   34

    dimmi chi fosti», dissi, «e perché sola

    tu queste degne lode rinovelle.                                   

    Non fia sanza mercé la tua parola,                                37

    s’io ritorno a compiér lo cammin corto

    di quella vita ch’al termine vola».                                

    Ed elli: «Io ti dirò, non per conforto                                40

    ch’io attenda di là, ma perché tanta

    grazia in te luce prima che sie morto                              

    Il Sommo poeta prende quasi in simpatia una anima e le promette che, quando torna al mondo e al tempo che gli è stato assegnato in vita, si ricorderà di lei: la menzionerà nella sua Opera, la Commedia, visto che nessuno prega per lei, nè le reca conforto, aiutandola nella purificazione delle proprie colpe…

    Padre Austin avvia la discussione sul concetto della colpa, che si apre spontanea,  indice di quanto spesso ci si senta colpevoli, ma  impenitenti...

    Il sentimento della colpa è molto avvertito e assume svariate forme: si snoda nel sentirsi preoccupati per pensieri sulle debolezze umane negli ambiti amicali, passa per attegiamenti di intransigenze sul lavoro, fino ad arrivare a confessioni indirette di fragilità sentimentali con i partner.

    In tanti prendono la parola ed intervengono a braccio...

    Una delle espressioni che ci colpisce di più in bocca a questa platea multiforme di idee volteggianti è che la colpevolezza regna lì dove il cuore è “impegnato malamente, non è libero” - sostiene un signore di mezz’età - “si è schiavi di costrizioni, spesso costruite da noi stessi”.

    Il proseguo è un file rouge in cui si tende a fare il passo successivo all’ammissione della colpa: quando si è pentiti come ci si comporta? Come si reagisce?

    Altrimenti detto: come è possibile purificarsi, redimersi?

    Tremaci quando alcuna anima monda                          58
    sentesi, sì che surga o che si mova
    per salir sù; e tal grido seconda.                            

    De la mondizia sol voler fa prova,                                  61
    che, tutto libero a mutar convento,
    l’alma sorprende, e di voler le giova.                     

    Prima vuol ben, ma non lascia il talento                         64
    che divina giustizia, contra voglia,
    come fu al peccar, pone al tormento.                     

    Per Dante la terra trema quando un'anima si sente purificata, cosicché si alza o si muove per salire in alto e il grido delle altre anime accompagna tale ascesa.

    Della purificazione avvenuta è prova la sola volontà, dell’anima stessa che la spinge liberamente a cambiare compagnia e di tale volere l'anima gioisce.

    Prima avrebbe certo voluto la stessa cosa, ma non glielo permette la volontà relativa al talento che la divina giustizia rivolge alla pena contro la volontà assoluta, come sulla Terra lo fu al peccato.

    Padre Austin sottolinea quanto svela Stazio poeta guida di Dante in questo XVII Canto, suggerendo sottobosco e trame di numerosi spunti di riflessione...

    "Il monte del Purgatorio non subisce alcun evento naturale che sia in contrasto col suo assetto religioso…".

    "Non cade pioggia, né neve o grandine, né si vedono mai brina o rugiada, non ci sono nubi né lampi, né compare mai l'arcobaleno o il sole.  Non spira il vento".

    "Sul Purgatorio non avviene alcun evento atmosferico estraneo all'influsso celeste…".

    Il discorso significativo che intesse il prelato si infarcisce di altra ricchezza quando afferma:

    "Ne consegue che in Purgatorio gli unici fenomeno atmosferici sono i terremoti...".

    La cerchia del Dante’s Speaking ha un attimo di titubanza, un'esitazione ovvia davanti al passo, quasi di stordimento…

    I terremoti provocano sempre sconquassi. Quando poi, quelli fisici, simboleggiano sconvolgimenti interiori dell’anima, sono ancor più spiazzanti...

    Le prime opinioni prendono forma e sono degli earthquake, flussi in piena di pensiero nel vero senso della parola...  

    “Quando si ha il coraggio di guardarsi dentro -afferma una distinta signora con cappellino arancio- scoprire sul serio chi si è, cosa si è fatto nel bene e nel male, come ci si è comportati nei momenti cloo della propria vita e in quella degli altri… Ci si confronta con se stessi ed il ritratto che ne scaturisce è la sacrosanta verità, forgiata da noi stessi”.

    “Un terremoto per me equivale allo scontare la propria pena morale, a gridare ad alta voce i propri peccati, ad una confessione, accompagnata da cambiamenti drastici dell’esistenza -soggiunge un ragazzo- la soddisfazione di mettersi al servizio degli altri, di chi si è danneggiato intenzionalmente”.

    I terremoti nella vita di questi newyorkesi assumono le forme dell’ottenere “il Perdono”, “la redenzione totale e sincera”,  e c’è spazio anche per “la libertà assoluta”...

    Più scolvolgimenti di così…

    Convinti di aver conquistato step by step gradini importanti per questa scala che conduce alla Felicità, la lecture va avanti arrivando alla vetta più alta del Purgatorio…


    La Purificazione totale è quella che passa per il fuoco sacro dell’Amore.

    Come la scala tutta sotto noi                                            124
    fu corsa e fummo in su ‘l grado superno,
    in me ficcò Virgilio li occhi suoi,                                 

    e disse: «Il temporal foco e l’etterno                                127
    veduto hai, figlio; e se’ venuto in parte
    dov’io per me più oltre non discerno.                           

    Tratto t’ho qui con ingegno e con arte;                           130
    lo tuo piacere omai prendi per duce;
    fuor se’ de l’erte vie, fuor se’ de l’arte.                      

    Vedi lo sol che ’n fronte ti riluce;                                   133
    vedi l’erbette, i fiori e li arbuscelli
    che qui la terra sol da sé produce.                            

    Mentre che vegnan lieti li occhi belli                             136
    che, lagrimando, a te venir mi fenno,
    seder ti puoi e puoi andar tra elli.                              

    Giunto alla vetta somma all'ultimo gradino del Purgatorio, Virgilio comunica a  Dante: «Figlio, hai visto le pene eterne e quelle temporanee, e sei giunto in un punto da dove io non posso scorgere oltre con le mie sole forze.

    Ti ho condotto qui con quegli accorgimenti che ho trovato con la ragione; ormai segui come tua guida il tuo piacere; sei fuori dalle vie ripide e strette della redenzione.

    Vedi il sole che ti brilla in fronte; vedi l'erba, i fiori e i teneri arbusti che la terra, qui, produce spontaneamente.

    Finché non verranno da te i begli occhi di Beatrice che, piangendo, mi spinsero a soccorrerti, puoi sederti e camminare fra di essi.

    Ecco che il talk ora verte sul tema per eccellenza, il sentimento dell’Amore...

    Padre Austin lancia ancora la palla al balzo quando afferma che: “Dante è colto da un terrore irrazionale, contro il quale a nulla valgono i richiami e le rassicurazioni del maestro Virgilio: la paura di Dante è quella del personaggio umano, con le sue debolezze e fragilità per vincere le quali è necessario ricordargli che, se vuole rivedere Beatrice che lo attende dall'altra parte, deve buttarsi nel fuoco".

    Dunque la piccola platea si interroga su come si arriva all’amore, quanto è complicato…

    “Beatrice è la personificazione dell’amore, il richiamo alla donna-angelo non si riferisce solo alla vicenda personale del poeta e all'amore che lo lega alla sua donna - per una giovane che stringe la Commedia in mano- ma significa anche che per completare il percorso di redenzione e conquistare la felicità rappresentata dall'Eden, è indispensabile l'intervento della grazia, che è raffigurata da Beatrice”.

    “L’Amore oltre ad essere Compagna di Vita, è ancora Donna e Madre -per una avventrice attenta- è Maria che si dona al Figlio divenendo allo stesso tempo madre e figlia perfetta”.

    “L’Amore è il binomio perfetto con la Resurrezione a nuova Vita -per un signore immerso nel discorso- mistero che non può esser spiegato”.

    Splendida l’atmosfera nella quale la speaking dantesca ha coinvolto i presenti, creando un’aurea mistica, una malia dedicata all'interrogarsi sui temi dell'esistenza...

    Tanti i dubbi irrisolti, le domande comunque lasciate in sospeso, le osservazioni in bilico...

    E proprio con queste note Father Austin conclude la lecture asserendo che “matto è chi spera che nostra ragione possa trascorrer la infinita via che tiene una sustanza in tre persone”, citando  Dante, secondo il quale è impossibile chiarire appieno quanto stabilito dalla Grazia divina, è inutile cercare di decifrare l’intento di Dio...

    Si potrà assistere agli altri appuntamenti con il Divine Comedy Seminar alle 6.15 pm, nei locali della Saint Thomas Church, lunedì 17 Novembre quando si approfondirà il Paradiso dal canti 1° al 17° e lunedì 15 Dicembre quando dal 18° canto si proseguirà sin alla fine dell’Opera.

    A margine dell’appassionata lecture i-italy ne approfitta per scambiare idde, concezioni, valutazioni sulla Dante’s philosophy con il Rev'd Victor Lee Austin, Theologian-in-residence della Saint Thomas Church Fifth Avenue..

    Speaking su Inferno, Purgatorio e Paradiso alla Saint Thomas Church. Come nasce l'iniziativa? Perchè celebrare la Divina Commedia del Sommo poeta?

    Per molti anni ho tenuto un club del libro mensile e, di recente, mi sono interessato a tornare ai classici. L'anno scorso, sempre nei locali di Saint Thomas Church, abbiamo curato alcuni greci Platone, Sofocle, ecc. Qualche tempo fa ho avvertito il desiderio di rileggere la Divina Commedia di nuovo... E quale modo migliore per farlo se non per riflettendo poi con altre persone?

    Ho compiuto i miei studi laureandomi al St. John's College in Santa Fe, specializzandomi proprio sui testi dei grandi autori. Così ho pensato che Dante avrebbe funzionato molto bene per un seminario ed infatti commentare ad alta voce il Sommo non ha tradito le aspettative...

    La Commedia è Divina, ma riguarda temi umani...

    L’approccio, il taglio che date al talking sul capolavoro dantesco ruota attorno all'ambito religioso o è per lo più laico?

    Beh, ritengo non si possa davvero separare la riflessione religiosa da quella laica in Dante. Anzi trovo che si possa parlare di una visione integrale di tutto l'Universo…

    Per il ruolo ecclesiale che ricopro sono particolarmente interessato a questioni religiose naturalmente, ma penso che, in fondo, gli interrogativi religiosi non divergano troppo dalla domande fondamentali dell'uomo, coincidendo di certo in alcuni frangenti...

    Che cos'è la bontà? Come possiamo essere persone rette? Possiamo cambiare? Perchè alcune persone cambiare e gli altri non possono? Questo genere di domande.

    Estimatori del Grande Dante, studenti amanti della lingua e cultura italiane, intenditori-ammiratori dell'arte in generale. Che target segue queste particolari lecture targate '300?

    Quelle che teniamo non sono lezioni che si fregiano di rigore accademico, piuttosto, mi piace considerarli come momenti di riflessione di alta Letteratura internazionale da vivere al di là del tempo e dello spazio, un seminario in cui ci interroghiamo su tanti temi, ci confrontiamo su molti argomenti, muoviamo da diverse visioni dell’esistenza in apertura e... lasciamo che Dante sia il nostro maestro in itinere.

    Il pubblico copre una platea ipervariegata: è chiunque sia interessato.

    Quali temi animano le vostre discussioni? Su quali argomenti gli uditori si infervorano di più?

    Personalmente non sono molto interessato al contesto, la storia di Dante, il suo tempo,  i personaggi attorno ai quali ruotano le vicende storiche. Ci sono un sacco di esperti che ci possono documentare su questi aspetti tecnici degli argomenti.

    Io continuo a tornare al testo, al cuore dell’opera, perchè parla alle menti...  

    Credo che Dante, voglia condurci alla saggezza insita dell'essere umano.

    Qual è il modo migliore per vivere? Come vivere? Che cosa significa perdersi nel bel mezzo della vita, e come può una persona trovare il senso della vita?

    Anche in questo caso, le questioni religiose sono le domande umane!

    Indichi qualche tema/argomento o aspetto su cui i newyorkesi delle Dante's Speaking sono d'accordo con il Sommo e alcuni che invece contestano fortemente…

    Penso che abbiamo difficoltà a pensare all’esistenza dell’Inferno, Purgatorio e Paradiso come luoghi reali. Ma d'altra parte, non sono sicuro che Dante stesso li abbia ritenuti reali ed effettivi al di là della visione che ne dà nella Commedia...

    Dal Dante medievale all'attualità odierna. La domanda è d'obbligo: come percepiscono i newyorkesi cultura, arte, estro e capacità imprenditoriale italiane? Insomma che giudizio danno dell'Italia in questo ultimo scorcio di 2014...

    I Newyorkesi adorano tutto ciò che è italiano! Noi amiamo tutto ciò che riteniamo eccellente, e ci piace mettere insieme le cose provenienti da tutto il mondo.

    Apprezziamo naturalmente le superbe interpretazioni dell’opera, il grande cinema, e l’alta moda, i frutti pregiati dell’enogastronomia e molto altro ancora...

    C'è una statua di Dante in un piccolo spazio pubblico sulla 60th, proprio di fronte al Lincoln Center. Penso che sia simbolico: un importante centro per le arti si affaccia su Sommo Dante.

  • Arte e Cultura

    Cultura e lingua Italiana: due realtà legate


    Cultura, la lingua e italianità. Sono  tre temi cari al Dean del Calandra Institute, Professor Anthony Julian Tamburri, uno dei più importanti protagonisti della vivace realtà accademica italo-americana.  Interpellarlo vuol dire dunque avere risposte vestite del massimo rigore possibile.


    Con lui abbiamo così  tastato il terreno legato allo  stato della Cultura  italiana negli Usa, per provare a sfatarne miti e stereotipi, vecchi e nuovi.

     

    La conversazione muove subito dall'istituzione universitaria che dirige: il Calandra Institute.


    "L'obiettivo dee  John D. Calandra Institute - ci dice Tamburri - è essere fulcro, fungere da cuore pulsante delle attività culturali, pilastri portanti della cultura italo-americana alla Cuny,  in New York City, nello Stato di New York, negli States.



    "Pertanto, - continua il Dean - lo scopo principale dell'Istituto è quello di promuovere l'istruzione superiore tra gli italo-americani che si declina in tre grandi macroobbiettivi.


    Per prima cosa l'Istituto svolge il ruolo di centro intellettuale e culturale, al fine di stimolare lo studio degli italo-americani attraverso attività di ricerca, borse di studio, programmi pubblici, sviluppo di media, servizi di consulenza, studio all'estero. 


    A ciò si aggiunge un secondo fondamentale intento: condurre una comunità di studiosi, professionalmente validi, per migliorare l'esperienza italiana-americana, sia all'interno che all'esterno della comunità italiana-americana.


    Questa missione si realizza attraverso le attività di divulgazione della ricerca al mondo accademico, al Governo e la comunità civica, attraverso l'organizzazione di convegni internazionali, conferenze, seminari e simposi sull'esperienza italiana-americana e anche con  l'amministrare programmi di scambio tra CUNY e Università italiane. 
     

    Terzo vanto del Centro è la pubblicazione di due serie di libri sulla ricerca empirica, teorica e analitica inerenti l'esperienza italo-americana.  E si aggiunge il fiore all'occhiello: l'uscita in stampa della rivista peer-review semestrale sull'esperienza italiana-americana, American Review italiana" . Ed  il Dean, visibilmente soddisfatto, ci svela di averla resuscitata per farne una rivista in cui i colleghi docenti possano criticare i pezzi prima che siano pubblicati...

     

    Ma quale è la chiave per uno scambio culturale tra l'Italia e Usa?


    "Lo scambio tra i due mondi, apparentemente distanti, - risponde deciso il Professore- passa per una corretta e condivisa comunicazione. Ovvero una situazione in cui ci si capisce, ci si comprende e per questo nasce uno scambio reciproco. Può accadere  solo se si conosce la lingua di cui si parla, altrimenti certo non si colgono sfumature, particolarità, tratti essenziali dell'italianità...

    Le situazioni legate all'Italia passano per la lingua stessa, che dunque è veicolo di conoscenza in sé: senza di essa difficilmente si raggiunge l'essenza della cultura di riferimento..." 

     

    Ma il Professore fa subito una precisazione: "Mentre la lingua italiana è in buono stato ed il suo studio in continuo incremento - basti vedere i numero crescente di coloro che tra studenti e professionisti seguono corsi per impararla - la Cultura dell'Italianità fatica ancora  ad affermarsi... "

    Il problema secondo Tamburri sta nella Comunità Italiana in sé: o si è italiani al 100%, oppure gli italo-americani che hanno trascorso una vita negli States.  Questi hanno ormai solo di rimando un pallido riflesso della cultura Italiana e non possono quindi palesarsi come italiani puri, fregiarsi di elementi culturali che non hanno e che inevitabilmente aumentano il divario tra la Comunità di italiani puri e gli italoamericani appunto ormai lontani...

     

    L'Italo-americanità del 2014 è un “esser cittadini dei due Mondi”. Perchè è così importante marcare le porprie origini? Da dove nasce il desiderio di delineare così tanto le radici?

    "Pongo l'enfasi su due motivi - ci risponde il Prof. Tamburri - il primo è che siamo una nazione giovane, l'emigrazione affettiva italiana si ebbe nel 1880 e dunque la scala del tempo ci suggerisce che la Comunità italiana negli States si afferma solo 140 anni fa... Davvero poco tempo fa.

    Altra moltivazione: dopo Pearl Harbour c'è stata una fortissima americanizzazione rafforzante l'idea di nazionalismo e, al contempo, una di demonizzazione dell'esterofilia.  Tutto ciò che aveva che fare con l'estero era sinonimo di dannoso, fascismo, nemico... Dunque anche la lingua.

    C'è ne è davvero voluto di tempo per invertire la tendenza, ma ce l'abbiamo di gran lunga fatta!"


    Continuiamo il nostro peregrinare tra le riflessioni in esame, con altri interrogativi... 

    Paradossi: in famiglia molti italo-americani non parlano italiano, ma i figli sono sempre più interessati a conoscerlo. Quale è il confine tra amore, rispetto, onore per le proprie origini e... la bella figura di essere italiano?

    "Perchè se si vuol primeggiare negli States si deve smettere di mangiare aglio, rispondo con un modo di dire statunitense - commenta il Dean Tamburri- per far comprendere l'entità del fenomeno in corso.

    Certo se da un lato alcuni italiani e gli italo-americani non vogliono trasmettere alla prole lingua, cultura, usanze e tradizioni molti lo vedono come chiave di arricchimento e valore aggiunto fonte e motivo dunque di vanto personale,  anche se da non esibire in pubblico, da non sbandierare ai quattro venti, da non palesare eccessivamente...

    Il perchè è presto detto: non riescono a rispondere a tono alle battute negative sull'Italia, non hanno  la consapevolezza per apprezzare appieno la Cultura italiana..."

    E allora la nostra conversaione sull'Italianità si addentra in meandri che dipingono un chiaroscuro della visione dell'Italia qui a New York. Luci ed ombre ...


    Cosa fare per diffondere e preservare la lingua e cultura italiana per gli italoamericani e cosa non fare? 

    "Non demonizzare nulla: includere tutto, nel bene e nel male...

    Una Cultura deve esser accettata a 360°, senza eliminare o rivalorare massimanete solo alcuni aspetti... Non avrebbe senso.  Questo non vuol dire accettare anche ciò che non va, ma è da intendersi come tenere in considerazione anche gli aspetti negativi di una cultura, perchè comunque patrimonio di arricchimento e fonte di potenziale miglioramento..."

    "Dimenticavo -a ggiunge Tamburri- Riderci su... Sviluppare più ironia fa davvero bene al cuore"... ecco l'americanità del Nostro che trapela!"

     

    Di cultura non si mangia ebbe a dire qualche tempo fa un noto uomo politico italiano. Cosa risponde?

    "Solo di cultura non si vive... vero, ma senza, davvero non si va avanti!"


     

  • Fatti e Storie

    Mostra fotografica. Lì da dove viene il sindaco De Blasio

    Una mostra fotografica dedicata a Sant'Agata dei Goti e a Grassano,entrambi piccoli borghi, il primo del beneventano ed il secondo della Basilicata, per celebrare le origini italiane del Mayor Bill De Blasio, può esser ammirata al Calandra Institute da astanti e amanti delle bellezze artistico-architettoniche del Sud Italia.

    Oltre alla straripante bellezza dagli scatti in esposizione, la particolarità dei posti  è che costituiscono il perimetro in cui affonda le sue radici familiari il Sindaco De Blasio. 

    I nonni immigrarono infatti negli Stati Uniti nei primi anni del '900: la nonna Anna Briganti era originaria di Grassano, un piccolo comune di circa 5.000 abitanti in provincia di Matera, in Basilicata, mentre il nonno Giovanni De Blasio veniva dal paese di Sant'Agata de' Goti, in Campania.
     

    Altra particolarità della mostra è che nasce sotto l'egida della Comunità europea, ovvero è stata voluta, sostenuta e supportata appunto dall'Unescu che ha chiesto di porre l'attenzione sulle eccellenze dei luoghi più particolari.

    E l'occasione è guinta proprio qualche settimana fa, la scorsa estate quando, complice un viaggio del Mayor De Blasio nelle terre natie, è stato possibile un incontro con quelli che sarebbero divenuti gli organizzatori della mostra: Massimo La Franco, Vice Presidente della Provincia di Napoli, Pietro Foglia, Biagio Iacolare e Ugo De Flaviis Presidente e Membri del Consiglio Regionale della Campania, Luigi Parise Direttore Base NATO La Spezia, Gianni Capalbi Presidente dei Gal di Provincia di Matera e Corrado Giardina Presidente Associazione Terranostra.

    Le immagini che notiamo alle pareti della sala auditorium del Calandra sembrano vivere ognuna di luce propria, dipingono una realtà a se stante, ritraggono paesaggi unici...

    Abbiamo assistito all'inaugurazione e a far gli onori di casa è stato il Dean del Calandra Anthony Tamburri che ha detto di esser lusingato dell'ospitare una mostra che significa così tanto per la comunità italoamericana con un valore cosìe divulgativo.

    Il padrone di casa ha lasciato poi la parola a Massimo La Franco, Vice Presidente della Provincia di Napoli, che ha rammentato come con la volontà dell'Europa di intevenire per diffondere l'importanza delle terre su cui pone il patrocinio molto sia cambiato per le prospettive future. Il tutto ovvviamente è stato arricchito  arricchito dalla visita del Sindaco De Blasio a luglio.

    In particolare si parla di Portici e Caserta e della volontà di far veicolare la cultura attraverso l'immagine delle due reggie più antiche d'Italia, la prima datata 1786 e la seconda più giovane di circa 100 anni...

    Non da meno anche le altre magnifiche località ritratte negli scatti...

    Ecco che scorgiamo Sant'Agata dei Goti in Campania, Grassano in Basilicata, il Vesuvio con uno sruggente paesaggio a fare da ceonice...

    La parola passa poi a Corrado Giardina, Presidente Associazione Terranostra, l'organizzatore materiale dell'esposizione che rammenta un viaggio, questo fatto a  New York per consolidare una amicizia già stretta questa estate, quella con Mayor De Blasio e l'avventura di un percorso appunto organzzato, per non gravare sulle tasche dei contribuenti, totalmente a spese proprie e degli sponsor.

    Sotto l'ombrello dell'Europa i monumentali centri risorgeranno a nuova vita divenendo patrimonio mondiale dell'Umanità e potranno esser così giustamente valorizzati...

    Basterà una semplice prenotazione online per affettuare una gita con guida turistica inclusa e compresa anche di polo universitario cui sarà necessariamente affidata la parte di gestione dei orti botanici.

    "Sono luoghi unici, di una bellezza, un'intensità incredibile e dai quali trapela un carisma unico... In alcuni casi son rimasti chiusi anche per 40 anni, intendiamo davvero batterci perchè questo non accada mai più", ha chiosato il Presidente della Provincia di Napoli, Massimo La Franco che ha poi chiuso ricordando che "il Re vide questo fazzoletto di terra verde dal mare e volle che fosse suo.

    Ora noi dobbiamo volere, anzi pretendere che sia nostro...".
     

  • Fatti e Storie

    Mother Italy. Ecco la scultura madre degli italo-americani

    È il simbolo di tutte le madri di ogni Paese che hanno mandato i loro figli in una nazione di immigrati di ieri e di oggi, quella che rimiriamo a piedi del poderoso monumento intitolato “Mother Italy”, nella Upper East Side tra la 68th e Laxinghton e che, in questo scorcio d'inizio ottobre, in coincidenza del mese in onore della cultura italiana, a Manhattan assume un significato unico. 

    Situata nel campus del Hunter College dove scorrono ogni giorno migliaia di studenti e persone che entrano ed escono dalla trafficatissima stazione della subway, la scultura rischia di passare inosservata agli occhi di chi frettolosamente transita senza porvi la giusta attenzione.

    Mother Italy è una scultura di bronzo larga 9 e alta 7 piedi, sin da quando è stata creata dall’artista Giuseppe Massari nei primi anni Cinquanta ed ha assunto nel corso del tempo il caratteristico colore verde che assumono tutte le strutture in rame esposte agli agenti atmosferici...

    La cerimonia cui abbiamo assistito celebrava appunto la cultura italiana attraverso gli innumerevoli simbolismi della statua...

    L’annuale tributo alle madri organizzato dal Italian Heritage and Cultural Committee, lo stesso che celebra il Mese della Cultura italiana in ottobre, quests'anno ha sposato anche un altra causa,

    quella di riportare Mother Italy all'antico splendore di quando appunto lo scultore Giuseppe Massari le diede forma.

    Intanto dalla voce tonante di Christina risuonano le note degli inni d'Italia e d'America capaci di fondersi insieme in un sound toccante...

    Davanti alla statua ci chiediamo i motivi di tante celebrazioni...

    Per comprenderli è necessario tornare indietro con il tempo alla sua creazione: la storia di Mother Italy si perde nella notte dei tempi ed è avvolta da mistero... 

    Vi furono molte mancanze, ostacoli e indecisioni per l'istallazione della scultura che ben si addicono a tribolazioni e supprusi subiti a volte dagli immigrati che rappresenta...

    La storia di “Mother Italy” si estende per mezzo secolo, partendo dalle mani dello scultore Massari nel 1953 all’interesse del medico del Bronx Nicola Brunori, con una partecipazione alla Worlds Fair del 1964, per finire dimenticata in un magazzino aggredita dall’incuria.

    Così, dopo un decennio trascorso nel dimenticatoio, “Mother Italy” il 26 giugno del 2000 ha trovato  la sua collocazione al Hunter College, accolta dall’allora presidente David Caputo.È rimasta in quelle condizioni fino al 1990, quando il giudice della Corte Suprema Dominic Massaro facendo appello all’allora presidente della Italian Historical Society of America, Donato D’Agosto è riuscito a recuperare e restaure l’opera per installarla in un luogo appropriato.

    Dalle note degli inni si è passati ad ascoltare le parole del presidente Joseph Sciame che narra le traversie ed gli innumerevoli passaggi burocratici attraverso i quali la statua è giunta a noi...

    Trapelano lampi di entusiasmo e orgoglio per tutta la comunità italoamericana che a dire di Joseph Sciorra ha lavorato davvero per il "bene comune e la netta rivalutazione delle fatiche degli italiani degli ultimi 2 secoli".

    Le parole non fanno che riportarci con la mente ed il ricordo ad anni difficili e struggenti, a farci sentire sulla pelle come se li avessimo vissuti: la nostra attenzione è rapita ancora più dalla statua, quasi ci si identifichi con le storie che essa stessa rappresenta e che, inevitabilmente, sentiamo anche nostre...

     
    Sulla targa ai piedi della scultura si legge “dedicata agli immigrati italiani”, ma tutto il complesso scultoreo è colmo di simbolismi, dalle due figure femminili che rappresentano la musica e le arti teatrali, a sinistra si vede un monaco che raffigura le qualità religiose degli italiani, mentre la donna col bambino sono simbolo della preoccupazione per l’Umanità.

    Sulla parte destra c’è un uomo che sorregge un piccone quale significato del lavoro e il bambino al suo fianco simbolizza i figli degli italiani immigrati che attraverso l’istruzione hanno contribuito con innumerevoli gesti alla patria natia.

    Ai due estremi di “Mother Italy” si trovano due busti, uno è del Grande Navigatore e l’altro è dedicato a Roma, centro dell’universalità.

    Le note degli inni hanno richiamato una piccola folla di curiosi che si è accalcata per sapere cosa stesse accadendo ed il significato della cerimonia in questione, compreso molti studenti di italianistica dell'Hunter College cui Joseh Sciame rivolge appelli indiretti...

    L'Italia è stata veramente la madre dell’America” ha sostenuto Sciame, che ha poi aggiunto “possa questa essere ancora guida, mentore e ispirazione per i giovani che rischino di esser distratti dai richiami dei social media e temo si possa creare un abisso culturale”.

    Tra le personalità intervenute il Console Genarale, Natalia Quintavalle, che si è detta "entusiasta, orgogliosa e commossa dall'impegno e dedizione con le quali gli italiani d'America e italoamericani lavorino costantemente per rivalutare radici, sottolineare origini, promuovendo la crescita della Comunità stessa". 

    Lo speaker Joseph Sciame ha poi lasciato il testimone al Prof. Anthony Tamburri dean del Calandra Institute, che a sua volta ha rivalutato ancora il grande sforzo comune di tutta la Comunità per riportare la statua agli antichi splendori e per ridonarla a tutti gli italoamericani che sentono l'esigenza di identificarsi in essa. 

    Davvero tante le personalità presenti, da Berardo Paradiso dello Iace, al commediografo Mario Fratti, al giudice della Corte Suprema Dominic Massaro.

    Oggi “Mother Italy” rappresenta veramente lo spirito della città di New York con la sua varietà di immigrati.  “Questo è il luogo dove la statua deve trovarsi” ha detto il giudice Dominic Massaro che ha posato in meditazione da solo davanti a “Mother Italy”.

    “Oggi i ragazzi usano parole che non esistono, mentre la parola madrepatria è in disuso, che tristezza” ha commentato Massaro.

  • Art & Culture

    Italian Language in New York? Mission possible. Thus speaks Ilaria Costa

    The overview of true Italian culture in Manhattan forces us to ask ourselves about the tendencies, the motives and the reasons that today drive many New Yorkers to learn, value and become serious about the Italian language. 

    The overview of true Italian culture in Manhattan forces us to ask ourselves about the tendencies, the motives and the reasons that today drive many New Yorkers to learn, value and become serious about the Italian language. 

    Ilaria Costa, executive director of the Italian American Committee on Education (IACE), the managing institution in charge of teaching Italian language in the Tristate area, told us about it offering insightful clarifications and uncovering Pandora’s box of universal education, language and culture…
     

    What is the state of culture and art and the study of the Italian language in New York?

    IACE hasn’t only been working in the State of New York but also in New Jersey and Connecticut. Therefore, we have the finger on the pulse and are able to consider a vast range of realities inherent in teaching and in Italian culture. 

    From the nursery school level through the end of high school, we see a demand for more support in this area. Unfortunately, there are always cuts to research and we at IACE look to provide a temporary fix to the situation. It’s clear that these cuts are often unjustified, negative and lead to intellectual impoverishment. 
     

    Italy, on the contrary, is seen as a place where to better oneself and further one’s knowledge. Many Americans are madly in love with the ‘Bel Paese’,  ‘The Beautiful Country” where the three F’s reign: Fashion, Food, Ferrari…

    Language, theater, music, art, cooking. What does Italian culture in the United States mean today?

    Everything and more.

    But culture is first of all the language. Without it, we would be unable to express ourselves and our emotions, our state of mind, thoughts or passions: language is crucial to be yourself and communicate.
     

    The language should be promoted and conveyed through the proliferation of activities like music and theater, the Opera, a distinctive milestone of our culture, hands-on cooking lessons, cinema and reading circles to remember our glorious past and showrooms with Ferraris, just to mention some examples. These activities are preparatory to the study and incentives for a full immersion in everything Italian. 

    Can we put together a summary of IACE’s activities?

    Language and Opera

    We have a program in which young children are taken backstage in theater productions. The teachers prepare them with introductory lessons, including web lessons and examining slides or other cultural programs related to the subject. The day of the theatrical performance, the children are required to have ample dialogues with actors, scriptwriters, singers, costume designers and historians of theater. They enter their lives and the reality they studied before. It’s the Italian art itself that speaks. 
     

    Language and Cooking

    The cooking lessons are a must. They are going well. They strike people of all ages: young children, who have crazy fun, teenagers and young adults that want to leave an impression on their partners with flavorful food, and surprisingly professionals who see cooking as a way to socialize.
     

    Language and Ferrari

    We bring the teenagers’ classes, once a year, to the Ferrari showroom. It is an explosion of creativity, amateur flair and brilliance: the children assemble their own, specific and unique Ferrari. Sure enough, they are able to modify the seats, rearview mirrors, the interior, the roof and the stereo, all based on their preferences… but with the Italian look always in mind.
     

    Language and Manners

    Even good manners have their relevance: more and more often they ask what topics to address in certain circumstances, and how to do it according to the customs and traditions of Italy. They ask this as though behaving in an Italian way is synonymous with guaranteed perfection. 
     

    So really everything passes as culture in our country – just know its value, appreciate it and encourage others… the rest comes on its own. 
     

    What is the difference between the given value of culture in Italy and here in America?

    In Italy, there isn’t an awareness of real, true and actual value. Also, here, everything is transformed into a huge economic value. 

    Us Italians, instead, have everything, which we don’t appreciate, and cannot make money from. We cannot conceive that what we have is a plus that makes us matchlessly unique.
     

     What is the ideal target of IACE?

    One ideal target does not exist. We’ve realized that over time. It’s true that there are Italian Americans that can be incentives to express the real culture by transmitting it through the language – but they’re not the only ones. 
     

    An Italian America. It seems the most obvious target…

    In reality, many learn regardless. Because of their passion for the arts, which include lyric opera, theater, music, painting and sculpture, the tradition of good food, wine and fashion. In recent times, there is a trend that encourages and truly motivates us. There are more and more people interested in Italian without necessarily having any connection with Italy, not bound by ties of blood… Many New Yorkers admire our language. Just for their pure, unique and at the same time immense pleasure to better themselves and develop the true sense of Italian that is synonymous with the culture and history of excellence…. All this, of course, makes us even prouder. We feel as if we have a very important mission to accomplish: to be the flag bearers of Italy, sometimes badly treated at home but so much appreciated here.
     

    A well-known Italian politician once said, “We cannot live on culture.” What is your opinion? How important is it to Italian-American society to preserve and encourage culture and language? Is it a growing  ‘investment’?

    Of course we can. We can certainly live off of our culture, when you’re in a country like ours you surely can! Language and culture are really on the same side because our language is derived from our history and our culture is tied into that. 

    And they can save us, renew us and make us stand out at the maximum levels: we are the Cradle of History, everything originated from us, from ancient Rome, from the Medici to medieval times and the Renaissance, Leonardo, Michelangelo, Donatello and the same with Columbus. 

    Not a month passes here in New York without at least one of the above-mentioned personalities being celebrated, and the list is endless. While everyone around us is aware of how rich we are in artistic culture and from an economic point of view, we are the only ones still to fully appreciate and promote our Country. What are we waiting for?
     

    What about the Italian language in the curriculum for public schools? At what levels can it be learned?

    The schools that request IACE for funding are always in the basin of New York, New Jersey and Connecticut. Overall, with the support of MAE, Ministry of Foreign Affairs and Ministry of Education, we finance the start-up and management of 40,000 courses each year. It is quite a challenge, I must say. 
     

    Uncertainty for the future, cuts, jobs being lost and recession are all effects of an economic crisis that bites more than ever… The language courses change accordingly becoming more affordable. How do you manage to maintain the highest quality standard of excellence during this critical time?

    Here you tend to get ideas, react, find strategies that push you to perform.

    We don’t have another solution, certainly a magic wand would help but we don’t have one. If there is no work, obviously a strong link in the chain goes missing, it’s hopelessly lost. 

    But we strongly believe that we must know how to re-invent ourselves, in order to be able to attend everyone’s needs, with dynamic initiatives and focused insight. 

  • Arte e Cultura

    L'insegnamento delle lingue come in un carosello

    Lingue e gioco, lingue e divertimento, lingue e cultura...

    Lingue e vita!

    Sono davvero questi i must elaborati nei tanti anni , 14 per la precisione, di insegnamento de il Carousel of Languages scuola di lingua in cui il file roudge degli obiettivi è instillare nei bambini desideri, strumenti e libertà di abbracciare cultura & lingua, considerati come binomio perfetto di ricchezza interiore...

    Il Carousel of Languages nasce dal sogno -concretizzato- di un programma post school della direttrice, Patrizia Saraceni Coleman, in lingue straniere rispetto all'inglese.

    Patrizia Saraceni,  figlia di genitori italiani, è ha studiato sia negli Stati Uniti che in Italia. Questo le ha consentito di apprezzare l'immenso valore sul fronte personale e professionale di possedere la conoscenza di due lingue.

    Come madre poi ha desiderato che suo figlio comprendesse, assorbisse e facesse proprio il patrimonio d'inestimabile valore della lingua italiana. 

    Questo la porta a comprendere meglio l'esigenza dei genitori dei piccoli iscritti ai suoi corsi per tramandare l'insegnamento delle lingue alla generazione futura, quella dei propri figli...

    Il resto è venuto quasi da sé: quello che era iniziato come corso italiano per i più piccoli è sbocciato, grazie alla sua professionalità e creatività , nel Carousel of Languages, fornendo ai bambini una vasta scelta di lingue straniere.  Ben sette lingue: Italiano, Russo, Francese, Mandarino, Turco Spagnolo, Cinese.

    Da favola in realtà...

    Attraverso la collaborazione con specialisti della prima infanzia, insegnanti di lingua straniera e genitori, Patrizia ha tratto spunti,  ispirazione e tecniche per creare un modus operandi all'insegna di un  insegnamento coinvolgente, incorniciato in incantevoli ambienti di apprendimento, elaborato attraverso materiali didattici ad hoc...

    La mission della scuola.]


    Tutto nelle stanze del Carousel è a dimensione bimbo, non ci sono differenze con il mondo dei grandi, i più piccoli sperimentano tutto dal vivo e così comprendono davvero e ricordano ciò cui hanno dato vita...

    In pieno stile montessoriano e riprendendo studi italiani, emiliani in particolare.

    La metodologia sia avvale di molti aspetti.

    ​Arricchire la mente e lo spirito dei bambini attraverso la scoperta della lingua straniera in cui sono coinvolti e guidati lungo il sentiero della conoscenza della lingua sono i fire point della Scuola che con il supporto di madrelingua e l'utilizzo di  materiali personalizzati  per ampliare la consapevolezza inguistica attraverso l'esposizione anticipata fanno il resto, consentendo un apprendimento il più vicino possibile ai momenti nebula così  cari alla pedagogia montessoriana, nei quali l'infante è più sensibile e recettivo agli stimoli cui è sottoposto.

    Parte attiva del metodo è certo il coinvolgimento familiare...

    Fondamentale è il legame famiglia bambino: al Carousel si crea un ponte capace di collegare le famiglie al loro patrimonio attraverso l'esplorazione linguistica e culturale...

    L'esperienza di ogni bambino è su misura per il suo stile di apprendimento individuale: le classi sono piccole per consentire la piena partecipazione di ogni studente.

    Nello specifico l'approccio-metodologico del Carousel si basa sull'associazione verbale, visivo e tattile, permettendo ai bambini di imparare su più livelli attraverso una full immersion di corsi di lingua che si svolgono in un modus operandi caldo e accogliente, pensato per l'apprendimento personalizzato e interattivo per sviluppare senza limiti ogni argomento...

    Una lezione tipo.

    Davvero tante le sfumature che si evincono dalle lezioni del Carousel... 

    E ce ne sono per tutte le età...

    Neonati e Bambini pensano e imparano attraverso i sensi e la manipolazione di oggetti del mondo che li circonda. In questa fase, gli insegnanti italiani incoraggiare i bambini a manipolare oggetti di scena fisici durante l'ascolto e assorbire nuovi vocaboli. 

    Ecco che si ascoltano canzoni tradizionali italiane con ausili visivi personalizzati e oggetti di scena, il movimento e giochi con le dita. I bambini sono impegnati in progetti d'arte, in girotondi e tantissimi giochi  a tema...

    In età pre-scolare i bambini sviluppano la memoria e sull'uso di simboli includendo conversazione di base, musica e movimento, narrazione interattiva, il gioco drammatico, e giochi per afferrare e trattenere nuovi vocaboli in cui i bimbi si immergono in una stimolante esperienza multisensoriale.

    I più grandi alle elementari si organizzano lezioni in cui le informazioni sono più logiche e sistematiche, più complesse per testare nuove idee: conversazione, il gioco drammatico, attività di pensiero ricreativo, animano queste classi dei più grandicelli...

    Mentre per gli upper elementary c'è anche la possibilità di spaziare su ampi concetti circa l'Italia come un paese e la cultura italiana.

    Tutte le lezioni terminano con un progetto d'arte in parte per far scaricare i piccoli dall'oretta di lingua straniera, in parte per consolidare i temi  imparati poc'anzi...
     

    I viaggi, imparare in movimento...

    Punto di forza della scuola anche i numerosi viaggi escursioni che si svolgono alla fine di ogni anno a giugno in riferimento alla linguia appresa: Venezia, Parigi, Cina, Barcellona perche' la Cultura a 360 gradi per esser apprezzata davvero è necessario che sia toccata con mano... 


    La direttrice del Carousel of Languages ha gentilmente concesso un intervista ad i-Italy conducendoci nei labirinti infantili d'apprendimento delle lingue...


    Russo, Mandarino, Francese, Italiano... Da cosa nasce la scommessa plurilingue del Carousel of languages?


    Carousel of Languages inizia come italiano per ragazzi nel 2000. Desideravo che mio figlio conoscesse la sua cultura e parlasse la luigua italiana, retaggio importantissimo della mia famiglia: i miei genitori sono infatti originari dell' Italia dove io stessa crebbi, trascorrendo molta parte della mia infanzia. 

    La mia parte italiana me la sono sentita a pelle prima del Carousel, lavorando per varie case e brand di Italian companies nel fashion industry...

    New York City  è una community e il Carousel risponde alle numerose richieste delle famigli fronteggiando il bisogno di imparare nuove lingue per aprire orizzonti culturali, spalancare porte del sapere, conoscere realta' diverse dalla propria.

    Le lingue che hai citato ormai fanno parte della domanda del mercato della cultura e lingua newyorkese, noi del Carousel ci sforziamo di selezionare personale insegnante con curriculum ben strutturati e specializzati sull'insegnamneto mirato espressamente ai bambini, forte di tecniche calzanti sull'Universo dei più piccoli, dove tutto è alla loro portata e misura...  


    La vostra scuola ha un target d'eccellenza: è popolata esclusivamente di piccini... Può spiegare il perchè di questa scelta?

    I bambini sono dei geni nati e sono davvero in grado di rispondere ed elaborare un numero enorme di linguaggi diversi, studi sullo sviluppo del cervello indicano che l'esposizione precoce alla più lingue costruisce la più potente arma per giocare d'anticipo nell'apprendimento, lo strumento che si ha per indirizzarli lungo la retta via, quella delll'indirizzarli nell'apprezzamento delle lingue...



    La letteratura dell'insegnamento delle lingue è densa di linee di pensiero, stili d'approccio e metodi diversi. 

    Cosa c'è alla base dei vostre lezioni? A quali studi vi ispirate?


    Dopo molti anni di lavoro con educatori, linguisti e bambini, abbiamo sviluppato il sistema di insegnamento Carousel, che segue la nostra metodologia di associazione verbale, visivo e tattile. 

    Il curriculum è basato su standard infanzia e temi specifici quali i colori, gli animali, il tempo, i cibi... 

    Gli insegnanti sono formati e seguire la nostra metodologia. Noi non siamo un programma completo giornaliero, ma un doposcuola dove infatti i bambini vengono per un'ora alla settimana e abbiamo bisogno di massimizzare l'effetto di ogni classe. 


    Quale è il vostro target-standard? Ne avete uno, il classico con bambini italo-american origin oppure ormai la realtà glottodidattica di imparare le lingue interessa a molti?


    Si rivolgono un bacino eneorme di utenza: insegnamo ai neonati, bambini piccoli e coloro che iniziano le elementary. 

    La metà delle nostre famiglie iscrivorno i loro figli al Carousel in relazione alle loro origini, l'altra metà in riferimento al profondo impatto intellettuale che ha in se l'esporre i loro figli alle lingue straniere...


    Il Carousel of languages è rinomato non solo pe l'insegnamento ma anche per la serie infinita di iniziative extra-scolastiche... Per suscitare l'amore per le lingue, che genere di attività da cornice svolgete nella scuola? 


    Da oltre 12 anni abbiamo realizzato quelle che chiamiamo vere e proprie avventure linguistiche e culturali all'estero per le nostre famiglie. Il Carosello-Famiglia infatti consiste in un programma di viaggio in cui gli insegnanti insieme ai membri delle famiglie si recano inviaggio insieme: ecco il matrimonio perfetto tra mamma, papà, figli dunque un momento da condividere insieme di intimità famigliare da una parte e professionalità con gli insegnanti dall'altra... Momenti davvero unici di grande intensità a livello emotivo,  forgiati d'impatto di apprendimento ma densi davvero di apertura circa lingua e cultura 

    Sappiamo già che per il 2015 i nostri bimbi andranno in Cina, a Venezia, Parigi e Barcellona.


    Aspetti ed elementi, must imprescindibili dell'insegnamento dell'Italiano qui a New York ed, al contrario, ambiti da non toccare...

    Aspetti da incentivare sono la rivalutazione massima delle proprie radici, solo così si comprende appieno chi siamo e, senza dubbio, il rispetto delle differenze tra soggetti per incentivare il comprendersi a vicenda...

    Il tutto passa naturalmente con il coltivare relazioni profonde con le famiglie dei piccoli...


    Nel management di una scuola che fa dell'italiano il suo fiore all'occhiello, certamente sarà partita dalla visione scolastica e dei doposcuola del Belpaese... 

    Può tracciare le principali somiglianze e differenze tra l'insegnamento dell'italiano in Italia e nel contesto statunitense?

    Qui i bambini hanno una scelta enorme a disposizione per imparare, una varietà infinita di "materie" e prospettive per perfezionare la propria cultura: musica, arte, teatro, ceramica, lingue appunto... penso che la scelta sia più vasta


    Incertezze sul futuro, tagli e perdite del lavoro, recessione: sono gli effetti della crisi economica che nel 2014 morde più che mai... 

    Il mondo dell'insegnamento d'altro rango come reagisce? Non ne soffre vista il target,“nicchia” di clientela cui è costituita... Come riesce  a mantenere standard massimi di qualità d'eccellenza rivolta a pochi “eletti”, fronteggiando comunque il periodo critico?

    La crisi del 2008 ha certamente interessato molti target, ma il nostro è stato davvero appena sfiorato... Il Carousel nasce come doposcuola dunque una realtà già di per sé di nicchia, esclusiva per realtà economicamente ben consolidate... 

    Dunque abbiamo sostanzialmente mantenuto a bambini che avevamo ed anzi, se possibile, ancor più ampliato il nostro bacino d'utenza perchè di cultura qui a Manhattan soprattutto per i più piccolini se ne ha sempre "fame": i genitori non andranno mai a tagliare su cultura e lingua binomi per loro davvero fonte di arricchimento personale, risorsa infinita di prospettive per il futuro ed, in ultima istanza, un incestimento certo di riuscita in ambiti professionali e lavorativi...

    E' una Comunità globale che guarda in maniera mirata e oculata... Non hanno bisogno di risparmiare e seppur fosse non certo sulla Cultura, quella sempre ai massimi livelli!


    Qual'è il valore aggiunto, il plus impareggiabile di imparare una seconda lingua nell'età tenera dell'infanzia?

    Potrei risponderti in almeno mille modi diversi...

    Ricerche più che attendibili dimostrano che prima dei 5 anni i bambini apprendono grazie a riflessi neurologici specifici di più, meglio e con maggior facilità.

    E' un insegnamento basato esclusivamente sul gioco, dunque nulla di pesante, noioso e monotono: tutto viene associato a leggerezza, sorrisi e risate... ma rimane nella mente dei piccoli ben fermo!

    Si gioca d'anticipo! Cosa c'è  di meglio in un mondo che procede correndo? prima si impara prima si sperimenta dal vivo usi, contatti e comunicazioni della lingua stessa...

    Usi e costumi, Valori, Italian think-tank, apertura al prossimo... Cosa cerca di far comprendere e fluire, di trasmettere con le sue lezioni ai bimbi che frequentano il Carousel of Languages sull'Italiano?


    I nostri insegnanti madrelingua sono ambasciatori della comunità Globale ed internazionale, insegnare per noi è quasi una Mission...

    La nostra più grande soddisfazione è vedere l'entusiasmo di uno studente e l'impegno in classe trasformarsi in apprezzamento profondo e permanente di lingua e cultura.

    Il mio mantra maggiore? Lavorare per ampliare gli orizzonti dei nostri figli nella diversità che li circondano.

  • Arte e Cultura

    Lingua Italiana a New York? Missione possible. Parola di Ilaria Costa

     Il panorama dell'attuale cultura italiana a Manhattan ci spinge ad interrogarci su quali siano le tendenze, i motivi, le ragioni che oggi spingono molti newyorkesi a imparare, apprezzare e divenire seri estimatori della lingua italiana. 

    Ilaria Costa, direttrice esecutiva dello Iace (Italian American Committee on  Education) ente gestore per l'insegnamento della lingua italiana nel TriState, ci ha dato gentilmente alcune delucidazioni al riguardo, scoperchiando  un vaso di Pandora sull'Universo educazione-lingua-cultura...  

    Quale è lo stato dell'arte della cultura e dello studio della lingua italiana a New York?

    Allo Iace lavoriamo non solo per lo Stato  di New York ma anche del New Jersey e Connecticut. Dunque abbiamo un discreto polso e possiamo spaziare ed considerare un panorama molto vasto di realtà legate all’insegnamento e la cultura italiana.

    Al livello di scuola materna e fino al liceo si riscontra una richiesta di aumento di contributi. Purtroppo ci sono sempre tagli alla ricerca e noi dello Iace cerchiamo di tamponare la situazione.  E' chiaro che spesso questi tagli sono ingiustificati, negativi e dediti all’impoverimento intellettuale…

    L’Italia invece è vista come meta dove migliorare, approfondire i propri studi e molti americani sono colpiti da un’amore folle per il Belpaese… dove imperano quelle che chiamo le tre F, Fashion, Food, Ferrari…

    Lingua, teatro, musica, arte, cucina. Cosa intendiamo oggi per Cultura Italiana negli States?

    Tutto a 360° e molto altro ancora… Ma la cultura è lingua, prima di tutto: senza di essa non ci si potrebbe esprimere e rendere emozioni, stati d’animo, pensieri e passioni… è focale per l’identificazione con la propria persona e la condivisione...

    E la lingua deve esser promossa e veicolata attraverso il pullulare di attività come appunto la musica e il teatro, l’Opera e la lirica, la nostra pietra miliare, la cucina con lezioni partecipate, il cinema e i 'reading circle' per ricordare il nostro passato glorioso, e poi ci sono gli showroom come quello della  Ferrari per esempio ...

    Tali attività sono propedeutiche allo studio e stimolo, incentivo, sprint d’immersione nell’italianità appunto…

    Facciamo insieme una sintesi di queste attività con lo IACE?

    Lingua e opera

    Abbiamo un programma in cui i bambini vengono accompagnati dietro le quinte dei teatri. Gli insegnanti li preparano con lezioni introduttive, incursioni dal web e visioni di slide o programmi culturali a tema. Il giorno della rappresentazione teatrale ai bambini è permesso un ampio dialogo con attori, sceneggiatori, cantanti, costumisti, storici del teatro… Entrano così nel vivo, nella realtà che hanno prima studiato,  sperimentato.  E' l’arte italiana che parla...
     

    Lingua e cucina

    Le lezioni di cucina sono un must... Vanno bene e colpiscono a tutte le età: dai bambini, che si divertono da impazzire, ad dolescenti e giovani che vogliono far colpo sui partner con il cibo di gusto, ai professionisti insospettabili che vedono nella cucina un via per socializzare...

    Lingua e Ferrari

    Portiamo le classi di adolescenti, una volta all’anno, allo showroom della Ferrari. E lì è un tripudio di creatività, amatorialità ed ingegno: i ragazzi costruiscono una loro propria, specifica e unica Ferrari. Possono infatti cambiare sedili, specchietti, modificare gli interni il tettuccio, l stereo… appunto tutto in base ai proprie preferenze… ma strizzando l’occhio all’italianità.

    Lingua e galateo

    Ebbene anche le buone maniere vogliono la loro parte si direbbe: sempre più spesso ci si chiede di come ci si deve comportare, quali sono gli argomenti da affrontare in determinate circostanze, come farlo secondo usi e costumi del Belpaese.  Come se comportarsi secondo un italianità fosse sinonimo di garanzia, ufficialità di perfezione…

    Insomma davvero tutto passa per Cultura del nostro Paese, basta saperlo valorizzare, apprezzare ed incentivare… il resto vien da sé!

    Quale è la differenza  tra il valore dato alla  cultura in Italia e qui in America?


    In Italia non c’è consapevolezza reale vera ed effettiva del valore. Qui tutto, anche il nulla viene trasformato in qualcosa di enorme valore economico.

    Noi italiani che invece di qualcosa abbiamo tutto, non apprezziamo, e soprattutto non riusciamo a far fruttare. Non concepiamo appunto affatto che sia un plus che ci rende, unici,
    impareggiabili...

    Quale è il  target ideale  dello IACE?  Un target ideale in realtà non esiste. Ce ne siamo resi conto nel tempo. Certo magari gli italo americani possono essere incentivati a far fluire la propria cultura trasmettendola attraverso la  lingua. Ma non solo loro.


    L'America italiana. Sembrerebbe il target più scontato…

    In realtà molti imparano a prescindere.  Per passione legata all’arte, in cui fervono opera lirica, teatro, musica, pittura e scultura, alla tradizione legata alla buona tavola, food and wine, e anche il fashion muove molto…

    E negli ultimi tempi c'è  una tendenza davvero molto incoraggiante che ci sprona e motiva.  Sono sempre di più coloro interessati all’italiano senza aver necessariamente origini nel Belpaese, svincolati da legami di sangue…

    Molti newyorkesi apprezzano la nostra lingua. Solo per il puro, unico e allo stesso tempo immenso, piacere di crescere interiormente e di arricchire la propria sensibilità con l'italiano che è essa stessa sinonimo di cultura e storia per eccellenza…

    Tutto questo ci inorgogliosisce ancora di più. Sembra davvero di esser investiti di una missione importante… Esser Portabandiera della nostra a volte in Patria bistrattata, ma qui apprezzatissima Italia...

    Di cultura non si vive ha detto qualche tempo fa un noto politico italiano…

    Il tuo parere? Quanto è importante per la realtà Italo americana conservare, preservare ed incentivare cultura e lingua? E’ un “investimento” in crescita?No comment secco. Ci si stravive eccome, quando si è un Paese come il nostro di sicuro ci si stravive! Lingua e cultura sono legate a doppio filo lun l’altra, perchè una appartiene e si nutre si infarcisce, si permea dell’altra…

    E possono salvarci, rinnovarci, farci svettare ai massimi livelli: siamo stati la Culla della Storia, tutto è partito da noi, dagli antichi Romani, ai Medici a cavallo tra medioevo e Rinascimento, Leonardo, Michelangelo, Donatello, lo stesso Colombo…

    Non passa mese che qui a New York non si celebri a rotazione almeno una delle figure citate e l’elenco è incalcolabile... Dunque se dappertutto si sono resi conto di quanto valiamo sia in termini di cultura artistica che economica… Manchiamo solo noi per rivalutare degnamente il nostro Paese... Cosa aspettiamo a farlo?  

    Come si inserisce la lingua italiana nel panorama dell’insegnamento delle scuole pubbliche? A che livelli viene imparata?

    Le scuole che  fanno richiesta allo Iace per avere finanziamenti sono sempre nel bacino di New York, New Jersey e Connecticut. Nel complesso finanziamo con intrecci del Mae, Ministero per gli Affari Esteri e il Miur, Ministero per L’istruizione, l’avvio, il supporto e la gestione di ben 40.000 corsi ogni anno… Una bella sfida devo dire.

    Incertezze sul futuro, tagli e perdite del lavoro, recessione: sono gli effetti della crisi economica che morde più che mai…

    Così anche i corsi di lingua si "attrezzano" facendosi «a misura» di tasca...

    Come si  riesce  a mantenere standard massimi di qualità d'eccellenza fronteggiando comunque un periodo critico?


    Qui si è portati a farsi venire idee, a più non posso, spunti a non finire, strategie che spronano, motivano e spingono appunto a reagire…

    Non conosciamo altra soluzione, certo la bacchetta magica anticrisi non l’abbiamo, se il lavoro non c'è  ovvio che c’è un anello forte della catena che va a mancare, a perdersi irrimediabilmente…

    Eppure crediamo fermamente che è importante sempre sapersi re-inventare, accostandosi ad una ottica di assistenza e risposta ai bisogni di ognuno, con maggior intraprendenza di iniziative ed autonomia propria di insight mirato.

  • Arte e Cultura

    Giulio Gatti Casazza e la Golden Age del Metropolitan Opera

    Di Italianità non se ne ha mai abbastanza ed in questo mese dedicato alla cultura italiana negli States il fiorir di personaggi, protagonisti autentici anime della Cultura mondiale si avverte davvero a pelle...

    Un pomeriggio dedicato a Giulio Gatti Casazza certo basta appena ad accennare alla grandezza del Genio che ha incarnato questo grande direttore italiano di teatro in grado di conquistare le vette mondiali, arrivando a capo del Metropolitan opera house di Manhattan nel 1907...
     

    Ci lasciamo davvero ammaliare dalla figura del secolo scorso, ma davvero sembre attuale che incarna tenacia, costanza e dedizione totale al Teatro del Gatta Casazza introdotta niente poco di meno che dall'attuale General Manager Peter Galb e Alberto Triola, direttore generale del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino.
     
    Le lectures iniziano con la biografia del grande protagonista...

    Nato a Udine il 3 febbraio del 1869 da Stefano e da Ernestina Casazza, ereditò dal padre, direttore del teatro Comunale di Ferrara, il grande interesse per il teatro d'opera che segnò la sua vita, inizialmente dedicata a studi di carattere tecnico. Nel 1878 Gatti frequentò infatti il Collegio nazionale di Milano e quindi si trasferì al Collegio Arnaldi di Genova, per poi passare all'Accademia navale di Livorno, dove studiò per tre anni.

    Abbandonato il proposito di intraprendere una carriera militare, si iscrisse alla facoltà matematica dell'Università di Ferrara e quindi alla Regia Scuola superiore navale di Genova, dove si laureò in ingegneria navale nel maggio del 1891. Quando nell'autunno del 1893 il padre venne rieletto deputato al Parlamento e lasciò la direzione del teatro Comunale, il sindaco di Ferrara offrì il posto vacante al Gatti che, sebbene con qualche timore, accettò. 

    Rimase alla direzione del Comunale per cinque anni.

    Dagli studi alla professione di direttore tecnico le lectures tratte dal libro si infarciscono di fascino tardo ottocentesco...

    La prima stagione si aprì positivamente, con due novità per Ferrara quali Manon Lescaut di Puccini e Wally di Catalani: il successo infuse coraggio ed entusiasmo al giovane Gatti che si adoperò con impegno per migliorare le successive stagioni e portare all'attenzione del pubblico ferrarese capolavori come Carmen di Bizet e Lohengrin di Wagner, oltre a nuove produzioni italiane. In questi anni consolidò la sua amicizia con Toscanini, conosciuto a Genova nel 1890: i genitori dei due, entrambi garibaldini, erano stati compagni d'arme.

    Nel giugno del 1898 la neonata Società anonima per l'esercizio del teatro alla Scala, presieduta dal duca Visconti di Modrone, decise di rivolgersi al Gatti Casazza. per un rilancio del teatro, in forte crisi finanziaria tanto da saltare la stagione 1897-98. 

    Il Gatti venne chiamato a occupare un ruolo quasi inedito per il mondo operistico italiano, quello di direttore generale amministrativo e artistico. Attraverso il suo operato l'importanza dell'impresario d'opera, già in declino, diminuì notevolmente a favore di una figura più completa e manageriale, molto vicina a quella del sovrintendente odierno. 

    Insieme con il Gatti venne chiamato a Milano come direttore stabile e responsabile artistico Toscanini: i due, con la collaborazione di Boito, prepararono una ricca stagione che si aprì il 26 dicembre con I maestri cantori di Norimberga di Wagner. L'opera, eseguita in versione integrale, venne accolta con discreto successo. La stagione proseguì con Iris di Mascagni, appena composta, Falstaff di Verdi,Il re di Lahore di J. Massenet, Gli ugonotti di Mayerbeer e Guglielmo Tell di Rossini.

    Il Gatti, in poco tempo e con notevole abilità, riorganizzò il teatro in tutti i suoi settori; insieme con Toscanini si adoperò per adeguare il teatro al livello europeo: vennero aboliti i tagli nelle opere, si introdusse il buio in sala e il sipario-tendone, alle signore in platea si vietò di tenere il cappello in testa e, con alterne fortune, si tentò di sopprimere la pratica del bis all'interno dell'opera, cosa che procurò non pochi problemi al celebre direttore d'orchestra.

    Le lectures approfondiscono il periodo milanese del Nostro...

    Giulio Gatti Casazza rimase alla direzione della Scala per ben dieci anni, durante i quali il teatro riacquistò quello splendore che alla fine del secolo sembrava essersi appannato. Durante la sua permanenza si esibirono nel teatro milanese i maggiori interpreti del tempo: Caruso esordì alla Scala nel dicembre del 1900 cantando la Bohème di Puccini, il basso russo Chaliapin si esibì per la prima volta fuori dal suo paese interpretando con straordinario esito il Mefistofele di Boito nel 1901, mentre il giovane baritono Ruffo, scritturato per la stagione 1903-04, colse i primi successi di rilievo proprio alla Scala. Oltre a Toscanini, altri direttori collaborarono con il Casazza: Campanini, Mugnone e il promettente Serafin. Tra le prime assolute del periodo sono da menzionare Le maschere di Mascagni (17 genn. 1901) e Madama Butterfly di Puccini (17 febbr. 1904), mentre in prima italiana furono allestite, tra le altre, Eugenio Onieghin di P.I. Čajkovskij, prima opera russa a varcare i confini italiani, e Pelléas et Mélisande di C. Debussy.

    In mezzo al fiorire di tante attività le lectures scandiscono ora il periodo newyorkese del talento nostrano...
     

    Nel 1907, tramite i buoni uffici di E. San Martino di Valperga, presidente dell'Accademia di S. Cecilia, il Gatti venne contattato dagli amministratori del Metropolitan theater di New York che, per risolvere problemi di bilancio e di immagine, compromessa dalla rivalità con il Manhattan opera house dell'impresario Hammerstein, volevano affidarsi a una persona competente e risoluta. Il Gatti si incontrò a Parigi con Otto H. Khan, presidente del consiglio di amministrazione del teatro statunitense, e accettò l'incarico, facendo in modo di essere affiancato da Toscanini, più volte "corteggiato" dal Metropolitan. 

    La decisione di lasciare la Scala venne accolta non senza polemiche in Italia, rese più aspre dal fatto che insieme con lui sarebbe andato via anche Toscanini.

    Nelle lectures traspare la nuova vita oltreoceano di Casazza...


    Gatti Casazza partì allora da Milano alla volta di New York nell'aprile del 1908. Dopo i primi due anni, nei quali divise la direzione del teatro, e non senza attriti, con il precedente amministratore Dippel, Casazza grazie alla sua intraprendenza e al suo pragmatismo, divenne direttore unico; riuscì a far quadrare i bilanci precedentemente in netto passivo e acquistò un ruolo fondamentale nella vita del Metropolitan opera house, tanto da rimanere in carica sino al 1935.

    Furono questi gli anni d'oro del teatro newyorkese, che vide le sue scene calcate dai maggiori cantanti dell'epoca tra gli altri Caruso, Farrar, Ponselle, Tibbett, Chaliapin, Bori, Scotti, Alda, Destinn, Maurel e presentando prime esecuzioni di grande importanza come quelle de La fanciulla del West (1910) e Il trittico (1918) di Puccini, di Königskinder (1910) di Humperdinck, di Madame Sans-Gêne (1915) di Giordano, di Goyescas (1915) di E. Granados. 

    Negli anni della direzione di Giulio Gatti Casazza furono messe in scena oltre centosettanta opere e divenne comune la pratica di eseguirle in lingua originale...

    L'opera italiana svolse un ruolo dominante nei repertori del Metropolitan, ma il Gatti si premurò anche di dare impulso alle opere statunitensi. La prima opera americana a essere prodotta dal Metropolitan fu Pipes of desire (1910) di Converse; seguirono Mona (1912) di Parker e Cyrano de Bergerac (1913) di Damrosch. Nel 1910 il Gatti riuscì anche a portare in tournée a Parigi l'intera compagnia del Metropolitan, comprese le scene e i costumi, dove vennero rappresentate, al théâtre du Châtelet, opere italiane quali Aida, Otello, Falstaff di Verdi, Cavalleria rusticana di Mascagni e, in prima francese, Manon Lescaut di Puccini, diretta da Toscanini e con un cast d'eccezione che comprendeva tra gli altri Destinn e Caruso.

    Nell'aprile del 1910 il Gatti aveva sposato la soprano neozelandese Frances Alda, dalla quale divorziò nel 1928. Nel 1930 si unì in seconde nozze con la maestra di ballo del Metropolitan Rosina Galli. Nel 1935 decise di ritirarsi a vita privata e fece ritorno definitivamente in Italia.

    Morì a Ferrara il 2 sett. 1940. Il suo libro Memories of the opera fu pubblicato postumo a New York nel 1941.

  • Arte e Cultura

    Dario Di Vietri… L'amore per la lirica smuove le montagne

    Sabato 27 Settembre al John Bowne High School Auditorium a Flushing NY si potra' apprezzare la voce, il talento, la possenza di un giovane tenore pugliese che ha all'attivo gia' partecipazioni importanti nell'arena di Verona...
     

    Applausi  per il da poco trentenne tenore Dario Di Vietri che, dopo l'infortunio al ginocchio del celebre tenore Carlo Ventre del 30 luglio scorso, è intervenuto dal 2 atto di Turandot nel ruolo protagonista di Calaf, ed è stato riconfermato dalla Fondazione Arena di Verona nello stesso ruolo più volte, suscitando consensi.

    Partono da qui numerosi altri progetti per i quali il suo manager ed il suo staff stanno lavorando. E tra questi non può mancare New York.

    Il riadattamento di Zeffirelli per la “sua” Turandot è un tripudio che sprigiona energia e che regala momenti lirici palpitanti che si alternano a momenti scattanti e pieni di luminosità.

    Il tutto si correla con la impegno, dedizione e indole dei cantanti ed il gran lavoro dell'orchestra, completa il mix di eccellenza veramente motivata…

    Tutto questo e molto di piu’ trapela dall’esibizione e fa ben comprendere come il perchè il pubblico si è scatenato in autentiche ovazione...

    L'allestimento della Turandot di Franco Zeffirelli del capolavoro pucciniano è veramente avvincente.

    Dominato da ombre lunari che vengono infrante, nel II atto si apre la reggia che mostra tutto il suo splendore conquistando un applauso spontaneo del pubblico, il cui sguardo viene irradiato dalla luce degli ori e dei colori vivaci.

    E l'attenzione prevale verso la recitazione dei solisti... Significativo il gesto di Liù che sfiora la mano della principessa di gelo prima di cantare "Tu che di gel sei cinta....".

    Già in quel momento si deve percepire che Turandot sta scendendo sulla terra, commuovendosi per quella creatura il cui amore supera ogni ostacolo.

    Caso raro quello di Dario Di Vietri, scritturato per il ruolo del principe di Persia, ricoperto in questa recita dal veterano dell'arena Carlo Bosi, e assurto al ruolo di Calaf dopo l'infortunio del previsto Carlo Ventre.

    Il giovane tenore ha dimostrato di avere nervi saldissimi ed è uscito dalla ardua prova a testa alta.

    Un artista in continua evoluzione e crescita vocalmente parlando, sfoggia timbro di grande bellezza e soprattutto un grande squillo in acuto. L'aria più attesa, il "Nessun dorma", ha convinto pienamente il pubblico che ha dedicato al tenore un lunghissimo applauso e numerose richieste di bis.

    Gli abbiamo posto alcune domande.

    Impegno, dedizione, lavoro costanti...  c'e questo e molto di piu' dietro le tue personali interpretazioni...

    C'è tanta rielaborazione personale e passione per quello che faccio. 

    Cosa significa essere un tenore che appena trentenne gia' lavora con mostri sacri come Zeffirelli, interpreta arie rinomatissime e si esibisce all'arena di Verona?

    Significa realizzare il sogno di una carriera. Un cantante quando inizia il proprio percorso di studio sogna di raggiungere le vette più alte, c'è chi riesce chi no, il mio è stato un primo tassello della carriera che mi auguro di consolidare e ce la metterò tutta affinché sia così, non dimenticandomi da dove sono partito. Mi piace pensare di volare rimanendo con i piedi per terra. 

    La tua aria preferita, quella che ti riesce meglio, in maniera quasi spontanea e quella che per un motivo particolare in ami troppo...
     

    Nessun Dorma - perché termina con VINCERO', una sfida, un raggiungimento di una meta importante, un'aria di un personaggio molto testardo e determinato proprio come me.

    In cosa ti  cimenti qui a New York? Qualche anticipazione...
     

    In tre arie, due di Verdi e una di Puccini, amo Puccini ma voglio esprimermi al meglio anche su Verdi, simbolo della nostra cultura e incitazione alla libertà, in un periodo difficile per la nostra nazione, Verdi rappresenta l'orgoglio italiano che mi auguro torni a riemergere.

    C'e' ancora aria di crisi che purtroppo non si placherà facilmente... il mondo della lirica, soprattutto quello dei giovani, ha avvertito tutto questo? In che modo reagisce? Con "la cultura non si mangia" come ebbe a dire un noto politico italiano qualche tempo fa? 

    In Italia la reazione non sta avvenendo, siamo nel pieno della crisi,ogni passo avanti viene poi arrestato, cresce però l'orgoglio nazionale, la volontà e la determinazione di noi giovani di voler riprendere quanto ci è stato tolto.

    Un giovane passa delle gravi ingiustizie prima di ricevere quanto merita e a volte non riuscirà mai, i teatri in Italia chiudono e se non chiudono non pagano soprattutto a noi giovani, tuttavia continuano a fare spettacoli. Noi giovani amiamo l'Italia, la nostra cultura, la musica, la nostra professione, soltanto quest'amore ci spinge a superare queste difficoltà con energia e positività.

    L'amore smuove le montagne. 

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