Articles by: Antonio Bini

  • Il dipinto di J. Wilhjelm – riprodotto nella cartolina - che riprende K. Zahrtmann mentre dipinge a Civita
    Arte e Cultura

    L'Italia non dimentica Kristian Zahrtmann

    Civita d’Antino (L’Aquila) - Cento anni fa scompariva a Copenaghen il pittore Kristian Zahrtmann (1843-1917), maestro per generazioni di pittori scandinavi, che visse una parte significativa della sua vita in Italia ed in particolare a Civita d’Antino, piccolo paese nascosto tra le montagne dell’Abruzzo aquilano. E proprio a Civita d’Antino l’artista è stato ricordato nel corso di un convegno, durante il quale è stata data diffusione gratuita di una cartolina commemorativa.

    La figura e la storia di un artista come il pittore danese Kristian Zahrtmann, sceso nella seconda metà dell’800, è assai singolare e solo negli ultimi anni sta riemergendo sia nei paesi scandinavi che in Italia, con eventi e pubblicazioni. In Svezia la storia di questa comunità di artisti è stata raccontata da Johan Werkmaster, con un racconto di viaggio dal titolo “Lärkorna i L'Aquila, Abruzzo, Italiens hjärta”, ed. Carlssons, 2015, che sembra ripercorrere l’impronta letteraria di un nuovo Grand Tour. A Pistoia deve riconoscersi il merito di aver dedicato - nel 1999 - una prima coraggiosa mostra dedicata a Kristian Zahrtmann, che pure aveva realizzato nella città toscana una sola opera, “Matrimonio pistoiese”, ispirata alla tradizione locale legata all’insediamento del nuovo vescovo.

    Dieci anni dopo, un’altra mostra – “La lunga strada dal nord” – fu allestita a Pescara, a cura della Fondazione Pescarabruzzo. Negli anni successivi è venuto sempre più ad emergere, dall’oblio seguito al catastrofico terremoto del 1915, lo speciale rapporto che l’artista stabilì con Civita d’Antino. Dopo aver fatto di Roma il terminale del suo primo soggiorno in Italia, il pittore si mosse alla conoscenza di altre località come Portofino, Pistoia, la costiera amalfitana, Sora, per poi approdare nell’estate 1883 a Civita d’Antino. Fu amore a prima vista. Stregato dalla posizione del paese, una terrazza isolata e come sospesa nella Valle Roveto, a oltre novecento metri di altezza, al centro di una corona di montagne.

    Come scrisse la storica dell’arte Hanne Honnens de Lichtnberg, che ricostruì la straordinaria esperienza della “Zahrmann Skole”, “… quel piccolo paese di montagna divenne sempre più presente, al punto che Zahrtmann lo ritenne un posto importante per lo sviluppo dell’arte danese”. Dei circa duecento allievi del maestro, provenienti dall’intera Scandinavia, almeno la metà lo seguì anche a Civita d’Antino, con soggiorni più o meno lunghi, soprattutto nel periodo estivo. Seguirono il maestro anche amici artisti come P.S. Kroyer, P. Skoovgard, e altri. Il risultato fu una imponente produzione di opere, non facile da ricostruire.

    Una selezione di queste fu addirittura esposta nella mostra “Civita d’Antino af danske kunstenere” (Civita d’Antino dei pittori danesi), che si tenne presso il Kunstforeningen di Copenaghen nella primavera del 1908. Più recentemente l’ambasciatore di Danimarca in Italia Birger Riis-Jørgensen, dopo aver visitato il paese, scrisse che “…per Zahrtmann, e i suoi tanti amici artisti nordici, Civita d’Antino ha rappresentato per molti anni un rifugio meraviglioso dove crescere artisticamente…”. Il paese, che allora contava duemila abitanti, rappresentava un luogo appartato, isolato dal mondo, raggiungibile – ancora fino agli inizi del novecento - solo attraverso una tortuosa mulattiera che saliva al paese dal fondovalle. Zahrtmann era un romantico visionario, attratto dalla luminosità dei paesaggi, dall’innato senso di ospitalità della popolazioni e dalla disponibilità di modelli.

     Per tutti era il “signor Cristiano”.

    Nel corso del convegno, tenutosi presso il Museo Antinum, l’incontro pubblico, introdotto dal saluto del vicesindaco Alessio Tomei e da Mauro Rai, presidente dell’Associazione Culturale “Il Liri”, è stato seguito dagli interventi di Marco Nocca (storico dell’arte, Accademia Belle Arti di Roma), Manfredo Ferrante (Archivio Ferrante), Antonio Bini (autore di “L’Italian dream di Kristian Zahrtmann”, ed. Menabò, 2009), Roberto Zaina (creatore del sito web www.civitadantino.com), Goffredo Palmerini (scrittore e giornalista), Sergio Bini (Università LUMSA di Roma). Paolo Accettola (Centro Studi Sorani "Vincenzo Patriarca” di Sora). Il convegno, seguito da numerose persone provenienti anche da fuori regione, è stato coordinato dalla giornalista Maria Caterina De Blasis, che ha anche dato lettura di alcuni scritti con cui Kristian Zahrtmann descrisse il suo primo soggiorno a Civita nell’estate 1883.

    E‘ stato ricordato il suo forte rapporto con Civita d’Antino, di cui fu cittadino onorario, mecenate e benefattore dei poveri del paese. Era intimamente legato al piccolo paese, tanto da voler estrosamente denominare “Casa d’Antino” la sua nuova casa a Copenhagen, fatta costruire dopo essere diventato un pittore di successo, come ricorda una targa all’esterno, ancora oggi visibile. Molte le persone presenti al convegno rimaste affascinate dalla storia di Zahrtmann, le quali si chiedevano come era stato possibile che una vicenda così significativa fosse rimasta così a lungo ignorata.

    Nell’occasione è stata presentata una cartolina commemorativa che riproduce un quadro di Johannes Wilhjelm, in cui l’artista è ripreso mentre dipinge nella affollata piazza di Civita d’Antino. Lo storico dell’arte Marco Nocca ha così commentato l’opera: "Il quadro di Wilhjelm del 1905 esprime in sintesi mirabile l'esperienza della comunità d'artisti nordici in Abruzzo.  Al centro del dipinto Zahrtmann, infaticabile caposcuola, è al lavoro al tramonto sulla piazza di Civita d'Antino, su cui si staglia l'infiammata mole del palazzo Ferrante: nel gesto di dipingere "en plein air", in piena libertà. E’ evidente la stessa ferrea volontà che aveva animato gli Impressionisti francesi, di avvicinarsi alla verità del reale senza mediazioni. Intorno al maestro, concentrato sul suo cavalletto, una comunità ammirata e incuriosita: lo circondano incalzanti i popolani, a spiare il miracolo della creazione artistica, e, a più rispettosa distanza, i colleghi nordici e i notabili del luogo. Sullo sfondo la vita del borgo che continua a scorrere, quasi incurante di ciò che accade, la natura selvaggia dell'Abruzzo: le montagne, paesaggio insolito, di cui gli artisti scandinavi hanno cercato la lingua segreta, cornice dei riti contadini della comunità, e il cielo, di un blu fresco di colore, fondale solenne della vita di tutti i giorni, nella luce dell'Italia".

    E proprio i “giorni della luce” sono stati il filo conduttore dell’importante mostra itinerante “I Italien lys” (La luce dell’Italia), che si è conclusa lo scorso giugno a Lillehammer (Norvegia). Diverse sono state le opere di Zahrtmann e di altri artisti ispirate a Civita d’Antino ed esposte nella mostra inaugurata dal presidente del parlamento norvegese, alla presenza dell’ambasciatore d’Italia Giorgio Novello. Significativo il ruolo dell’Istituto Italiano di Cultura di Oslo, diretto da Matteo Fazzi. Nei mesi precedenti era stata proposta anche in Danimarca, a Viborg e a Copenaghen. Nella capitale danese la mostra è stata inaugurata dal Ministro della Cultura, alla presenza dell’ambasciatore italiano Stefano Queirolo Palmas.

    Tornando alla cartolina commemorativa, si nota che nel retro del frontespizio è riportato uno stralcio dalla lettera datata 18 agosto 1905 in cui lo stesso Zahrtmann racconta all’amico S. Danneskiold-Samsøe la lavorazione in corso del quadro “…Wilhjelm sta disegnando un grande quadro nella piazza nella quale siedo e dipingo, circondato da molti civitani curiosi. E’ un lavoro grande ed energico, al quale sta dedicando tutta l’estate”.

    Non era infrequente per la comunità di artisti scandinavi ritrarsi vicendevolmente, forse con un pizzico di ironia, anche confusi tra la popolazione. Tra questi sarebbe stato riconosciuto l’artista norvegese Kristen Holbo. A riferirlo è una sua discendente, Anne Holbø Wendelbo, che per la prima volta ha visitato nei giorni scorsi Civita d’Antino insieme alla storica dell’arte Dyveke Bast.

    Insieme con loro ripercorro le strade deserte di Civita, attraversando Porta Flora e fiancheggiando la Pensione Cerroni - da anni chiusa - che ospitò per tanti anni Zahtrmann e la sua comunità di artisti. Sostiamo davanti al portone per poi riprendere silenziosamente il cammino, facendoci guidare dal paese immaginario che rivive ancora nelle tantissime opere che ispirate ad ogni angolo del paese, spesso circondate dai paesaggi della verdeggiante Valle Roveto, fino a raggiungere l’antico cimitero napoleonico, dove rendiamo omaggio alla tomba di Anders Trulson, il giovane pittore svedese rimasto per sempre tra queste solitarie montagne.

     

  • Fatti e Storie

    In fuga dall'Italia: la recente emigrazione dei giovani

    Sono diversi gli indicatori che fotografano il declino del nostro Paese e non solo il PIL, indice cui si guarda con maggiore frequenza. I giovani, quando riescono a trovare un’occupazione, anche se in possesso di una laurea, sono impiegati in genere come commessi, camerieri, operatori di call center, baristi, pizzaioli, parrucchieri. E’ paradossale che questo accada mentre, secondo l’OCSE, l’Italia è in fondo alle classifiche per numero di laureati.

    In un paese in flessione demografica, dove le iscrizioni universitarie tendono a diminuire, il problema non è costituito dal numero di laureati quanto da un’economia ferma, inceppata, con poche aziende operanti in settori dinamici, da insufficienti investimenti pubblici di stimolo per l’innovazione e l’internazionalizzazione, una pubblica amministrazione invecchiata e poco adeguata ai processi di modernizzazione e globalizzazione, e soprattutto affetta da diffusi livelli di corruzione che sembrano inarrestabili.

     

    E’ dello scorso mese di settembre scorso la denuncia dell’autorità anticorruzione sulle problematiche del reclutamento dei docenti universitari nel nostro Paese.

     

    Per molti giovani che non riescono a trovare lavoro o che non si accontentano di quello che offre il mercato l’unica strada percorribile sembra quella di lasciare l’Italia e partire, non più soltanto dal meridione, alla ricerca di occupazioni professionalmente coerenti con le aspettative derivanti dai percorsi formativi seguiti. La fuga dall’Italia non emerge in pieno dai dati Istat, che assumono a riferimento i soli elementi desumibili dall’iscrizione all’anagrafe degli italiani all’estero (AIRE), che riflette in modo assai parziale il preoccupante fenomeno, in quanto sono molti a registrarsi anche a distanza di anni dall’uscita dall’Italia, in attesa di una stabilizzazione del lavoro e di scelte di vita che spesso maturano nel tempo.

     

    Secondo varie stime, nel 2015 sarebbero stati oltre centomila giovani, prevalentemente laureati a lasciarsi alle spalle l’Italia, per dare una prospettiva al proprio futuro, spesso senza ritorno. Se un tempo si emigrava per sopravvivere alla miseria, oggi la necessità di lasciare alle spalle la propria terra è sempre più quella di poter realizzare obiettivi professionali ed economici non altrimenti raggiungibili nel nostro Paese.

     

    In un recente saggio di Raffaella Quieti Cartledge, presentato nella sede della Fondazione Pescarabruzzo, che ha opportunamente sostenuto la pubblicazione della ricerca, sono stati studiati 24 casi di successo di abruzzesi in ambito internazionale, tre per ciascuna delle otto aree professionali considerate: economisti (Pierluigi Ciocca, Giammarco Ottaviano, Emanuela Sciubba), ambasciatori e diplomatici (Torquato Cardilli, Andrea Della Nebbia, Domenico Vecchioni), cooperazione internazionale (Marina Catena, Carlo Miglioli, Ernesto Sirolli), scienza e ricerca (Nicola Baccile, Giusy Fiucci, Giuseppe Montano), medici (Vincenzo Berghella, Elisabetta Iammarone, Marcello Maviglia), musica e creatività (Roberto Borriello, Rita D’Arcangelo, Paolo Russo), imprenditoria e management (Roberto Lorenzini, Daniela Puglielli, Filippo Tattoni Marcozzi), banche e investimenti (Luca De Leonardis, Fabio Di Vincenzo, Lily Lapenna). I loro nomi spesso non dicono molto al grande pubblico ma sono ben noti nelle rispettive aree professionali.

     

    Il saggio, dal titolo “Eccellenze abruzzesi nel mondo”, pubblicato da Ianieri, è forse la prima ricerca che guarda all’Italia e all’Abruzzo dall’estero, essendo l’autrice una giornalista residente a Londra. E’ evidente che l’orizzonte di brillanti carriere è decisamente più vasto e forse impossibile da censire sugli scenari internazionali, ma il campione studiato è senz’altro rappresentativo del fenomeno della più recente emigrazione, che in parte comprende la c.d. generazione Erasmus. Un fenomeno che andrebbe meglio studiato.

     

    L’autrice, che si è avvalsa della collaborazione del prof. Massimo Sergiacomo, spiega che lo scopo del lavoro “è quella di fornire ispirazione ai giovani abruzzesi”, che andranno ad ingrossare le fila di quanti sono in fuga dal nostro paese. Una prospettiva questa che sottrae il libro dall’orgoglio provinciale che caratterizzava alcune pubblicazioni del passato, per aprirsi piuttosto ad una lettura critica dei limiti del nostro paese.

    Per ciascun personaggio, dopo il profilo biografico, seguono una serie di risposte rispetto ad griglia di domande comune a tutti gli intervistati. Tale circostanza permette di rilevare riflessioni spesso comuni tra gli intervistati, a cominciare dal concetto di “successo” ridimensionato, con modestia, in traguardi professionali di alto profilo, che potrebbero riservare ulteriori margini di crescita, soprattutto per i più giovani.

    Tutti sono concordi nel riconoscere nei valori tradizionali della famiglia una spinta positiva insieme alla formazione primaria e secondaria, che poi ha finito per assumere un ruolo spesso fondamentale nell’affrontare i successivi studi, generalmente proseguiti all’estero. Frequenti sono i ricordi personali di docenti che hanno esercitato la loro influenza morale ed educativa. Tra i tanti merita di essere segnalato l’affettuoso ricordo che il compositore e musicista Paolo Russo, che vive in Danimarca, ha fatto della sua prima insegnante di pianoforte, Rachele Marchegiani, alla quale ha voluto dedicare alcuni mesi fa un suo concerto a New York, mentre l’anziana docente pescarese era morente.
     

    Si può dire che per tutti le strade del mondo hanno rappresentato percorsi praticabili, conseguendo mete altrimenti molto difficili da raggiungere in Italia, o semplicemente impossibili rimanendo in Abruzzo. Tra i casi più emblematici è significativa la storia del giovane scienziato aerospaziale Giuseppe Montano. Dopo la laurea in ingegneria informatica e i curriculum inutilmente inviati qua e là, il neo ingegnere rientrato a Pescara non trovava altro che un lavoro precario in una “aziendina”, come tecnico riparatore di computer e stampanti, anche a domicilio. Poi la sua passione per la ricerca aerospaziale lo ha portato a positivi contatti con centri di ricerca internazionale al punto che la Rolls-Royce, che opera anche in questo settore, ritenne di finanziargli ulteriori costosi studi nella Università di York. Oggi Montano, a soli 34 anni, è leader del gruppo di studi spaziali avanzati di Airbus Defence and Space, la seconda azienda aerospaziale al mondo.

     

    Un aspetto di particolare interesse è costituito dalle risposte alla domanda su possibili suggerimenti alla politica regionale. Risposte in genere diplomatiche e tese a sostenere l’esigenza di un miglioramento complessivo della formazione, compresa quella universitaria, che costituisce materia di competenza principalmente statale, ma anche critiche su un sistema che non riconosce sufficientemente il merito, sul ritardo culturale rispetto agli altri paesi occidentali e ancora su altri aspetti che meriterebbero un’analisi a parte, ammesso che ci sia una classe dirigente locale disposta ascoltare e far tesoro di tali riflessioni.

    La presentazione ufficiale del libro è stata preceduta da un incontro informale nello scorso mese di agosto in un elegante ristorante sul mare pescarese, organizzato da Raffaella Quieti Carledge. Una piacevole occasione per un aperitivo tra i protagonisti coinvolti nella ricerca, provenienti da varie parti del mondo, che hanno potuto conoscersi e scambiare idee e opinioni, passando a discutere di Brexit, della vita a Singapore, Los Angeles, ecc.

    Le conversazioni passavano frequentemente dall’italiano all’inglese, anche per coinvolgere familiari al seguito. Invitato all’incontro ho potuto confrontarmi con l’economista Ernesto Sirolli, stratega dello sviluppo locale, che si muove da Sacramento (California) per il mondo, accompagnato dalla moglie australiana Martha, pure economista, con il banchiere Fabio Di Vincenzo, “pendolare europeo” tra Londra, Lussemburgo e altri paesi, e quindi con la stessa autrice della ricerca e brillante organizzatrice del meeting, preziosa opportunità per cogliere anche la distanza con la realtà locale, ancora molto lontana dalla complessità degli scenari competitivi della società globale.

  • Missione internazinale per il volto di Manoppello

    PESCARA - Inizia da Vancouver in Canada la nuova missione internazionale del Volto Santo, la straordinaria immagine venerata nel Santuario di Manoppello e ritenuta la vera-icona di Cristo. Il 5 settembre padre Carmine Cucinelli, rettore del Santuario di Manoppello, sarà impegnato a nella chiesa di San Pancrazio di Vancouver. Dopo la messa, concelebrata da p. Bonifacio (Ted) Lopez, sacerdote di origini filippine, che accompagnerà P. Carmine nell’intera missione, sarà intronizzata una artistica riproduzione del Volto Santo. La procedura apre al culto della straordinaria immagine.
     

    Sarà presente Joseph Nguyen, vicario generale dell'Arcidiocesi di Vancouver, in rappresentanza dell'arcivescovo Michael Miller, impegnato fuori sede. L’appuntamento sarà preceduto dall’incontro previsto il giorno prima nella città di Delta, al quale seguiràl’incontro con P. Abate Giovanni Braganza nell’Abbazia benedettina di Westminster a Mission City,  British Columbia. Occorre ricordare che all’inizio degli anni settanta furono gli emigrati abruzzesi ad introdurre il culto del Volto Santo in Canada, a Richmond Hill, città dell’area metropolitana di Toronto, dove ogni prima domenica di agosto si ripete la processione del Volto Santo.

    La missione proseguirà per gli Stati Uniti, a Suarte l’8 settembre e il giorno successivo a Los Angeles, come già annunciato dal quotidiano Asian Journal del 15 agosto. La riproduzione del Volto Santo, proveniente direttamente dal Santuario di Manoppello, sarà venerata per l’intera giornata presso la cattedrale della metropoli americana. La data coincide con il 165° anniversario dell’ammissione dello stato della California negli Stati Uniti d’America. La giornata dedicata al Volto Santo precede di due settimane la visita pastorale di papa Francesco che – tra l’altro – procederà alla canonizzazione di p. Iunipero Serra, che fondò varie missioni in California. Tra le prime San Juan Capistran (1776), che il francescano spagnolo dedicò al santo abruzzese, San Giovanni da Capestrano, paese abruzzese situato a poca distanza da Manoppello, gemellata con l’omonima cittadina californiana. >>> 

    Negli Usa e Canada si stanno diffondendo pagine facebook e siti che si interessano al Volto Santo, spesso attingendo alle informazioni e immagini presenti sul blog >>> avviato nel 1998 da Raymond Frost di San Francisco. Ma sarà soprattutto nelle Filippine che la missione si svilupperà intensamente nei giorni successivi, secondo il seguente calendario: 12 settembre: Bulacan, Bethlehem House of Bread Orphanage Baliuag; 13 - Lipa, Batangas - Montemaria, “Mother of All Asia” Shrine;  14 e 15 – Taguig, Enthronement of the Holy Face of Manoppello at Sagrada de Familia Church; 16 - Nampicuan, Nueva Ecija - 17 – Quiapo, Basilica of Black Nazarene, 18 - Baclaran Church; 19 - Manila San Augustin and Cattedrale di Manila; 20 -  Bagumbayan, St. Martin Chapel Mahogany.

    P. Carmine, oltre che da p. Bonifacio (Ted) Lopez, sarà accompagnato da Paul Badde, giornalista e scrittore autore di due libri sul Volto Santo editi recentemente anche negli Stati Uniti, “The face of God” e “The true icon” (L’icona autentica), che potrà illustrare al pubblico i profili storici e le sue personali ricerche sul Volto Santo, identificato con la leggendaria Veronica, e il suo rapporto con la Sindone di Torino. Paul Badde, che è attualmente inviato da Roma per la televisione cattolica americana EWTN, sarà accompagnato dalla moglie Ellen, che collabora con lui per le ricerche storiche. Le diocesi sono state informate da Mons. Bruno Forte, arcivescovo della Diocesi Chieti-Vasto cui il santuario dei cappuccini di Manoppello appartiene.

    Prima della partenza p. Carmine Cucinelli ha detto “di ricordare con emozione la precedente missione del 2014, soprattutto nelle Filippine, per il calore e l’entusiasmo con cui il Volto Santo è stato accolto da migliaia di persone devote. L’organizzazione del programma ha richiesto il coinvolgimento di tantissimi volontari a cui va il mio più sentito ringraziamento. Non posso dimenticare il ruolo svolto dalla sig.ra Daisy Neves, americana di origini filippine, cui si deve non solo il significativo sostegno finanziario al progetto ma l’instancabile rete di relazione con gruppi di accoglienza nelle varie città toccate dalla missione, composti da persone devote del Volto Santo”. Quale ritiene la tappa più significativa del suo viaggio ? - gli chiediamo: “penso che sia la cittadina di Nampicuan, dove sarò presente il 16 settembre per festeggiare un anno dalla visita dello scorso anno, che trasformò la chiesa in Santuario del Volto Santo, il primo in Asia.”

    Il santuario è diventato meta di pellegrinaggi da tutte le Filippine. Un fenomeno che ha portato lo scorso 31 maggio alla costituzione di un gruppo di volontari “Servants of Holy Face” – con finalità di divulgazione del Volto Santo e accoglienza dei pellegrini. “Negli ultimi mesi si sarebbero registrati anche alcuni miracoli”, riferisce p. Carmine. “E’ sorprendente quanto sta accadendo. E’ come se il Volto Santo avesse deciso tempi e modi di diffusione della sua immagine, coinvolgendo persone di vari paesi, ognuno con il suo contributo di partecipazione e di fede. Nemmeno deve stupire che dalla Filippine richiedano immagini di p. Domenico da Cese, la cui vita divenne inscindibile dal Volto Santo”.  In occasione della festa del Volto Santo di Nampicuan, che vedrà la presenza anche della signora Mercedes Tuason, ambasciatore delle Filippine presso la Santa Sede, sarà inaugurato un nuovo prezioso reliquiario.

    Secondo lo scrittore Paul Badde “la missione sarà un viaggio verso il futuro. E’ molto significativo portare una copia dell’immagine del Volto Santo, la vera icona, a Los Angeles, che è la metropoli mondiale delle immagini e della rivoluzione digitale, vicinissima, tra l’altro, a Hollywood e alla Silicon Valley. Secondo me, questo pellegrinaggio costituirà un passo avanti essenziale nel processo di riscoperta del Santissimo Sudario di Gesù Cristo. È davvero un “giro iconico“ (iconic turn) nella storia della cristianità che fa pensare “alla immagine vivente di misericordia del Padre”, richiamata da papa Francescoin occasione del suo annuncio dell’Anno Santo straordinario della Misericordia”.

    L’iniziativa è promossa dal Santuario di Manoppello con il sostegno finanziario e organizzativo di un gruppo di devoti negli Usa e nelle Filippine. Oltre alla ricordata sig.ra Daisy Nevs, non possono essere dimenticati i coniugi Lenlen e Ernest Alzate, tutti da considerare come generosi e instancabili pionieri della devozione della straordinaria immagine nel mondo, che sta facendo registrare l’adesione di centinaia di persone nell’organizzazione degli eventi. Il movimento che si sta creando è il risultato più evidente della missione internazionale avviata lo scorso anno con riflessi più marcati nelle Filippine, paese riferimento dei cattolici del continente.

    Prima di concludere il suo viaggio nelle Filippine p. Carmine e Paul Badde incontreranno il cardinale Luis Antonio Tagle, arcivescovo di Manila, figura di primo piano del cattolicesimo asiatico. E proprio il cardinale Tagle con un messaggio di saluto in data 19 agosto 2015 diretto a religiosi e devoti ha espresso la sua soddisfazione per l’anniversario dell’intronizzazione del Volto Santo a Nampicuan avvenuta il 16 settembre 2014, nella chiesa di Nampicuan “divenuta meraviglioso luogo di contemplazione del Santo Volto di Gesù”, formulando auspici per la nuova missione di p. Carmine Cucinelli, custode delle reliquie del Santuario di Manoppello.

  • Life & People

    International Mission for the Holy Face of Manoppello

     
    On September 5, Father Carmine, rector of the Shrine of Manoppello, will be busy in the church of Saint Patrick at Vancouver, British Columbia. After the Mass, concelebrated by Fr. Bonifacio (Ted) Lopez, a priest originally from the Philippines, who will accompany Fr. Carmine for the entire mission, an artistic reproduction of the Holy Face will be enthroned in the Church. This act will begin the reverence of the extraordinary image. Representing Archbishop Michael Miller will be Fr. Joseph Nguyen, vicar general of the Archdiocese of Vancouver.   This gathering will be preceded by a similar one to be held the day before in the city of Delta,  followed by a meeting with Fr Abbot John Braganza in the Abbey of Westminster of Mission City, British Columbia. It must be recalled that in the early nineteen seventies  it was the emigrants from Abruzzo who were the first to introduce the cult of the Holy Face in Canada, at Richmond Hill, a town in the metropolitan area of ​​Toronto, where every first Sunday of August is held a procession of the Holy Face.  

    After the meetings in Canada the mission will continue on to the United States, to Duarte close by to Los Angeles on September 8 and the next day in the city of Los Angeles, as already announced on August  15 by the newspaper Asian Journal. A reproduction of the Holy Face, coming directly from the Shrine of Manoppello, will be honored throughout the day of September 9 at the Our Lady of Angels Cathedral of the American metropolis. The date coincides with the 165th anniversary of the admission of California as the 31st state of the United States of America.  The days in Southern California dedicated to the Holy Face come just two weeks before the pastoral visit of Pope Francis to the USA,  during which- among other things - Pope Francis will canonize Fr. Junipero Serra, the Franciscan founder of a number of missions in California. Among the first missions Fr. Junipero founded was San Juan Capistrano (1776), which he dedicated to the Franciscan saint of Abruzzo, St. John Capistrano, named for the town of Capestrano in Abruzzo located a short distance from Manoppello which is twinned with the eponymous California town - http://www.sanjuancapistrano.org/index.aspx?page=1211

    In the USA and Canada there are spreading Facebook pages and websites which are dedicated to the Holy Face, often drawing on the information and images on the blog
    http://holyfaceofmanoppello.blogspot.com/ started in 2008 by Raymond Frost of San Francisco.

    But it is mainly in the Philippines that the mission will develop intensively on the following dates: September 12: Bulacan, Bethlehem House of Bread Orphanage Baliuag; September 13 - Lipa, Batangas - Montemaria, "Mother of All Asia" Shrine; September 14 and 15 - Taguig, Enthronement of the Holy Face of Manoppello at Sagrada de Familia Church; September 16 - Nampicuan, Nueva Ecija - September 17 - Quiapo, Basilica of the Black Nazarene,  September 18 - Baclaran Church; September 19 - Manila, San Augustin and Manila Cathedral; September 20 - Bagumbayan, St. Martin Chapel Mahogany.

     Fr. Carmine and Fr. Bonifacio (Ted) Lopez, will be accompanied by Paul Badde, veteran journalist and writer, author of two books on the Holy Face published recently in the United States, "The Face of God" and "The True Icon" ( both by Ignatius Press of San Francisco) who will illustrate for the public a  historical outline as well as his own research of the Holy Face, which is identified with the legendary Veronica, and in close relationship with the Shroud of Turin. Paul Badde, who is currently on assignment in Rome for the American Catholic television network EWTN, will be accompanied by his wife Ellen, who collaborates with him in the historical research. The dioceses being visited were informed of the Mission by Bruno Forte, archbishop of Chieti-Vasto, the diocese to which the Holy Face shrine of the Capuchins of Manoppello belongs.

    Before departure Fr. Carmine Cucinelli stated "I remember with emotion the previous mission in 2014, especially in the Philippines, for the warmth and the enthusiasm with which the Holy Face was greeted by thousands of devoted people. The organization of the program required the involvement of many volunteers to whom I extend my most heartfelt thanks. I can not forget the role played by Mrs Daisy Neves, an American of Filipino origin, to whom we owe  not only significant financial support for the project but also the indefatigable network of relationships with host groups in the various cities visited by the mission, composed of people who are devotees of the Holy Face ". What do you consider the most significant stage of your journey? - we ask Fr. Carmine: "I think it is the town of Nampicuan, where I will be present on September 16 to celebrate one year from last year's visit, which turned the church into the Shrine of the Holy Face, the first in Asia honoring the image of Manoppello."

    The shrine has become a pilgrimage site for people from throughout the Philippines and has established on May 31 a volunteer group "Servants of Holy Face" - as well as a website http://www.holyfacenampicuan.com/ for purposes of spreading devotion to the Holy Face and welcoming pilgrims. "In recent months some miracles were also registered," reports Fr. Carmine. "It 's amazing what is happening. It's as if the Holy Face had decided the time and manner of dissemination of his image by involving people from different countries, each with their own participation and contribution of faith."  On the feast of the Holy Face of Nampicuan, which will see the presence of Mrs. Mercedes Tuason, Philippine ambassador to the Holy See, the use of a new precious reliquary for the image of the Holy Face will be inaugurated. 

     According to writer Paul Badde "the mission will be a trip to the future. It's very important to bring a copy of the image of the Holy Face, the true icon, to Los Angeles, which is the world metropolis of images and of the digital revolution, very close, by the way, to Hollywood and Silicon Valley. In my opinion, this pilgrimage will be an essential step forward in the process of the rediscovery of the Most Holy Sudarium of Jesus Christ. It is really an "iconic turn"  in the history of Christianity that makes one think of "the living image of the Father's mercy", as Pope Francis recalled during his announcement of the upcoming  extraordinary Holy Year of Mercy ".

    The initiative is promoted by the Shrine of Manoppello with the financial and organizational support of a group of devotees in the US and the Philippines. In addition to Mrs. Daisy Neves there can not be forgotten the spouses Lenlen and Ernest Alzate, all to be regarded as generous and tireless pioneers of the devotion of the extraordinary image in the world, which is registering the participation of hundreds of people in the organization of the events. The movement that is being created is the most obvious result of the international mission begun last year with the effects most pronounced in the Philippines, a country of reference for Catholics of the Asian continent.

    Before concluding their trip to the Philippines Fr. Carmine and Paul Badde will meet with Cardinal Luis Antonio Tagle, Archbishop of Manila and leading figure of Catholicism in Asia.  With a message of greeting on August 19, 2015 Cardinal Tagle expressed his satisfaction for the anniversary of the enthronement of the Holy Face at Nampicuan begun last year and stated his encouragement for the new mission of Fr. Carmine.  

  • L'altra Italia

    Il Volto Santo di Manoppello negli USA e nelle Filippine

    Missione negli USA e nelle Filippine di P. Carmine Cucinelli, OFM cap., superiore del Santuario del Volto Santo di Manoppello che dal 2 al 16 settembre 2014 visiterà diverse le città tra cui Seattle, San Francisco, Las Vegas e Manila, nelle quali è stato invitato a parlare del Volto Santo, che diversi studi identificano con la leggendaria Veronica, la “vera icona”, il sudarium di cui parla il Vangelo di Giovanni, che si trovava insieme al telo funebre (Sindone) nella tomba di Cristo dopo la resurrezione. La straordinaria immagine, di cui è stata provata la coincidenza e sovrapponibilità con il volto della Sindone, è sempre più conosciuta nel mondo dopo la visita di Benedetto XVI a Manoppello avvenuta il primo settembre 2006.

    Questo il calendario della missione:

    Stati Uniti: 3 settembre 2014 - Seattle – St. Madelene Sophie in Bellevue; 4 settembre 2014 – Palo Alto (California) San Francesco d’Assisi; 5 settembre 2014 – San Francisco – Chiesa di Sant’Ignazio di Loyola; 6 settembre 2014 – Las Vegas – Chiesa di San Charbel; 7 settembre 2014 – St. Thomas More – Chiesa Henderson; Las Vegas – Chiesa Nostra Signora;

    Filippine: 10 settembre 2014 – Manila, incontro con Hermilando (Dodo) Mandanas, governatore della provincia di Batangas – Santuario di San Antonio, Makati; 11 settembre 2014 - Lipa, Cathedral, messa concelebrata con Ramon Cabrera Arguelles, arcivescovo della diocesi di Lipa; 12 settembre 2014 – Manila, San Sebastian, Tayuman, Sta. Cruz and Quiapo Churches; 13 settembre 2014; 14 settembre 2014 – Manila – Sacred Heart, Don Bosco; incontro con, ambasciatore delle Filippine presso la Santa Sede; 15 settembre 2014 – Cubao, Immaculate Conception; 16 settembre 2014 - Nampicuan, Nueva Ecija. 

    Durante la permanenza a Manila P. Carmine Cucinelli incontrerà Luis Antonio Tagle, cardinale delle Filippine, figura di riferimento della chiesa asiatica, e Odelia Arroyo, ambasciatore delle Filippine presso la Santa Sede.

    P. Carmine Cucinelli spiega che l’iniziativa “si deve all’impulso di alcuni americani di origine filippina, devoti del Volto Santo, come la sig.ra Daisy Neves e i coniugi Ernest ed Elenza Alzate, che sosterranno per intero le spese del viaggio e del soggiorno. Sento di dover esprimere nei loro confronti gratitudine per il loro ammirevole impegno nel desiderare la divulgazione della conoscenza della reliquia negli USA e nelle Filippine. Il tour ha richiesto mesi di organizzazione, con il coinvolgimento di diocesi e parrocchie. Un ringraziamento particolare va anche all’arcivescovo di Chieti-Vasto Bruno Forte, che ha personalmente annunciato la missione, contattando personalmente i vescovi delle varie diocesi interessate e al padre provinciale dei Cappuccini d’Abruzzo, p. Carmine Ranieri, che ha condiviso e sostenuto questa missione pastorale.”

    Gli incontri di San Francisco e di Palo Alto sono stati organizzati dallo studioso americano Raymond Frost, autore del seguito blog dedicato al Volto Santo http://holyfaceofmanoppello.blogspot.it . L’evento del 5 settembre a San Francisco è stato inserito nell’ambito delle celebrazioni del centenario della ricostruzione della chiesa di Saint Ignatius, distrutta da un incendio l’anno 1914. http://stignatiussf.org

    Negli USA l’interesse per il Volto Santo si è manifestato negli ultimi anni grazie a libri, articoli, mostre, interviste e filmati prodotti da National Geographic, History Channel, EWTN e su altri canali televisivi e radiofonici. Il ciclo di incontri di p. Carmine Cucinelli coincide con l’uscita della rivista cattolica americana Inside the Vatican, che dedica la copertina al Volto Santo, con il titolo “The presence of God”.

    Il superiore del Santuario di Manoppello sarà accompagnato durante l’intera missione da Danny Flores, sacerdote filippino. E proprio nelle Filippine, il paese più cattolico dell’Asia, si sta manifestando negli ultimi giorni una pressante richiesta diretta ad aumentare le tappe della missione, per cui non sono escluse integrazioni del programma.

  • L'altra Italia

    Quando il Volto Santo di Manoppello ispira una mostra di New York


    Fino a 10-15 anni fa soltanto non erano molti a conoscere il Volto Santo,  custodito dai frati cappuccini a Manoppello (Pescara), nell’Italia centrale. Poi alcuni studiosi tedeschi hanno affermato che quel velo finissimo, in cui è impressa una immagine inspiegabile, viva e sofferente, identificabile con la leggendaria Veronica (vera–ikon) un tempo venerata a Roma. Si tratta di una immagine acheropita (non fatta da mani d’uomo) che anche papa Benedetto XVI ha voluto vedere personalmente, facendosi pellegrino a Manoppello il primo settembre 2006, in coincidenza con le celebrazioni del cinquecentesimo anniversario dell’arrivo del Velo, secondo tradizione.
     
    Una mostra su questa straordinaria immagine sarà esposta presso il Manhattan Center di New York dal 17 al 19 gennaio 2014 nell’ambito di “New Yorker Encounter 2014”, manifestazione diretta ai giovani cattolici americani, con un fitto programma di concerti, incontri, concerti, dibatti e mostre. Tra queste ultime si segnala la mostra 'THE FACE OF JESUS: FROM THAT GAZE, THE HUMAN PERSON IS BORN (IlVolto di Gesu': da questo sguardo nasce l’io), che ripropone la storia millenaria dell’immagine di Cristo, assumendo a modello di riferimento il Volto Santo di Manoppello (cfr.   http://www.newyorkencounter.org/exhibits/2014/1/17/the-face-of-jesus-from-that-gaze-the-human-person ).
     
    La milanese Raffaella Zardoni, curatrice della mostra che è stata presentata per la prima volta al Meeting di Rimini nell’agosto 2013, prima di partire per gli Stati Uniti ha dichiarato:
    Nel 2010 mi sono imbattuta nel Volto Santo di Manoppello. Stupita di non averne mai sentito parlare, in attesa che ulteriori esami scientifici rispondano alle tante domande che l’enigmatico velo suscita, ho desiderato verificare l’ipotesi di padre Heinrich Pfeiffer rispetto alla quale il Velo di Manoppello sia l’antica Veronica perduta. Per questo abbiamo creato un team di storici dell’arte e ricercatori in collaborazione coi Cappuccini e con tutti coloro che da anni studiavano il velo abruzzese come padre Pfeiffer, suor Blandina Schlömer, Paul Badde. A livello iconografico abbiamo voluto verificare l’affermazione ricorrente che nell’Europa medievale erano innumerevoli le riproduzioni della reliquia romana. Abbiamo creato una mappa su Google Earth e il sito Veronica Route con quasi 1500 riproduzioni della Veronica ordinate storicamente. È stata la quantità e la bellezza delle immagini che ci sono giunte lo spunto decisivo che ci ha mossi a realizzare la mostra che in questi giorni è riproposta a New York col titolo 'Il volto di Gesu': da questo sguardo nasce l’io’. In questo momento di profondi cambiamenti abbiamo  desiderato far conoscere il movimento e l’affetto per il volto di Cristo che ha caratterizzato la nostra storia europea."
     
    L’edizione in inglese del catalogo della mostra presenta l’introduzione di Sean O’Malley, cardinale di Boston, al quale il rettore del Santuario di Manoppello, p. Carmine Cucinelli, ha rivolto nei giorni scorsi il proprio ringraziamento per la condivisione dei contenuti della mostra, invitandono a recarsi a Manoppello, in occasione di un prossimo viaggio in Italia.
    O’Malley, ritenuto tra i candidati più autorevoli alla successione di Papa Benedetto XVI, è l’unico cardinale espressione dell’Ordine dei Cappuccini, lo stesso ordine dei frati di Manoppello. Negli ultimi cinque anni è emergente l’interesse per il Volto Santo anche negli USA. Si segnala il documentato blog curato da Raynold Frost di San Francisco http://holyfaceofmanoppello.blogspot.it/, mentre diversi sono i libri pubblicati sull’argomento. Qui di seguito ne segnaliamo alcuni.
     
    P. Badde, The Face of God: The Rediscovery Of The True Face of Jesus, Ignatius Press, 2010;
    J. Jannone, The Three Cloths of Christ: The Emerging Treasures of Christianity, Lulu Press, 2011;
    P. Badde, The True Icon: From the Shroud of Turin to the Veil of Manoppello, Ignatius Press, 2012;
    G.Górny e J. Rosikon, Witnesses to Mystery: Investigations Into Christ's Relics, Ignatius Press, 2013.
     
    Di taglio diverso il libro della giornalista Linda Stasi del New York Post, che imposta la sua storia con Ie caratteristiche di un giallo tipo Don Brown, alludendo alla sesta stazione della via crucis, che riproduce l’immagine della Veronica: cfr. L. Stasi, The sixth station, Forge Books, 2013.
     


  • L'altra Italia

    Gabriele D’Annunzio e la zampogna

    PESCARA - La visione romantica del mondo pastorale, presente in molte opere, costò a Gabriele D’Annunzio anche critiche e l’ironico titolo del libro Il gregge, il pastore e la zampogna che il critico torinese Enrico Thovez, insofferente per l’opera dannunziana, pubblicò nel 1910. Le zampogne erano allora parte integrante di quel mondo pastorale che suscitava le emozioni del Poeta, che vantava una forte sensibilità musicale. Le loro inconfondibili note, ispirarono numerosi versi e i richiami allo strumento e alle sue sonorità presenti in poesie e opere, che superano il silenzio e l’indifferenza della cultura del suo tempo.

     Etnoantropologici dell'Abruzzo, ha promosso nella casa natale del poeta a Pescara la realizzazione della mostra “Nell’animo l’eco delle zampogne: d’Annunzio e le sonorità dell’antico mondo pastorale”, che si concluderà l’8 dicembre 2013. Il titolo della mostra, che richiama alcuni versi del poeta, rappresenta l’omaggio del mondo degli zampognari abruzzesi a Gabriele d’Annunzio nel 150° anniversario della sua nascita, che si inserisce nel percorso di riscoperta e di rilancio dell’antico strumento simbolo del mondo pastorale, con l’obiettivo di valorizzare i valori legati alle secolari tradizioni della musica popolare.

    La mostra ricostruisce momenti essenziali della storia dello strumento e la sua influenza nell’arte, nella letteratura, nella poesia e nell’iconografia, esercitata in particolar modo nell’ambito di quello straordinario fenomeno culturale, noto come Grand Tour. Attraverso documenti, partiture, libri di viaggiatori stranieri, incisioni e disegni, zampogne e ciaramelle, è rievocato un mondo che ha lasciato rilevanti tracce nella cultura europea. Stendhal, Dickens, Berlioz, Lear, Gregorovius e molti altri autori celebri hanno dimostrato interesse per gli zampognari, che con il loro repertorio hanno ispirato musicisti e compositori.

    In sede di inaugurazione Lucia Arbace, Soprintendente per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici dell'Abruzzo, ha sottolineato l’influenza esercitata dalla presenza della zampogna in Abruzzo, come dimostrato anche dalla cinquecentesca scultura lignea tardo cinquecentesca raffigurante un pastore intento a suonare, proveniente dal Museo Nazionale d’Abruzzo dell’Aquila. La scultura, ha sottolineato la Arbace, scampò al sisma del 6 aprile 2009, ma in passato apparteneva alla chiesa di San Lorenzo martire di San Buono (Chieti), dalla quale fu acquistata dal Regno d’Italia nel 1938 per evitarne la dispersione sul mercato antiquariale. Peraltro non mancano tracce più antiche. E’ il caso della trecentesca statua del Pastore seduto che suona la zampogna, posta sulla facciata esterna della chiesa di Santa Maria Maggiore di Caramanico Terme.

    La visita della mostra è facilitata da una serie di pannelli illustrativi, che illustrano gli stessi materiali presenti in originale. Si apprende che il poeta nella sua casa fiorentina di Settignano possedeva una zampogna “tra le reliquie della sua terra”, che probabilmente andò all’asta nel 1911, insieme ad altri oggetti e arredi, per fronteggiare i suoi debiti che lo portarono al volontario esilio francese. In seguito, al Vittoriale degli Italiani, il ricordo dello strumento fu assicurato da un’incisione di autore ignoto, raffigurante uno zampognaro alla testa di una compagnia di pellegrini. La zampogna comparve addirittura nella prima della tragedia pastorale “La figlia di Iorio”, avvenuta il 2 marzo 1904 al Teatro Lirico di Milano, nel secondo atto, nella scena ambientata alle Grotte del Cavallone, sulla Maiella. Ma quel mondo pastorale esaltato da d’Annunzio conosceva in quegli anni un rapido declino, a seguito della soppressione del pascolo forzato sul Tavoliere e alla crescente competizione del mercato internazionale della lana.

    Al crollo dell’economia pastorale, che nei secoli precedenti aveva toccato punte di 8,5 milioni di capi, si devono ampi riflessi sociali, in particolare sul fronte dell’emigrazione. La secolare civiltà della transumanza si è trascinata fino agli anni Sessanta, con gli ultimi irriducibili pastori a seguire gli antichi tratturi. Con la pastorizia, scompariva anche la zampogna, strumento inseparabile del pastore di un tempo. In molti casi, questo antico strumento seguiva il pastore emigrante. Non a caso zampogne abruzzesi sono presenti in musei di vari paesi. Tra questi si segnala il Carnagie Museum of art di Pittsburgh, negli Stati Uniti, nel quale è esposta una zampogna “handmade”, ossia costruita manualmente, appartenuta ad un emigrato abruzzese, e il Museo degli Strumenti Musicali MIM di Bruxelles, in cui sono presenti strumenti riferiti alla regione costruiti a fine ‘800. Nel basso Lazio e nel Molise, il minore impatto del declino della pastorizia, ha favorito il mantenimento della presenza musicale legata alla zampogna, che oggi presenta segni di un rinnovato interesse anche in Abruzzo.

    Una storia in parte legata al fenomeno dell’emigrazione, è quella della dinastia di zampognari della famiglia dei Musichini di Castellafiume, nella Marsica. Le ricerche non consentono di andare oltre Clementino Musichini, nato nel 1860, pastore, transumante nella Campagna romana. Lo stesso cognome fa comunque pensare ad un più antico radicamento della tradizione musicale. La tradizione musicale è stata tramandata al figlio Carmine e ai nipoti Giuseppe e Antonio. I figli di Carmine, Enrico e Mario, che hanno proseguito l’attività fino agli anni ottanta, sono da considerare gli ultimi zampognari di Castellafiume.

    Ai Musichini di Castellafiume è dedicato un pannello presente nella mostra, che sintetizza la loro storia di persone umili, espressione del mondo agro-pastorale, con la presenza itinerante in occasione della novena di Natale, tra Abruzzo e Campagna romana, durante la quale lasciavano a quanti facevano un’offerta una “cucchiarella”, un cucchiaio di legno, da loro stessi costruito. Alcuni esemplari sono presenti nella mostra, insieme ad una zampogna appartenente probabilmente allo stesso Clementino, e costruita negli ultimi anni della sua attività. La ricerca sui Musichini permette di scoprire una grande comunità di abruzzesi emigrati nella città francese di Avignone, che hanno lasciato soprattutto Castellafiume e i confinanti paesi di Capistrello e Canistro, nella Valle Roveto. Tra questi Antonio Musichini, zampognaro. A distanza di molto tempo, il nipote Alain, nato ad Avignone nel 1962, riprenderà con successo le tradizioni musicale di famiglia. Da anni Alain è considerato infatti tra i più prestigiosi musicisti di fisarmonica (accordion, in francese), meritando l’apprezzamento del presidente François Mitterand, quando nel 1981 vinse una rassegna internazionale a Kansas City, negli Usa.

    Per la sua riconosciuta fama internazionale, Alain Musichini il 24 maggio 2013 è stato ospite della serata conclusiva delle celebrazioni per il 150° anniversario della fondazione dell’industria della fisarmonica di Castelfidardo. Per chi conosce le sue origini, è possibile talvolta riconoscere in alcuni brani, nell’ambito della vasta gamma di suoni oggi consentiti dall’elettronica, influenze delle antiche sonorità della zampogna della sua terra, dove in passato ha fatto ritorno in più occasioni. Un’altra zampogna con una storia singolare è presente nella mostra a Casa d’Annunzio. Si tratta di uno strumento proveniente dal Museo Etnografico del Santuario del Volto Santo di Manoppello. Si ignora l’anonimo donatore, che sarebbe uno anziano zampognaro che un tempo raggiungeva il Santuario in occasione del Natale. Il suo gesto potrebbe essere in realtà un’espressione della devozione nei confronti del Volto Santo. Nelle vicinanze del Santuario negli ultimi anni è cresciuto un piccolo borgo, che fino agli anni Sessanta era invece isolato sulla collina. In passato era abitudine dei frati cappuccini dare ospitalità per la notte agli zampognari erranti. Altri tempi.

    Questa e altre storie che tendono a ricostruire il dimenticato mondo degli zampognari del passato, sono raccontate da chi scrive in un libro dal titolo “Li chiamavano pifferari”, edito da D’Abruzzo-Menabò, in corso di pubblicazione.

    La mostra è visitabile gratuitamente tutti i giorni, la mattina dalle 9 alle 13.30. Il museo sarà aperto anche nel pomeriggio del 3 dicembre, in occasione di un incontro sul Natale, previsto alle ore 18.30, con la dott. Lucia Arbace e la prof. Franca Minnucci, e con la presenza di musicisti dell’Associazione Culturale Zampogne d’Abruzzo – che eseguiranno la novena di Natale e altri brani.

    A conclusione della mostra, l’8 dicembre 3023, sarà ricordato, alle ore 10.45, il musicista e compositore Vittorio Pepe, amico e coetaneo di Gabriele d’Annunzio, nella ricorrenza del settantesimo anniversario della sua morte, avvenuta l’8 dicembre 1943, durante i bombardamenti che distrussero in gran parte la città adriatica, compresa la casa del maestro, sorpreso mentre era intento a suonare il suo pianoforte.

  • L'altra Italia

    Lech Walesa a Manoppello



     
    MANOPPELLO (Pescara) - L’ex premier polacco e leader di Solidarnosc Lech Walesa ha visitato il Santuario del Volto Santo di Manoppello dove è stato accolto dai padri cappuccini, con il padre provinciale p. Carmine Ranieri e dalle suore polacche del Santissimo Sangue, da alcuni mesi presenti nel paese abruzzese. L’ex presidente polacco, cattolico praticante, si è prima raccolto in preghiera davanti e poi ha seguito con attenzione le spiegazioni di p. Ceslao Gadacz, cappuccino polacco che appartiene alla comunità di Manoppello.
     
    Il religioso ha ricordato che era un giovane seminarista quando conobbe il leader di Solidarnosc nel convento dei cappuccini di Cracovia in quel travagliato 1989. Diverse le domande del premio Nobel per la Pace a proposito delle origini del Velo e della sua presenza a Manoppello. Walesa ha chiesto quali sarebbero i motivi per cui il Vaticano non riconosce l’autenticità storica del Volto Santo. Al riguardo, p. Ceslao ha illustrato gli studi che conducono alla identificazione del Volto di Manoppello nella Veronica, in questi ultimi anni grazie anche all’apporto di ricercatori polacchi.  
     
    Il leader di Solidarnosc ha desiderato sapere se Giovanni Paolo II era stato a Manoppello. Gli è stato riferito che il Papa aveva amato e frequentato molto l’Abruzzo e le sue montagne, ben oltre le limitate visite ufficiali e che non era del tutto da escludere una sua visita informale nel santuario, in un giorno feriale, come un qualsiasi pellegrino, come in passato alcune voci avevano peraltro segnalato. E d’altra parte, il Santuario del Volto Santo fuori del paese e fino a non molti anni fa era poco frequentato e ben si prestava a visite in incognito che potevano rimanere inosservate, soprattutto in un giorno feriale, come il martedì, solitamente prescelto per queste uscite dai palazzi vaticani.
     
    Dopo la morte era stato lo stesso suo segretario, Stanislao Dziwisz, poi divenuto cardinale e arcivescovo di Cracovia a svelare nel suo libro “Una vita con Karol” (ed. Rizzoli, 2007) come il Papa polacco si fosse rifugiato in Abruzzo oltre cento volte, per pregare, camminare in montagna o semplicemente per sciare, utilizzando lo skipass come un qualsiasi sciatore. Occorre anche precisare che Giovanni Paolo II era informato delle tesi di p. Heinrich Pfeiffer, il primo studioso a rendere pubbliche le sue ricerche sul Volto Santo sin dal 1991.
     
    Secondo quanto rivela Saverio Gaeta nel suo saggio “L’Enigma del Volto di Gesù”, il papa polacco, ormai fisicamente provato, nel 2000 chiese ai canonici che gli fosse portato nel suo appartamento il quadro custodito in San Pietro. Dopo averlo attentamente osservato si rese conto personalmente dell’inconsistenza dell’immagine, una circostanza che confermava che la Veronica non era più in Vaticano da secoli. La stessa lettera “Tertio Millennio Ineunte” - a conclusione del Grande Giubileo del 2000 – può essere letta come l’invito insistito del Papa, ormai anziano e sofferente, a ricercare il Volto di Cristo, tangibile nel Velo di Manoppello e nella Sindone di Torino, quale messaggio consegnato al terzo millennio.
     
    Questi aspetti dovrebbero essere meglio approfonditi proprio grazie alla preziosa testimonianza del card. Stanislao Dziwisz. Per Lech Walesa l’inevitabile ricordo della figura del grande papa polacco sembra rafforzarsi quando scopre con sorpresa la presenza di altri religiosi polacchi a Manoppello, quando sr. Immaculata insieme a sr. Pia, dell’ordine del Santissimo Sangue, da circa due anni a Manoppello, lo salutano familiarmente “Szczesc boze panie Prezydencie” (“Dio ti accolga signor Presidente”). Incredulo risponde “Anche le suore sono venute qui dalla Polonia !”.
     
    E’ venuto ad incontrarlo a Manoppello, anche don Dariusz Stancryk, attualmente in Italia e alla fine degli anni ottanta giovane prete e cappellano di Solidarnosc nella città di Skarżysko-Kamienna. Anche con don Dariusz il ricordo corre sul filo della memoria di quegli anni difficili, in cui l’Episcopato polacco, con l’aiuto di Papa Wojtyla sosteneva come poteva il movimento sindacale cattolico guidato da Walesa, anche assistendo in carcere quanti venivano arrestati come attivisti del sindacato. Prima della visita alla Basilica, l’ex leader di Solidarnosc ha voluto rendere onore alla memoria dei minatori morti nel disastro minerario di Marcinelle in Belgio, avvenuto l’8 agosto 1956, che riposano a pochi metri di distanza dal Santuario, a fianco dei cappuccini scomparsi. Le vittime furono 262 provenienti da vari paesi europei. 136 furono gli emigranti italiani deceduti, con Manoppello che pagò il prezzo più alto, con 22 morti, mentre altri provenivano da paesi vicini, come Lettomanoppello, Turrivalignani e San Valentino.
     
    Da quest’ultimo paese, proviene la famiglia dell’attuale premier del Belgio Elio Di Rupo, anch’egli figlio di un minatore. Storie di miseria, di dolore, ma talvolta anche di riscatto sociale per i figli di tanti “musi neri”, come venivano spregiativamente chiamati gli emigranti italiani che lavoravano nelle miniere di carbone e soprattutto più dignitose e sicure condizioni di lavoro. La tragedia coinvolse altri minatori che lasciarono la propria terra alla ricerca di un lavoro, emigrando anche dalla Polonia e da altri paesi. Una sciagura mineraria che sembrò ripetere la tragedia avvenuta 49 anni prima, il 6 dicembre 1907 a Monongah, West Virignia, nella miniera di carbone della Fairmont Coal Company: il più grave disastro della storia americana, con un numero di morti che rimase imprecisato. Anche questa tragedia, spesso etichettata come la “Marcinelle americana”, vide perire numerosi emigranti, principalmente italiani, polacchi e ungheresi.
     
    Ad accogliere Lech Walesa alcuni ex minatori e familiari di caduti, i sindaci di Manoppello e di altri comuni del circondario, in una breve e sentita cerimonia. Nel corso della giornata, il sindacato dell’UGL, per iniziativa di Geremia Mancini, ha consegnato a Walesa la “Lampada del Minatore”, riconoscimento che da alcuni anni è assegnato a personaggi che si distinguono nella memoria di Marcinelle e nelle lotte per il lavoro e la sicurezza dei lavoratori. L’assegnazione al leader polacco riconosce in Lech Walesa una icona delle lotte del lavoro e del sindacalismo in difesa delle classi lavoratrici.
     
    Nel piccolo museo etnografico visitabile nel Santuario, attiguo alla sala che raccoglie gli ex voto, è esposto il casco appartenuto a Geremia Iezzi, l’ultimo minatore risalito dalle viscere quel tragico 8 agosto 1956, prima dell’esplosione  della miniera di Bois de Cazier di Marcinelle. Prima del commiato, il rettore della Basilica ha donato all’illustre ospite l’edizione polacca del libro di Paul Badde e un filmato del Volto Santo. L’emozionato Walesa si congeda lasciando il suo breve, semplice ma intenso messaggio sul registro degli ospiti: “Ti ringrazio Signore Dio per quello che mi capita oggi”.   
     
     
     

  • L'altra Italia

    I 150 anni della linea ferroviaria Ancona–Pescara. La storia dell’eroico ferroviere Camillo Mirra

    Un treno storico, una mostra, un convegno e un libro ricorderanno a 150 anni di distanza l’attivazione della tratta ferroviaria Ancona-Pescara, inaugurata il 13 maggio 1863 dal principe Umberto, il futuro re Umberto I. Le iniziative sono promosse dalla Fondazione Pescarabruzzo, con l’appassionata collaborazione dell’ACAF (Associazione Culturale Amatori Ferrovie) e del Museo del Treno di Montesilvano. Tra i primi a lasciare traccia del viaggio in Abruzzo fu Antonio Stoppani, autore della famosa opera “Il Bel Paese”, che nel 1864 giunse a Pescara, interessato a raggiungere, insieme ad alcuni ingegneri, Tocco da Casauria, in cui era allora operante un’impresa estrattiva di petrolio. 

    Nel suo “Bel Paese”, scritto nell’intenzione di far conoscere l’Italia agli italiani che ben poco sapevano del loro paese, raccontò come da Milano a Pescara “alcuni anni or sono gli era un gran viaggio, oggi è un volo d’uccello”, per dare la misura del modificato rapporto spazio-tempo per i viaggiatori, che passarono non senza traumi dalla carrozza alla “velocità” della strada ferrata. L’autore fornisce un’impressione complessiva, con spirito patriottico, della “nuova ferrovia dell’Italia meridionale da Ancona a Brindisi, forse la più amena tra le ferrovie d’Europa, costeggia l’Adriatico per 15 ore di furioso cammino. Ridenti colline, fantastiche rupi, castelli pittoreschi, storiche ruine, deliziose città, sfilano con vece assidua e con perenne incanto, sotto gli occhi del viaggiatore, che percorre a tutta foga di vapore, uno dei grandi lati di questo incantevole giardino che si chiama Italia”.

    Gli eventi non hanno un carattere soltanto celebrativo, ma intendono rappresentare un’occasione per sollecitare l’approfondimento dei temi del rilancio del treno, soprattutto a seguito della recente esclusione della regione dai programmi di riqualificazione del trasporto ferroviario ed in particolare dai collegamenti ad alta velocità. La mostra olografica e di diorami ferro-modellistici di Antonello Lato e il volume riccamente documentato intendono evidenziare gli straordinari riflessi urbanistici, economici, industriali, turistici e sociali legati all’arrivo del treno in Abruzzo che hanno favorito il superamento dell’isolamento della regione ed influenzato fortemente la crescita di Pescara e poi della stessa area metropolitana. Non mancano richiami all’affascinante stagione della “Valigia delle Indie”, il treno settimanale Londra-Bombay, che dal 1870 fino al 1914 transitava sulla linea adriatica, fino al porto di Brindisi, per poi proseguire via nave per Alessandria d’Egitto, utilizzando il canale di Suez inaugurato nel 1869. Una foto del treno fermo alla stazione di Castellamare compare non a caso sulla copertina del libro.

    Tra le curiosità si segnala la storia dimenticata di un giovanissimo ferroviere, che nella notte

    tra l’8 e il 9 novembre 1909 sventò un disastro ferroviario nei pressi dell’allora stazione di Castellammare Adriatico. Camillo Mirra, questo il nome del giovane frenatore pescarese, era solo un ragazzo di vent’anni quando, mettendo a rischio la propria vita, riuscì ad arrestare la corsa di un treno viaggiarori in movimento, abbandonato a se stesso tra le stazioni di Pescara e Castellammare Adriatico, evitando l’impatto con un altro treno in arrivo da nord. L’episodio, illustrato da Beltrame, finì sulla copertina della Domenica del Corriere n. 47 del 21-28 novembre 1909, con all’interno un articolo intitolato “Mirabile atto di valore”, dal quale apprendiamo che il giovane Mirra fu ritrovato svenuto da quanti intervennero una volta bloccato il treno.  La sua storia è stata riscoperta a seguito di un mio articolo pubblicato sul n. 99 del 2012 della rivista trimestrale D’Abruzzo.

    Tra i riconoscimenti tributati al giovane ferroviere emerge la medaglia d’oro realizzata grazie ad una sottoscrizione di cittadini di Pescara e Castellammare, condivisa dai due comuni che allora non superavano complessivamente i 16 mila abitanti ed appartenevano a due province diverse, Chieti e Teramo. La medaglia delle due comunità e quella del Regno d’Italia saranno per la prima volta esposte al pubblico durante la mostra, grazie al figlio Giuseppe Mirra, nato a Castellammare Adriatico il 3 aprile 1920, che le ha recentemente donate al Museo del Treno di Montesilvano, affinché fosse custodita anche per il futuro la memoria di quel lontano evento, insieme alla copertina della Domenica del Corriere e alle belle immagini della cerimonia avvenuta nel cortile della caserma dell’allora storico comando del Genio Ferrovieri a Torino. L’eroico ferroviere morì a 42 anni, nel 1931, a causa di una broncopolmonite.

    La vicende di Camillo Mirra, che si intrecciano con la storia delle ferrovia e con quella della futura Pescara, saranno raccontate in un video di 15 minuti voluto dalla Fondazione Pescarabruzzo e curato da Blue-Cinema TV di Daniele Baldacci, interprete Alessio Tessitore, con soggetto, sceneggiatura e regia di Daniela Luciani. La mostra sarà inaugurata alle ore 10 di sabato 11 maggio 2013, presso la sede della Fondazione a Pescara, in corso Umberto I n.83, e rimarrà aperta con ingresso gratuito fino al 15 giugno; alle 11 seguirà il convegno e la presentazione del volume “150 anni di binari tra Ancona e Pescara”. Domenica 12 maggio, le celebrazioni proseguiranno con un treno storico che ripeterà il percorso inaugurale del principe Umberto I, da Ancona a Pescara, dove il convoglio sarà accolto dalla banda “Città di Pescara”. L’arrivo è previsto per le ore 12. Sono previste fermate a San Benedetto del Tronto, Giulianova, Pineto e Montesilvano, le cui amministrazioni partecipano alle celebrazioni dell’evento.

  • Art & Culture

    Travel on the Ancient Trail of the Beffi Triptych

    Today, in the United States, this masterpiece somehow symbolizes the immense cultural heritage of Abruzzo that needs to be saved after the earthquake last year. The triptych, after its exhibition at the National Gallery of Art in Washington, where it was admired by more than 300 thousand visitors, is now at the Museum of Art di Reno, Nevada.

    There was no information on the Triptych of the artist of Beffi except the fact that it came from the L’Aquila museum.
     

     To understand better its history, we wanted to go in search of the monastery of Santa Maria del Ponte, for which the work was conceived.

    The ancient monastery at 30 km from L'Aquila, heading Sulmona, in the area of Tione degli Abruzzi, near the river Aterno, still stands near an isolated small and charming fortified village which took its denomination from the monastery. We are in the heart of Abruzzo, in the Sirente Velino Park.
     

    The monastery was mentioned for the first time in a document dating back to 1138. During the following centuries, in the village were built the churches of St. Lucia and S. Pancrazio. The ancient curtain walls, still quite well preserved, show two beautiful ogival portals.

    The monastery church of St. Maria del Ponte (or S. Maria Assunta), situated at only some tens of meters from the village, seems to be built by Equizian monks during the 12th Century on the rests of a 5th-6th Century pagan temple. Later it became a Benedictine monastery, because the Equizians were absorbed by the Benedictine Order. Other authoritative historians date the building even back to 1000.

    The initial, supposedly aisleless plan became a nave with two aisles in the course of a radical conversion, carried through in the 14th Century. The reason for this gradual extension of the construction from the 14th Century on, is the growing population in both villages: Santa Maria del Ponte and Tione.
     

    The Church of St. Maria del Ponte has been damaged by the earthquake in several parts, especially the annexed ones, and was condemned. With loving care, the members of the homonymous Cultural Association have patiently collected and preserved the fallen off pieces, hoping that in the near future could be found the necessary resources for the restoration of this splendid testimony of the religious architecture of Abruzzo.

    We enter with caution and emotion. The church, usually closed like so many ancient solitary churches in Abruzzo, appears bare compared to its riches of past times, and yet still incredibly interesting.

    “The understanding of a art work” – supports Fabiana Di Tullio, the expert of cultural heritage who attends us – “it does not end with a visit to a museum, but requires local knowledge and the context which the art work  was designed”.  Still consecrated, the building consists in a nave (S. Sisto Chapel) ending in an apse with three Gothic windows, the left aisle (St. Agatha Chapel) and the one arch right aisle (S. Joseph Chapel). Contiguous to the right aisle there is the Confraternity Oratory with frescoes of the 18th Century. The aedicule-shaped baptistery has a lancet arch.

    The portal of the Romanesque-Gothic façade is characterized by an archivolt with a fresco of the 14th Century depicting the Virgin. The wall above the apse is decorated with a huge fresco depicting the Crucifixion. 
     

    On the walls there are rather damaged fragments of frescos. At the front of the altar we see an almost illegible inscription with the date of 1333. This indicates one of the flourishing artistic periods due to which the church could take on monumental importance. 

    The symbolic lamb carved in low relief next to the inscription reproduces the same iconography similar depictions existing on  portals in L’Aquila.
     

    For centuries, the Triptych with its large coffered roof was located upside the main altar of the Church of Santa Maria del Ponte dominating the small 13th C. apse. From there it was removed for safety reasons and preservation after the earthquake of 1915, and subsequently exhibited at the Museo Nazionale d'Abruzzo. Since the beginning of the 20th Century the whole area experienced a gradual decline due to the crisis in pastoral economy and the resulting migration process.
     

    The Triptych is a splendid work of the early 15th Century, created by an artist from Beffi. The unknown painter worked in the Valley Subequana and L’Aquila between the end the 14th Century and 1520. He has created several other works including the frescoes in the churches of S. Sylvester in L'Aquila and S. John the Baptist in Celano, but he was named after the Triptych which is his masterpiece. Also the sculpture “Tree of the cross” or “Tree of the seven words” (exposed in the National Museum in L’Aquila), for its similar characteristics to the S. Sylvester frescoes, is attributed to the so-called “Artist of the Beffi Triptych “.
     

    The anonymous painter might have been a follower of Taddeo di Bartolo (1362/1363-1422) or other painters from or working in Abruzzo including Andrea De Litio, famous for the frescoes of the Atri Cathedral.
     

    Beffi – after which the artist was named - it is a tiny medieval village, today a suburb of Acciano, at only three kilometers from the Church of St. Maria del Ponte. 

    We are going around in the quiet solitude of the small village which, even though it resisted the earthquake impact, now appears almost abandoned. The earthquake has struck again Abruzzo, devastating L'Aquila and destroying dozens of neighboring villages, also inside the Sirente-Velino Park, an incomparably beautiful landscape, surprisingly rich in art monuments and historical heritage.
     

    The Triptych will be exhibited at the Nevada Museum of Art until 11 April and ends its U.S. tour at the Getty Museum di Los Angeles. But there could be more exhibitions in the future.


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