Il Paulson Auditorium di NYU si riempie di studenti, professori, giornalisti e semplici curiosi, tutti accorsi per assistere ad uno degli incontri più attesi dell'anno, quello del celebre giornalista e scrittore Roberto Saviano con uno dei guru dell'economia internazionale, Nouriel Roubini, profeta di questa crisi finanziaria che sembra attanagliare il mondo in una morsa senza scampo.
Il Direttore di Casa Italiana Zerilli-Marimò, Stefano Albertini, è tra gli artefici di questo speciale incontro-evento che vede in vesti di moderatore la professoressa Ruth Ben-Ghiat, preside del Dipartimento di Studi Italiani della New York University.
Saviano, l’autore di Gomorra (il romanzo che ha svelato nel mondo la realtà economica, di territorio e d'impresa della camorra), sottoposto da anni ad un serrato protocollo di protezione, ha insegnato per un semestre alla NYU un seminario post-laurea sulla Criminalità Organizzata internazionale.
La conferenza - come ha detto in un video-invito che girava su Internet i giorni scorsi - rappresenta anche un ringraziamento “per avermi consentito, in questi mesi, di insegnare, approfondire e ricercare negli Stati Uniti”.
Lo scrittore entra in sala, insieme con Roubini e Ben-Ghiat. Il pubblico lo accoglie con un sincero e vigoroso applauso. Appare in qualche modo intimidito davanti ai microfoni, la sala è attenta e non perde un attimo di concentrazione.
Prende la parola per primo, ringrazia il pubblico per essersi prestato a procedure degne dei maggiori scali aeroportuali, con metal detector e perquisizioni di borse e borsette.
Il suo intervento analizza con sguardo lucido la gestione “scellerata” dei capitali criminali da parte dell'economia mondiale, la narrazione implacabile del giornalista non risparmia nessuno. La sua analisi potrebbe far storcere più di un naso a Wall Street o finanche alla Casa Bianca, quando ammette senza tanti fronzoli che le “banche europee e statunitensi lavano tra i 500 e i 1000 miliardi di dollari di denaro sporco ogni anno”, sul banco degli imputati dello scrittore finiscono soprattutto due dei più famosi enti bancari al mondo, Citibank e Wachovia.
“Una delle più grandi banche americane, Citibank, deriva un'alta percentuale dei suoi profitti dai servizi offerti ai criminali e dai conti su cui depositano i loro soldi” e continua, “nonostante le denunce e le richieste di maggior controllo pubblico sulle operazioni bancarie le banche continuano le loro pratiche, la somma di denaro riciclato aumenta, perché né i governi né tantomeno le banche hanno interessi a minare gli alti profitti che tengono in vita la loro sempre più fragile economia”, le sue parole fanno eco sicuramente alle centinaia di persone che nei mesi scorsi hanno occupato Zuccotti Park con l'ormai famoso slogan “Occupy Wall Street”, manifestazione alla quale Saviano ha preso parte pochi giorni prima.
Private Banking e Correspondent Banking sono i due sistemi che le banche utilizzerebbero per riciclare denaro criminale, il primo avviene tramite l'utilizzo di nomi in codice per i conti bancari e il secondo attraverso la fornitura di servizi bancari da una banca ad un'altra, “permette alle banche straniere di fare affari e di fornire servizi per i propri clienti in giurisdizioni nelle quali le banche non hanno sede”.
“Negli ultimi venti anni la crescita di attività bancarie illecite ha tolto risorse a quelle lecite, questo è l'elemento fondamentale”, ammette sconsolato Saviano.
Il caso Wachovia è ancora più peculiare, è “come se fosse un attentato”. La celebre banca americana ha recentemente pagato una tassa di 50 milioni di dollari per non aver vigilato su contante usato per una spedizione di 22 tonnellate di cocaina, la banca è stata sanzionata per non aver applicato le restrizioni anti-riciclaggio al trasferimento di conti correnti per 378 miliardi di dollari.
Il fattore ancora più sorprendente è che i titoli della Wachovia anziché peggiorare in borsa sono “inspiegabilmente” saliti non appena la notizia della tassa da pagare era stata resa pubblica.
L'individuo è schiacciato dai poteri. “Non stiamo parlando di un problema ma del problema”, le regole del gioco sono ancora più subdole del risultato finale in quanto permettono a questo meccanismo oleato di proseguire per la sua strada. La cura per questa malattia non è stata ancora trovata.
Lo scrittore di Gomorra non si esime – e si sente in queste parole la sua permanenza newyorkese - da un, seppur veloce, commento sul crimine organizzato e sulla percezione dei suoi connazionali all'estero, “Noi italiani abbiamo la giurisprudenza di mafia migliore al mondo eppure so che non ne possiamo più di essere associati al mondo mafioso”, parla del successo di personaggi come Michael Corleone di Mario Puzo o Al Capone di De Niro con “sei tutto chiacchiere e distintivo”, giusto per fare un esempio.
L'importante, dice, è conoscere ciò che accade, “Il non curarsi e l'indifferenza sono una forma ancora peggiore di omertà”
Dopo l'intervento di Saviano, il professor Roubini prende la parola ringraziando il suo interlocutore di essere a New York e di rischiare la sua vita ogni giorno per la giustizia e l'uguaglianza sociale, commentando le parole dello scrittore aggiunge che c'è un'altra importante disciplina che dovrebbe essere studiata ed è quella della migliore gestione del denaro criminale. “C'è una sovrapposizione costante tra attività legali e illegali”, questo è il nocciolo del problema secondo l'eminente economista, già consigliere di Bill Clinton durante il suo mandato alla Casa Bianca.
L'intervento di Roubini sposta l'attenzione sul problema della recessione, secondo lo studioso infatti, l'intero sistema economico mondiale rischierebbe seriamente il collasso nel giro di pochi mesi se misure adeguate di aggiustamento non venissero adottate al più presto.
“Molti si preoccupano dell'Eurozona non considerando che gli Stati Uniti stanno andando in contro ad una probabile e ancora più profonda recessione entro l'anno prossimo”, sono le parole di monito dell'economista che più di una volta ha dimostrato di conoscere in anticipo le mosse del mercato finanziario globale.
Il gergo economista prende il sopravvento grazie all'abilità dialettica del brillante studioso.
Il seguito del suo intervento non è meno pessimista, il suo sguardo da esperto conoscitore dell'economia si posa sul confronto tra i due principali sistemi economici, quello dei paesi anglosassoni e quello dell'Europa continentale.
Il primo basato sul famigerato e molto discusso sistema della democratizzazione del credito, il secondo su uno stato di welfare che permette al cittadino di godere di servizi quali il sistema scolastico e sanitario in maniera del tutto o quasi gratuita, a spese dello Stato.
Il sistema americano, essendo naturalmente parte integrante del mondo anglosassone, è stato portato alle estreme conseguenze con la famosa bolla, il caso dei “mutui subprime”, insieme al graduale indebitamento della popolazione.
E' il sogno americano che si infrange. L'instabilità finanziaria è adesso addirittura tangibile.
“Le persone hanno iniziato a prendere in prestito ogni cosa” afferma Roubini con un tono di malcelato dispiacere, “penso che le radici siano da ricercare in un aumento dell'ineguaglianza economica”.
Nel sistema europeo invece, la risposta all'ineguaglianza è stata diversa, non erano le singole persone ad indebitarsi, ma lo Stato. Il debito pubblico di Italia, Grecia, Spagna e Portogallo è dunque salito in questo sistema che è indissolubilmente collegato.
Spende parole di encomio per Mario Monti, “un grande e brillante economista” che sta tentando di cambiare le sorti del BelPaese, con un piccolo suggerimento. E' bene migliorare il sistema di tassazione ma serve un miglioramento nel mercato del lavoro e una maggiore crescita economica. In più è di cruciale importanza non perdere la credibilità internazionale del mondo finanziario che dovrà aiutare l'Italia ad affrontare il suo ingente debito pubblico.
Ben-Ghiat, coadiuvata dal professor Stefano Albertini, ha selezionato nel corso della conferenza alcune domande da parte del pubblico in sala.
Una in particolare sembra mettere in difficoltà, anche solo per un attimo, il celebre autore di Gomorra. “Cosa cerchi da New York, perché stai insegnando nelle università statunitensi?”
“Nel mio Paese ci torno sempre, quello che forse New York può offrirmi adesso è qualcosa di diverso, mi va di sperimentare e di osservare, inoltre mi attira l'idea della possibilità di vivere una vita normale, o sicuramente più leggera”.
Lo vediamo andar via dal palco insieme agli altri relatori quasi di corsa dopo la risposta all’ultima domanda. Con uno sguardo lungo che abbraccia tutta la sala abbozza un saluto alla gente che vorrebbe stringergli una mano. Scompare dietro una quinta.
La sua presenza negli Stati Uniti è stata possibile anche grazie a Scholars at Risk, una rete di istituzioni accademiche che sostengono i principi della libertà di pensiero e d'espressione, difendendo i diritti di quegli intellettuali che nei loro paesi d'origine vedono limitate le proprie libertà fondamentali. New York ha donato forse allo scrittore di Gomorra, seppur per poco, quella dimensione di "normalità" e di "vita leggera", come la chiama lui, di cui tutti abbiamo bisogno.