Parigi – E’ stato presentato oggi a Parigi l’International Migration Outlook 2007 [2], il rapporto annuale che l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (Ocse) produce sul tema dell’immigrazione e delle relative politiche.
Questo studio ha cercato di tracciare “un profilo della popolazione immigrata nel 21/mo secolo” da cui si può notare come i flussi migratori non siano un retaggio del passato nemmeno per quei paesi industrializzati come lo è l’Italia. I dati sono stati presi dalla banca dati del Dioc (Database on immigrants in Ocse) e riguardano solamente l’emigrazione regolare, tralasciando quindi il vasto e complesso fenomeno di quella clandestina, per cui è ovviamente difficile avere dati precisi. I Paesi presi in considerazione sono 30, la maggior parte dei quali europei, ma sono state analizzati anche i tre Stati del Nord America così come Giappone, Corea e Turchia, Australia e Nuova Zelanda.
Ovviamente è risultato che il flusso migratorio si origina in prevalenza dai Paesi meno sviluppati economicamente verso quelli industrializzati, con i vari problemi connessi, come la scarsità di dottori ed infermieri in vari Stati africani e caraibici. Non va però sottovalutato il fenomeno migratorio fra Paesi industrializzati.
L’Italia, insieme alla Germania ed alla Turchia è risultato fra i primi Paesi dell’area euro in quanto a numero di persone che decidono di andare all’estero. Da un altro studio condotto dalla fondazione Migrantes e presentato in questi giorni a Roma ed in altere città italiane, "Rapporto italiani nel mondo 2007", è risultato che dal 1861 ad oggi sono stati 28 milioni i cittadini italiani che hanno deciso di abbandonare la terra natale.
Attualmente sono 3,5 milioni gli stranieri presenti in Italia, comunque meno rispetto agli Italiani che risiedono all’estero. Se poi si considerano gli oriundi di origine italiana si può parlare di una vera e propria Italia sparsa nel mondo visto che il loro numero si aggira sui 60 milioni. E’ forse per questo che l’Italiano si posiziona al quarto posto fra le lingue più studiate al mondo con 600 mila persone che ogni anno si iscrivono ai corsi di lingua italiana.
Un altro importante dato emerso da entrambi gli studi è che sono in prevalenza i giovani coloro che abbandonano il proprio Paese. Spesso lo fanno per motivi di studio, ed infatti l’Italia è risultato uno degli Stati con il maggior numero di studenti iscritti ad università straniere, altre volte per cercare lavoro. A differenza del passato, dove ad emigrare erano le fasce più deboli della popolazione oggi, invece, questo fenomeno si applica maggiormente a liberi professionisti ed a figure di alto livello. Sono infatti il 23,6% gli immigrati che hanno conseguito il diploma di laurea, mentre si attesta al 19,1% il dato dei laureati che rimangono in patria. Le aspirazioni dei migranti vengono però spesso frustrate visto che sono molto numerosi coloro che si devono adattare a svolgere all’estero un lavoro di livello inferiore rispetto alla qualifica scolastica ottenuta. Anche la disoccupazione continua ad essere un problema aperto.
Una migrante più istruito rispetto al passato, con molte aspettative, ma che si trova a dover affrontare ancora diversi problemi, questo l’identikit di chi lascia l’Italia ai giorni nostri. Ciò è quanto emerge dallo studio dell’Ocse e dalle parole di alcuni Italiani residenti all’estero. Calogero Rubino, presidente dell’associazione “Collettività Italiana” di Grenoble, ha infatti spiegato che “sebbene il fenomeno migratorio si possa dividere in due fasi, una terminata negli anni ’60 circa, che interessava prevalentemente le regioni del sud Italia e persone con basso livello di istruzione, mentre quella successiva ha avuto ed ha tuttora come protagonisti ricercatori, scienziati e figure di alto livello, i motivi della partenza sono più o meno gli stessi, ovvero la necessità di cercare posti di lavoro che in patria languono. Il fatto che l’Europa ed in particolare l’Italia trascurino la ricerca è uno dei principali motivi che spingono ad emigrare”.
Anche Nneka Stefania Achapu, presidente dell’Associazione Giovani Italiani nel Mondo con sede a Huston, ha affermato che “il problema del lavoro riveste ancora un ruolo importante, nonostante attualmente la decisione di migrare possa essere maggiormente vista come una scelta rispetto al passato”. Fra i problemi è stato confermato che spesso non si ottiene una occupazione conforme ai propri studi. Achapu ha infatti spiegato che “negli Stati Uniti sorge spesso il problema dell’equipollenza dei titoli di studio, così che non vengono riconosciuti come adeguati i corsi effettuati in Italia e devono essere integrati da esami, corsi di aggiornamento o seminari svolti negli USA. Ovviamente dopo qualche anno di permanenza all’estero questo scoglio viene superato, ma inizialmente rappresenta una notevole difficoltà”.
Forse è proprio per questo che l’emigrazione italiana si concentra in Europa (57,3%), dove il consolidamento dell’Unione europea ha in parte risolto tale problema. Va infine notato che gli stessi migranti credono che l’Italia dovrebbe fare di più per dare la possibilità ai propri cittadini di scegliere se rimanere oppure partire e, secondo Achapu, “questo si può ottenere solo tramite un processo di crescita e rinnovamento che consenta di creare nuovi posti di lavoro”. L’obiettivo finale sarebbe quindi quello di una migrazione come pura scelta.
Notiziario NIP - News Italia Press agenzia stampa - N° 37 - Anno XV, giovedì 21 febbraio 2008
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[1] http://newsite.iitaly.org/files/ocse1203816823jpg
[2] http://www.oecd.org/document/25/0,3343,en_2649_33931_38797017_1_1_1_1,00.html