San Gennaro in tribunale e non in processione

Gennaro Matino (March 06, 2016)
San Gennaro questa settimana è stato inconsapevole protagonista di una querelle che poco lo riguarda come santo, un pretesto perché qualcuno lo usi meglio di un altro a suo vantaggio. Il popolo c'entra come attore non protagonista, gli affari, quelli veri, "nel nome del popolo sovrano", si giocano altrove.


NAPOLI è una città strana, si appassiona per i suoi simboli, li trasforma a suo piacimento, li rende storia o leggenda, comunque fa lo stesso, a condizione che soddisfi il suo bisogno di carnalità.



Non c‘entra la Chiesa, non c'entra lo Stato, la gente usa i suoi simboli autonomamente, liberamente, anarchicamente, simboli antichi come le ampolle del sangue.



Oppure simboli moderni come l'affresco di Maradona, solo per celebrare irritualmente i suoi culti, per dare sfogo al suo desiderio di rivalsa per una vita fatta di sconfitte.

Questo lo sa la Chiesa, questo lo sa lo Stato e usa il sentimento popolare a suo vantaggio, frugando nella devastazione di una speranza persa, perché ora la Chiesa, ora lo Stato, possa garantirsi il più facile e vantaggioso dei bottini.



San Gennaro questa settimana è stato inconsapevole protagonista di una querelle che poco lo riguarda come santo, un pretesto perché qualcuno lo usi meglio di un altro a suo vantaggio.

Il popolo c'entra come attore non protagonista, gli affari, quelli veri, "nel nome del popolo sovrano", si giocano altrove.



La settimana che si chiude è stata settimana di preghiere laiche intorno al sangue di San Gennaro, portato in tribunale e non in processione, perché sciolga la contesa tra il trono e l'altare, mentre le carte contrarie s'azzuffano, gli azzeccagarbugli di professione e i dilettanti allo sbaraglio si contendono lo scanno.



Pare che anche qui prevalga il gioco delle tre carte, dove quella maldestra si nasconde a danno dei malcapitati rivali.

C'è perfino chi, constatata l'anemia di una politica visionaria, ha immaginato che per la prossima tornata elettorale San Gennaro, dichiarato dalla stampa locale santo laico, scenderà in campo lui stesso.



Esperto di sangue e di anemie indicherà finalmente la strada maestra da seguire agli opposti schieramenti di nobili e plebei.

Già, perché solo un miracolo potrebbe riportare interesse vero, schietto, laico, aperto, in una politica stanca e stantia.


Solo un prodigio potrebbe dare colore al gioco delle tre carte in una contesa nauseante, dove antichi rituali, che si credeva superati, riemergono dal sottobosco dei rimpianti e ritornano a far sperare i soliti noti pronti a mettersi al servizio della città, ma in realtà desiderosi di occupare altri preziosi scanni.



San Gennaro conosce bene la città e sa che se vuole conservare il suo posto di Patrono in tutto può interloquire ma non in politica, o corre il rischio di essere detronizzato come avvenne in passato quando per ben 15 anni, dal 1799 al 1814, fu sostituito da Sant'Antonio da Padova.

La sostituzione avvenne dopo la liquefazione del 24 gennaio 1799, giorno successivo alla proclamazione della Repubblica Napoletana, perché accusato di essere un partigiano della democrazia repubblicana, della libertà, dell'uguaglianza e quindi amico dei giacobini.

In quel lontano giorno le ampolle furono esposte per volontà del generale Championnet.

Il generale era sicuro che il santo avrebbe dato un segno di consenso al nuovo ordine repubblicano, e quando di fatto dinanzi a una gran folla avvenne il miracolo, il popolo, sicuro che Faccia Gialla avrebbe dato il suo voto al re Borbone e non ai giacobini, sentendosi tradito non lo perdonò e fu irremovibile nel sostituirlo.

Cosa che a Napoli può capitare solo ai santi, né a re e né a governanti.

Solo a San Gennaro, l'unico di cui il popolo non dimentica i tradimenti.



Stasera sapremo chi del Partito Democratico sarà candidato nella corsa allo scanno più alto di Palazzo San Giacomo, nel frattempo sappiamo con certezza che nessun miracolo, o liquefazione, o processione, aiuterà il prossimo sindaco di Napoli a trasformare una terra refrattaria ai cambiamenti, che il più delle volte li soffre, una città che ancora cerca nel passato ciò che dovrebbe trovare nel presente organizzando il futuro. Le restaurazioni a Napoli hanno fatto scuola.




C'è chi dice che la città ultimamente stia cambiando, me lo auguro, ma non me ne sono accorto.

C'è chi racconta di una Napoli diversa da quella rassegnata, ci voglio credere ma fa fatica a farsi apprezzare.

Nel frattempo il passato ritorna e non è un caso, non è fatalità, perché proprio il suo ritorno certifica che nulla è cambiato. 

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