Manhattan prende luce e vita

Azzurra Giorgi (November 03, 2012)
A piedi per Manhattan. Per Downtown Manhattan poche ore prima che la corrente elettrica venga riallacciata. "Non vedevo nessuno per strada, ad un certo punto mi sono girata: ero sola. Non passerà nessuno nel lasso di tempo che sono rimasta là, incredula di vedere tutte le attività chiuse, con sedie e tavoli arroccati al suo interno e finestre rinforzate. Ancora non era passato nessuno a rimettere tutto in ordine dopo Sandy. "

Sono passati cinque giorni ormai dalla furia di Sandy. Cinque giorni in cui tanto, tantissimo per alcuni, è cambiato. E da cinque giorni New York con tutti i suoi borough stenta a tornare alla normalità. Diversi sono stati e sono ancora i disagi di coloro che, quando non hanno subito danni o addirittura perdite in famiglia, hanno dovuto interrompere la loro vita normale. Molti abitanti anche di Manhattan sono dovuti andare via dalle loro abitazioni senza elettricità e acqua ed essere ospitati da amici più fortunati.

Normalità per Manhattan vuol dire essere frenetica, rumorosa, cablata, collegata, elettrica, ma soprattutto illuminata. I suoi quartieri, così diversi ma allo stesso tempo parte di un tutto più grande, hanno perso la loro vita e si sono spenti a causa di un ciclone di fine ottobre.

Quindi fino a solo poche ore fa Manhattan è rimasta praticamente spaccata a metà, con l’Empire State Building a fare da spartiacque tra la luce e il buio. Sotto la trentaquattresima, infatti, mancava quasi completamente l’elettricità e così Downtown si spegneva, lasciando le strade vuote e desolate.
E spinta dalla curiosità di vedere una città completamente diversa, venerdì sera sono andata anch’io verso le zone più colpite di Manhattan intenzionata ad arrivare a Little Italy. L’ho fatto a piedi.
A mano a mano che camminavo verso sud le strade inziavano a farsi sempre più deserte. In pochi avevano l’elettricità, e quei pochi la mettevano a disposizione di tutti, con prese elettriche in strada che formavano inevitabilmente capannelli di persone ansiose di potersi rimettere in contatto con i propri cari.
Madison Square Park era stato riaperto, come molti altri parchi in città, eppure era come se fosse rimasto chiuso. Pochissime le persone che vi camminavano, mentre il Flatiron, ancora al buio, non attraeva più turisti increduli.
Le strade erano vuote, tanto che non si vedeva l’ombra di un taxi mentre i semafori lasciavano il loro lavoro agli addetti di polizia.
Ma lo scenario più sconfortante l’ho trovato scendendo ancora, dopo Union Square, in quella che solo pochi giorni prima era una delle strade più trafficate e camminate di New York. La Broadway sembrava aver lasciato tutto il suo chiacchiericcio, la sua frenesia e la sua vitalità a vie abbandonate a se stesse, vuote. I negozi erano tutti chiusi, mentre alcuni alberi non avevano retto davanti alla forza di Sandy e orano lì, spaccati a metà, simbolo di una città stroncata.
Ho cambiato strada, sperando di vedere uno scenario diverso. E invece no. Anche Canal Street faceva da fotocopia alla Broadway, con pochissime persone ad animarla, per lo più curiose di vedere che cosa stava succedendo, turisti che si immaginavano tutt’altro arrivando qui.
Mulberry Street a Little Italy era ancora peggio. Il piccolo polmone di italianità, sia pure ormai marcatemente commerciale, nella grande mela era completamente abbandonato a spazzatura e rifiuti. Non vedevo nessuno per strada, ad un certo punto mi sono girata: ero sola.
Non passerà nessuno nel lasso di tempo che sono rimasta là, incredula di vedere tutte le attività chiuse, con sedie e tavoli arroccati al suo interno e finestre rinforzate. Ancora non era venuto nessuno a rimettere tutto in ordine dopo Sandy.
Arrivata la sera ho deciso di incamminarmi verso casa, sulla trentaquattresima, dove gli effetti del ciclone si sono sentiti appena. Anche i mercati di Chinatown, ora chiusi, lasciano i marciapiedi incredilmente liberi. Solo pochi hanno provato a rimenare aperti, utilizzando torce e candele per cercare di illuminare l’interno del proprio negozio.
Sono tornata verso Midtown con il sole quasi completamente sparito. Sono passata per il ritrovo campus della New York University, completamente disabitato. Difficile da riconoscere. Gli studenti, ancora senza luce, non animavano più le strade. 
Sono state delle urla a terminare questa mia mesta esplorazione. Camminavo assorta e vengo distratta da un grido: mi volto. Un ragazzo festeggia in strada con la madre. Nel loro palazzo, sulla diciassettesima strada, è tornata la luce. E i passanti si congratulano  con loro. E’ un regalo che a loro ancora non è ancora arrivato, ma è un buon presagio.
Sul mio telefonino l’allert di Facebook comincia a richiamare la mia attenzione. Sono i miei amici che abitano nella zona che si mandano messaggi. Hanno saputo che sta tornando l'energia elettrica. “E' vero, dove? Ma c’è anche l’acqua?”. La luce sembrava compiere il miracolo dalla speranza per una normalità, anche se certo New York ci metterà molto tempo per tornare come era.
Ho visto quartieri che sembravano disabitati, bui, fantasmi. Nessuno si prendeva cura di loro. Poi una luce, la luce. Ed ecco vedere di  nuovo una città animata per tornare a festeggiare: sperare.

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