Sandy e gli italiani di New York su Facebook

Azzurra Giorgi (October 30, 2012)
Arriva a New York quello che è stato definito l'uragano del secolo. Gli italiani ed italo-americani residenti a New York trovano, soprattuto grazie al social network di Mark Zuckerberg , un punto di incontro e di ritorno alle proprie radici

Sono tanti. Qualcuno dice quasi tre milioni. E tutti quanti hanno affrontato Sandy. Sono gli italiani e gli italo-americani a New York che, il 29 ottobre, si sono ritrovati faccia a faccia con quello che, alla vigilia, era stato anticipato da Obama come “ciclone potente e pericoloso”.

A poche ore dal suo arrivo, il silenzio nelle strade faceva già impressione. Non c’erano taxi, né autobus, né la solita frenesia che scandisce le giornate a Manhattan. Solo poche persone si avventuravano per le strade, per lo più curiose di vedere una città deserta, con negozi e metropolitane chiuse.
 
Su Facebook hanno cominciano ad apparire prestissimo status sull’uragano in arrivo e soprattutto immagini.

Tanti sono i riferimenti che descrivono la preparazione all'uragano. Foto di finestre con nastro adesivo, approvvigionamenenti, mobili accantonati lontani dalle finestre, consigli di diverso tipo.

 Come fa Rosanna, che fotografa una 5th Avenue deserta ma impaurita per la gru pericolante che rischia di portare i primi, gravissimi, danni sulla cinquantasettesima strada. Lei stessa immortala, poco dopo, quasi scaramanticamente, anche la mela della Apple davanti al negozio di Steve Jobs.

Alice ed Alessio mostrano la loro finestra a prova di vento, Rodrigo la sua casa con i mobili accatastati.

Le ore passano e l’uragano Sandy si avvicina, mentre molti sperano che si ripeta “solo” un Irene 2, l’altro recente uragano che aveva causato grande spavento ma pochi danni per New York. Tra questi c’è Paolo, che cerca di tranquillizzare gli amici su Facebook, dicendo “un giorno e passa tutto. In fondo siamo chiusi in casa e non è così tremendo”.

E Facebook, appunto,  in una notte svela tutta la sua importanza tenendo gli italiani di New York insieme. E si scopre che, oltre alle rassicurazioni a chi è rimasto in Italia, si condividono esperienze, programmi e paure. L’italianità che tutti conservano viene fuori: c’è chi per esorcizzare la paura prepara la pizza, chi gli spaghetti alla carbonara, chi i ravioli o gli arancini. 

Quasi un  ritorno alle origini, un modo per essere più vicini al proprio Paese, a 8000 km da New York, a chi non è chiuso in casa ad aspettare Sandy.

Il vento intanto aumenta, e l’Hudson inizia a farsi avanti nel Financial District, nell’East Village e in parte di Brooklyn. Gli alberi sembrano elastici tanto si muovono, ed ecco che il ciclone colpisce tutta New York.
 
La città che non dorme mai, così luminosa e rumorosa si spegne. Strada per strada, avenue per avenue, le luci scompaiono, lasciandola per la maggior parte al buio. Ed ecco che ci si ritrova a guardare verso il New Jersey e Downtown, completamente all’oscuro, così come tutto l’East Side. Penn Plaza è una delle poche zone illuminate, circondata dal blackout nei quartieri vicini.  
 
Poche ore e il peggio sembra passare. Il vento si calma, mentre la città è ancora buia e silenziosa. Chi può affronta il vento ed esce, come alcuni turisti sulla trentaquattresima strada, che camminano solitari al bordo di un marciapiede in direzione della decima Avenue, verso l’unico Deli rimasto aperto in zona. Qua il ciclone è stato clemente, si vedono appena i segni del suo passaggio.
 
Altri non hanno certo avuto questa fortuna. C’è chi è rimasto senza corrente e senza acqua e si arrangia come può. E’ il caso di Stefano, che scrive “il cellulare e il computer sono morti, l’Ipad ne ha ancora per poco, la connessione internet è ridicola ma ho trovato una mini radio. E’ la mia unica fonte di informazione in queste ore”. Ci si rifugia dunque nei sicuri, anche se "antichi”, mezzi di comunicazione, come se si tornasse indietro nel tempo.
 
“L'albero dell'infanzia di mio marito è caduto sulla casa di famiglia nel Queens. Sì, possiamo ritenerci fortunati.” Scrive Tiziana da Brooklyn, che riassume e ricorda cosa Sandy ha fatto anche altrove: “69 morti nei Caraibi, 17 morti dalle Caroline fin qui, 8 milioni di persone senza elettricità, 45 miliardi di dollari in danni. A New York 50 case bruciate nel Queens, - in quella penisola di Rockaway che sbocca nell'Atlantico l'acqua arrivava al petto quando sono arrivati i pompieri in barca a soccorrere i venticinque bloccati in una casa -, il reparto neonatale del New York University Hospital evacuato, e stamattina la città allagata, la città spenta, distruzione dappertutto, un silenzio spettrale sincopato dalle sirene delle ambulanze, dei pompieri, delle auto della polizia.”

La notte passa, e così anche il ciclone, definito da Bloomberg come “il peggiore nella storia di New York”. Manhattan è in parte allagata, mentre il vento cerca di calmarsi e le prime persone escono per strada. La luce svela le malefatta di Sandy. Gravissimi i danni.

Su Facebook continueranno ad essere postate foto, richieste di consigli, offerte di aiuto, status rassicuranti per parenti. Alcuni ristoranti o negozi confermano la loro chiusura ancora per un giorno. Qualcuno riapre. Fabbrica, il nuovo ristorante di Williamsburg, posta una foto con un arcobaleno. Sarà tra le prime a fare il giro della rete e portare una ventata di ottimismo. Ma è difficile e si contano ancora i danni, piccoli e grandi, come nel caso di Mila che dal suo armadio, scoperchiato dal forte vento, può adesso vedere il cielo grigio di Bushwick. 

Ma gli italiani, quelli di New York, piano piano cercano di tornare alla normalità, con il solito spirito che li contraddistingue. Sandy è stato anche un modo per tornare un po’ alle origini e cercare di sentirsi a casa. E molti di loro sono pronti ad aiutare nei prossimi giorni, a dare una mano a chi ha ancora bisogno. Sempre grazie a Facebook.

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