L'Aquila. 3.32 I numeri del ricordo

Generoso D'Agnese (April 05, 2010)
Pasqua. Ad un anno dal terremoto che ha colpito l'Aquila le riflessioni di un giornalista abruzzese. La speranza, piena di amarezza guardando una città sbriciolata, è che la strada della ricostruzione sia "lastricata di opere fatte veramente a regola d’arte"

Sono tornato nel giorno che celebra in tutta Italia le gite fuori porta. Non c’era aria di festa nell’Abruzzo che vive la Pasqua a un anno dal sisma che ha sbriciolato il cuore storico del suo capoluogo, seppellendo tante vite umane.

Sono tornato in una giornata di vento e di pioggia, con la mia auto che faceva le bizze e che a fatica saliva lungo il serpente stradale che porta dalla costa sull’altipiano di Navelli e poi nella conca aquilana. Non avevo il permesso per entrare nella zona rossa preclusa ai comuni cittadini ma non ce n’era bisogno.
 

Il mio lavoro mi aveva portato in tutte le strade che avevano subito crolli e perdite umane e non avevo bisogno di ripercorrere quelle traverse per scendere ancora una volta nell’angoscia interiore, quell’angoscia che non ti abbandona mentre cammini sul selciato del centro storico. Oggi è un giorno triste e lo si legge nei visi degli aquilani e di tanti abruzzesi. Un anno è sufficiente per scrollarsi da dosso la polvere delle macerie ma non abbastanza per togliersi dal cuore il macigno dello sconforto. E rappresenta solo l’inizio di un calvario burocratico che durerà almeno dieci anni. A un anno di  distanza ho accumulato tante sensazioni, ho incamerato memoria e rabbia, ho vissuto il lento ritorno a una forzata normalità, l’entusiasmo malinconico di chi è costretto a ripartire da zero. Ho vissuto tra le tende dei volontari di Nuova Acropoli  e insiema all’amico italo-americano Luciano Borsari ho camminato tra le macerie proibite per raccogliere frammenti di storie. Frammenti che mi appartengono per la mi vita vissuta tra le strade aquilane. Non sarà facile uscire dalla precarietà. Troppe profonde le ferite inferte a questa città. Alla sua Agorà. E’ una città che non ha più il suo luogo d’incontro. Costruita da Federico II, L’Aquila ha una geografia particolare. Le sue frazioni distano anche venti chilometri da centro e rappresentano i nuclei originari di quei borghi che contribuirono alla costruzione del borgo medievale. Il quadrilatero centrale rappresenta quindi il vero baricentro di una città distribuita a cerchio nella conca, il punto d’incontro di cittadini che altrimenti vivono lontani dall’epicentro amministrativo.
 

E’ una città triste quella che rinascerà pian piano nei prossimi mesi e anni. La sua anima è rimasta sepolta insieme alle 308 vittime del sisma. E’ una città arrabbiata quella che rinascerà negli anni futuri. Per quegli edifici moderni che sono crollati come cartapesta, accanto ai palazzi settecenteschi o le case del ventennio fascista che hanno retto bene l’urto. Perfino le case popolari hanno sopportato bene il terribile scossone arrivato a tradimento durante la notte. E non ci può essere pace per chi ricorda con orrore i tanti anni passati a chiedere spiegazioni per una Casa dello Studente piena di difetti costruttivi.
 

E’ il tempo delle celebrazioni. Questa notte è la notte delle preghiere e delle candele. E sono tornato nella mia città sulla costa portandomi dietro il peso della coscienza. Ma quanta ne avevano i tanti costruttori che senza scrupoli hanno usato armature a ferro liscio e cemento di pessima qualità? Quanta ne avevano quelli che hanno sorriso beffardi alle tante sollecitazioni di controlli? 

Il Comune ha scelto di ricordare l’evento con un consiglio comunale che inizierà alle 21,30 e dopo aver fatto partire 4 staffette dai punti cardinali del cratere sismico, proseguirà con un fiaccolata che partirà dai quattro quartieri con convergenza alla Fontana Luminosa per poi inoltrarsi in alcuni tratti della zona rossa aperta ai cittadini e arrivare infine a Piazza Duomo nell’ora fatidica delle 3.32.
 

Pescara ha scelto di far suonare alla stessa ora le campane delle sue chiese per ricordare le vittime di questa tragedia.
 

A Onna, alle 4 del mattino l’ambasciato tedesco in Italia Michael Steiner poserà la prima pietra del centro civico “Casa Onna”, sul terreno della casa comunale distrutta dal sisma. Altre iniziative verranno realizzate  il  6 aprile: la posa di una corona nella caserma di Coppito, la creazione di una corona umana nel centro agibile e libereranno i palloncini mentre su Facebook ben 19 mila iscritti hanno aderito all’iniziativa “Una candela per L’Aquila” per partecipare al ricordo delle vittime.
 

"Non è stato un anno passato invano – ha spiegato il  capo della Protezione civile, Guido Bertolaso -  quello dal 6 aprile del 2009. Quello realizzato all'Aquila è molto importante, e il fatto che da tutto il mondo ci continuino a chiamare è un ulteriore esempio della considerazione e del giudizio che a livello internazionale è stato dato". Nessuno è stato abbandonato e lasciato solo. Mi sembra che lo Stato, il Paese abbiano dato una grande risposta di solidarietà, di fermezza, di partecipazione, ma anche di compostezza. In questi 12 mesi è stato fatto molto: la riapertura dell'anno scolastico, l'università, la possibilità di dare una casa confortevole a decine di migliaia di persone, anziché metterle nei container senza sapere esattamente quali sarebbero stati il loro futuro e il loro destino. La ricostruzione deve ripartire. Abbiamo detto che deve essere competenza delle autorità locali; noi abbiamo disegnato la strada che deve essere seguita per quella ricostruzione che tutti vogliamo sia realizzata e che tutti speriamo di vedere attuare". 
 

La speranza è che sia una strada lastricata di opere fatte veramente a regola d’arte.

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