John Turturro. Napoli tra Cinema e realtà

Luca Delbello (January 13, 2011)
Il 20 gennaio (6.00 pm), presso la Casa Italiana della NYU, si svolgerà una tavola rotonda con il Cardinale Crescenzio Sepe, Antonio Monda e John Turturro, moderata da Stefano Albertini. Si parlerà di Napoli e delle difficoltà di rappresentarla. Verranno proiettati alcuni momenti dell'ultimo film di J. Turturro intitolato "Passione"

È uno dei caratteristi hollywoodiani di maggior talento della sua generazione. Cresciuto a Brooklyn da padre e madre di origine italiana, John Turturro ha costruito la sua carriera puntando sulle sue capacità di versatile istrione, incarnando di volta in volta i ruoli più disparati, arricchendoli sempre con un tocco di creativa personalizzazione che ha reso i suoi personaggi indimenticabili.

Le sue doti attoriali lo hanno reso una vera e propria icona del cinema americano, alcuni dei personaggi da lui interpretati sono entrati di diritto nella storia di Hollywood. Molti lo ricorderanno senza dubbio nelle parti del vanitoso giocatore di bowling de “Il Grande Lebowski” e del nevrotico gestore della pizzeria di “Fa’ la cosa giusta”, ma anche in ruoli più pacati come quello del commediografo intellettuale di “Barton Fink - È successo a Hollywood” e dell’esperto giocatore di poker ne “Il Giocatore”.

Nell’arco della sua carriera ha avuto l’occasione di collaborare con alcuni fra i più grandi registi del cinema contemporaneo, dai fratelli Coen che hanno fatto di lui il loro attore feticcio fino al sodalizio artistico con Spike Lee, che lo ha scelto per dare vita ad alcuni fra i più memorabili personaggi italo-americani della settima arte.  
 

Turturro rappresenta, insieme a Robert De Niro, Martin Scorse, Al Pacino, Chazz Palminteri e pochi altri, uno dei punti di riferimento culturali nella comunità italo-americana di New York City. È il prototipo dell’italiano nato e cresciuto in America alla ricerca di un contatto più intimo e personale con la propria terra d’origine, l’Italia. Sarebbe però sbagliato rinchiuderlo nel recinto della caratterizzazione etnica, il suo stile gli consente di andare ben oltre la capacità di rappresentare una singola comunità, riuscendo a dare forma e sostanza a ruoli variegati e complessi.

Proprio il forte legame che ha con il nostro Paese lo ha portato a dirigere il suo ultimo film, “Passione”, a Napoli. Più che un film si tratta di un documentario musicale, un omaggio alla vivacità culturale e alla poesia partenopea. Il suo è un cinema sofisticato, delicato, nel quale si decantano le virtù di una città afflitta dai drammi del precariato, dalle speculazioni e dai falsi luoghi comuni.

Passione è anche la parola adatta per descrivere l’impegno dei vari artisti coinvolti in questa piccola produzione Italia-Stati Uniti, a cominciare da Massimo Ranieri e Lina Sastri fino a Enzo Avitabile e Raiz, in un’opera tesa a valorizzare l’arte e la musica napoletana, spesso snobbata dalla critica, enfatizzando tanto la canzone tradizionale quanto le nuove sonorità. Turturro non rinuncia alle sue doti di incantatore e trova il tempo per ridere e scherzare, tra un ballo di Caravan Petrol con Fiorello e qualche battuta in dialetto napoletano.
 

Regalando allo spettatore un affresco sincero e umile, il regista italo-americano riesce nell’intento di restituire un’immagine di Napoli non stereotipata, che emoziona e, allo stesso tempo, coglie le molteplici sfumature e le infinite contraddizioni di una città che tanto ha donato in termini di cultura e arte ma che, troppo frequentemente, viene banalizzata da eterni cliché e da perenni pregiudizi sul suo popolo e i suoi costumi.

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