Articles by: Emanuela Medoro

  • Arte e Cultura

    Teatro. Su i personaggi delle opere di Mario Fratti

    La lettura delle opere di Mario Fratti in Teatro dell’Imprevedibile, drammi e satire (Enrico Bernard Entertainment 2007)porta a riflettere sull’uso delle parole drammi e satire messe a completamento del titolo. E’ stata l’origine di un breve scambio di messaggi con M. Fratti, che riporto integralmente.  

    26 maggio 2012 09:58:

    Buongiorno, Mario,

    riflettendo sulla tua opera ed i vari personaggi, maschili e femminili, ho scoperto una mia lacuna/differenza culturale con gli americani. Hanno chiamato satire Sorella e Amanti, e molte altre. Secondo me la satira è quella che castiga i costumi con la risata es.: Roberto Benigni. Sorella e Amanti etc. mettono in scena drammi e relazioni umane che si svolgono entro o fuori l’istituzione famiglia e  castigano i costumi in un implicito intento etico, ma non riesco a vedere come si possa ridere. E' un mio blocco culturale? è la cultura americana che è molto diversa dalla nostra? Non sono in grado di capire un testo teatrale solo scritto? Se non chiarisco questo punto non vado avanti. Cari saluti
    Emanuela  

    6 giugno 2012

    Cara   Emanuela, 

    ho  trovato  la  tua  e-mail,  non  ti  scoraggiare,  scrivi quel che pensi ,

    scrivi la  tua  opinione  non  quella  degli  altri,  non bisogna mai arrendersi.

    Cari  saluti  Mario.

     

    Mi sono chiesta, dunque, quando e perché ride il pubblico americano dei teatri off

    Broadway nelle opere di M. Fratti definite satire ed ho tentato di trovare una risposta. Secondo me il pubblico americano di cultura protestante ride delle situazioni difficili, sgradevoli, cariche di odio e di violenza che si generano all'interno di famiglie in cui i personaggi femminili riflettono la tradizione cattolica sia della donna fedele, ubbidiente e sottomessa, giunta vergine al matrimonio, che dell’ uomo portatore di un’idea proprietaria della donna e della famiglia.

    E’ vero che le situazioni dei drammi e satire di M. Fratti si possono collocare in tutto il mondo (qualcuno ha detto che Fratti ha un senso internazionale del teatro per i soggetti scelti e per il modo di metterli in scena), ma è altresì vero che nell’opera scritta da un autore con un nome e cognome italiano i pubblici a maggioranza protestante  trovano una bella spinta alla risata quando vedono in scena situazioni che forniscono legna al fuoco della loro forte identità cristiana- anticattolica. Accade che quello che per un lettore/spettatore italiano, non necessariamente bigotto, ma comunque cresciuto ed educato in una società a forte tradizione cattolica, è solo una triste constatazione di fatto, può  causare una bella risata di pubblici di cultura diversa. 

    I  drammi e le commedie di M. Fratti mettono in scena una visione della società contemporanea che si svolge intorno a sesso, politica e religione, mescolati in proporzioni variabili, rielaborati e rappresentati con personaggi ispirati da esperienze di vita o fatti di cronaca.Descrivere alcuni dei suoi tanti personaggi è un tentativo di mettere in luce i fili conduttori che collegano le sue opere, in un percorso creativo fortemente radicato nella cultura italiana, ma che si realizza principalmente oltreoceano.

    Una prima informazione sulle caratteristiche generali dei personaggi maschili e femminili di M. Fratti si trova nell’intervista da lui rilasciata a Roma, marzo 2005, a Mino Sferra, attore e regista che ha studiato dramma e lavorato a New York e che ora vive ed opera a Roma.

    Domanda: Nei tuoi drammi quasi sempre l’uomo è forte, virile, arrogante, mentre la donna è completamente succube . E’ ancora così?

    Risposta: Le cose stanno cambiando completamente, l’uomo diviene sempre più debole e timoroso, e la donna è sempre più forte e determinata. E’ interessante che in tutte le mie opere (quando vedrai i paralleli nelle mie diverse opere te ne accorgerai), alla fine l’uomo diviene debole e la donna vince. Vince sempre la donna perché lo merita, perché è sensibile e perché storicamente è stata una vittima per dei secoli e in questi ultimi venti anni si sta riscattando… Non c’è dubbio. Comandano loro, sono il simbolo della terra, sono più sagge e più pazienti.

    Tra le sue opere più rappresentate del periodo di produzione in Italia ci sono La Gabbia e L’Accademia, scritte negli anni ’50, epoca in cui gli italiani, divisi fra le opposte tifoserie De Gasperi/Togliatti, Bartali/Coppi  ritrovavano la loro unità nel culto della Madonna pellegrina. Il dramma in tre atti La Gabbia, messo in scena per la prima volta a Milano nel 1959, si svolge all'interno di un appartamentino di città dove vive una famiglia modesta e numerosa. Protagonista Cristiano, chiuso nella gabbia della sua sensibilità ed iper reattivo al male, privo della necessaria energia per esprimersi e confrontarsi con il mondo esterno, orgoglioso della sua cultura libresca e mnemonica, vede il mondo con gli occhi del suo autore preferito che cita a memoria per esibizionismo. Si limita a desiderare Chiara, la cognata bella e disinvolta che odia Pietro, il rozzo marito/padrone, a sua volta odiata da lui che dovette piegarsi ad un banale matrimonio riparatore. Contrapposta a Chiara,  Nella, sorella di Cristiano e Pietro, umile, dolce e sottomessa all'uomo. Cristiano, nel difendere  Chiara dai rozzi attacchi del marito, lo strozza con le sue mani attraverso le sbarre della gabbia, e così Chiara compie il suo processo di liberazione dal marito/padrone per mano di Cristiano. Lui  trova in quel crimine la forza di chiedere a Chiara la chiave per uscire dalla gabbia, ma si sente tradito da lei e sperimenta su sé stesso “la feroce crudeltà che intuiva negli umani”.

    Dello stesso periodo L’Accademia. In quest’opera la crudeltà degli umani si manifesta come piacere nella fantasiosa elaborazione dell’inganno dell’uomo contro la donna. Protagonista un turpe individuo che trasforma il mito del latin lover in prostituzione maschile organizzando una specie di scuola, l’accademia, i cui allievi, a pagamento, vengono istruiti su scelta delle vittime e tecniche di approccio. Questi “professionisti”, secondo uno schema precostituito, inventano trappole di seduzione e manipolazione psicologica delle donne in modo da trarne i maggiori vantaggi e  profitti possibili immediati e futuri. Negli USA questa opera è diventata il musical Seducers.

    Successivamente, negli USA,  M. Fratti ha ripreso il tema del piacere nell’invenzione dell’inganno e della manipolazione psicologica della donna, e colloca a New York la storiella de L’Ungherese, macchinazione di raggiro e seduzione messa in atto dal protagonista, un losco individuo, americano questa volta, che raggira un’ emigrata recente, facile preda. La seduzione termina con un aborto liberatorio: “Odio questo americano che mi cresce dentro”, dice la donna sedotta ed abbandonata.

    Ne La Quarta, solo donne compaiono in scena, unite da un uomo, invisibile protagonista della commedia presente nelle loro menti. Le prime tre compagne di quest’uomo, d’accordo fra di loro, rompono le uova nel paniere del loro ex mettendolo in cattiva luce agli occhi della quarta prossima futura moglie, innamorata e succube di lui. Indimenticabile l’accusa definitiva: “E’ comunista”. Il gioco è fatto. Un pizzico di politica in questa spietata guerra dei sessi non guasta.    

    Ed ecco Guido Contini, il protagonista di Nine, il personaggio più famoso di tutti per il musical che ha avuto migliaia di repliche a Broadway. Una sequenza di canzoni bellissime in una costosissima, grandiosa messa in scena. Pure lui, come Cristiano, si fida solo della mamma, seppure solo nel ricordo. Psicologicamente fermo all’età di nove anni, dotato di ondivago ed altalenante genio artistico, Guido percepisce le donne come femmine ossessive assatanate di sesso. Tutto lo spettacolo consiste nell’esibizione di questa percezione. Alla fine la moglie lo abbandona.

    In Amanti, recentemente messo in scena a Roma, una donna tenta di liberarsi dalla sottomissione all'uomo esplorando nuovi tipi di relazioni umane, ma finisce in un infernale intreccio di rapporti che la conducono ad un omicidio. Accanto all'idea dell’inganno ci sono altri fili conduttori che con essa si mescolano, quello della presenza della religione e della libertà, meglio di “ un processo di liberazione da”. Es.: l’idea guida di libertà/liberazione è presente nel dramma Cecità, e nel mondo della grande storia ed in quello della piccola storia di una famiglia. Un giovane uomo torna cieco dalla guerra in Iraq, il padre patriottico parteggia per l’esercito americano liberatore dell’Iraq dall’oppressione del tiranno, ma la moglie e la figlia fra le pareti domestiche si liberano di lui, padrone e padre oppressore, nello stesso modo in cui l’esercito americano voleva esportare la democrazia in l’Iraq, uccidendo.

    Sesso e politica anche nelle opere più recenti. Garibaldi si svolge nella camera da letto dell’Eroe dei Due Mondi e lì lui, abilmente e allegramente, usa e manipola a suo piacimento l’ospite del momento. In Obama 44, c’è un delitto a conclusione del thriller che inizia come una commedia rosa, cambia subito tono però e questa volta la protagonista donna è strozzata dalla mano di un amante geloso armata, anche per motivi ideologici, di una calza di nylon che lui le stringe intorno al collo.

    Le donne vincono sempre? Le scene  finali dei drammi di M. Fratti con un rapido guizzo ribaltano le situazioni di manipolazione psicologica ed inganno per cui le donne si liberano dalla sottomissione. Si può dire che vincono sì, ma non sono le protagoniste dei drammi, protagonisti restano gli uomini e la loro cultura della prepotenza e della sopraffazione. Le situazioni di inganno/sottomissione, a lungo rappresentate, restano chiare e dominanti nella mente del lettore/spettatore, nonostante le rapide e scaltre finali, generando l’impressione di una sorta di ambiguità o non voluta chiarezza del messaggio principale del testo. Forse proprio questa caratteristica del teatro di M. Fratti  è la ricchezza, la ragione che spiega il suo successo fra pubblici diversi poiché lascia ampio spazio di interpretazione a registi ed attori.   

    La sola protagonista indiscussa, osservata nell’ambito dell’esercizio dell’arte del teatro, prevalente su fatti personali inclusa la relazione con Gabriele D’ Annunzio, è Eleonora Duse, “la Regina” del teatro di M. Fratti. Per lei ha scritto un dramma in due atti in cui una maestra di dramma, in un teatro in attesa di vedere uno spettacolo con Eleonora Duse protagonista, cerca di spiegare ad un gruppo di allievi tutti gli aspetti dell’arte sublime di lei, di cogliere i segreti della sua arte e trasmetterli a chi non l’ha conosciuta. Per Eleonora Duse il finale è ricco di fantasia, niente  vincitori e vinti, ma una scena, sorprendente anche questa, indimenticabile e suggestiva. Da grande teatro.

    In conclusione possiamo anche credere che sia la donna a vincere, ma non è la protagonista, protagonisti restano gli uomini che si divertono a macchinare inganni e commettere violenze e soprusi, da cui le donne si liberano con i mezzi a loro disposizione, con un guizzo finale di energia vitale. I personaggi dei drammi di Mario Fratti
    documentano l’epoca del movimento di liberazione delle donne mettendone in scena gli inevitabili conflitti, largamente diffusi nel XX secolo, nel mondo occidentale di cultura di origine europea, quello che vuole essere democratico e civile.

    [email protected]

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    Mario Fratti's Plays No royalties are requested when you perform any of the following three plays.

    Iraq [Blindness] – English
    About the American soldiers who have committed suicide in Iraq.
    il Sogno Americano – Italian
    The dreams and disappointments of a European woman in New York.
    Garibaldi – English
    Erotic life of the Italian hero, Garibaldi

    For all other plays, the agent is:

    Susan Schulman
    454 West 44th Street
    New York, NY 10036
    [email protected]

    3 Sisters and a Priest
    Thirst
    Garibaldi
    Brooklyn (CAIN)
    L’Aquilqa (Nine Martyrs)
    Actors
    Marilyn
    Third L

    Nine – A musical adaptation of Fellini’s film Eight and a Half
    The Pill download abbreviated text A monologue about freedom
    Dead Man’s Bluff download abbreviated text A Thriller
    Sincerity download abbreviated text A blind date.
    Friends download abbreviated text His and hers versions of how they met.
    Anniversary download abbreviated text Father and ‘Daughter’ incest?
    Family – Trying to heal mental illness.
    The Colonel’s Wife – An isolated woman’s romantic fantasies deceive her.
    Victim – A woman punishes the two men who have trapped her.
    Cage – A woman saves a young man who is afraid of life and chooses to live in a cage.
    Lovers – Three women succeed in getting rid of a husband.
    Seducers – Six young men learn from a wife how to seduce women.
    Refrigerators – A modern version of Arsenic and Old Lace.
    Six Passionate Women download abbreviated text They plot to punish a promiscuous film director.
    Bridge – How to save a possible suicide.
    Two Centuries – A man mistreats a woman in Act 1. Her revenge in Act II.
    Sister – A brother fights his promiscuity.
    Beata, the Pope’s Daughter – Life in Rome of the Holy Father John Paul II
    Che Guevara – The life and death of Che in Bolivia.
    The Return – Coming back from a concentration camp.
    Eleonora Duse – Life of the great Italian actress.
    A.I.D.S. read abbreviated text How two lovers react.
    Mothers and Daughters Tragic story of an incest.
    Chile 1973 – Pinochet’s dictatorship
    Mafia About a mysterious white widow.
    Porno read abbreviated textA young actress is blackmailed.
    Leningrad Euthanasia Leningrad, today.
    The Psychoanalyst A Psychoanalyst lusts after his patient
    No Hell. Dante Was Wrong Three sisters listen to The Pope
    Erotic Adventures in Venice Corrupt politicians hide in a churchyard.
    Dina & Alba – Alessia Sincerity 2000 Women in love
    Jurors Why they aquitted O.J.
    22 Plays in Spanish Art Teatral – Historiador Diago 15-6-Valencia
    8 Plays in Japanese Mirai- She Publisher – Tokyo
    9 Plays in Russian A C. Publisher – St. Petersburg

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  • Arte e Cultura

    Oriana Fallaci in America. Un mito fiorentino e la lingua inglese


    Il legame di Oriane Fallaci con il mondo anglo americano è forte, fondamentale. Risale all' adolescenza, allora la madre Tosca le diede da leggere le opere di Jack London, lo scrittore americano autore di numerose opere di narrativa, fra cui White Fang (Zanna Bianca)The Call of the Wild (Il richiamo della Foresta), che narrano di un mito fondante della cultura americana, la libertà, che in questo caso si concretizza nell’eroica sopravvivenza degli uomini nel mondo del grande nord, poco popolato, a contatto diretto con una natura non sempre benigna, lunghissime, gelidissime invernate, distanze infinite, fiumi, laghi e foreste di conifere. In questo ambiente ostile e difficile la libertà dell’individuo diventa responsabilità di scelte di vita, lì anche un semplice gesto sbagliato può fare la differenza fra la vita e la morte. Fallaci lesse e rilesse  da ragazza tutta l’opera di Jack London che divenne un punto fisso della sua cultura e del suo modo di pensare, la stella polare che la guidò sempre nelle scelte di vita e di narratore.

    L’America fu dunque una presenza forte nel corso della vita di Fallaci che ne criticò la politica ai tempi della guerra del Vietnam, ma ne riconobbe i meriti, amò New York e ci abitò a lungo, in una town house nel cuore dell’Upper East Side, al 222 A, 61° Street. La amò sopra tutto in relazione proprio all'idea di libertà, quella di Jack London, amore che lei manifestò in tutti i modi, fino agli ultimi giorni della sua vita, tanto che uno dei critici che hanno scritto su di lei, Massimo Fini, intitola un articolo  La missione di Oriana, americanizzarci tutti ( Il Gazzettino, 9 aprile 2004).

    Riporto in questo articolo alcuni problemi nati dall’uso della lingua inglese per le interviste e le conferenze, e dalle traduzioni in inglese delle opere scritte di O. Fallaci, attraverso la lettura delle opere di critica  di Santo Aricò e John Gatt Rutter.

    Santo L. Aricò, di origine italiana, cresciuto a Brooklyn, è stato Professore di Lingua e letteratura Italiana in una università americana, Oxford, Mi. Ora in pensione si dedica alla scrittura come critico letterario. La pubblicazione del libro Oriana Fallaci: La Donna ed il Mito è il risultato della sua lunga attività di traduttore e critico a contatto con l’ opera di O. Fallaci. Ha scritto inoltre un articolo sulla controversa opera di Oriana Fallaci La Rabbia e l’ Orgoglio, scritto dopo l’attentato delle Due Torri e Contemporary women writers in Italy: a modern Renaissance. In note in fondo al suo libro S. Aricò comunica che tutte le traduzioni in inglese degli articoli pubblicati sull’Europeo, il Mattino dell’Italia Centrale e altri giornali italianisono sue, come pure tutte le traduzioni degli articoli di Paola Fallaci su Oriana.

    Nell’introduzione al suo libro su O. Fallaci, S. Aricò manifesta una forte ammirazione per questa giovane signora fiorentina, portatrice ed espressione di una cultura toscana per lui lontana e nello stesso tempo amatissima, quasi un mito per un emigrato dall’Italia che ha imparato ad usare l’inglese dopo il dialetto d’origine, ignaro nell’infanzia e prima gioventù della lingua e cultura toscana, fatta non solo di parole assenti nel suo lessico familiare e da lui apprese più tardi, ma anche di immagini dipinte in chiese e palazzi civili da geni lontani nel tempo, da lui conosciute e sognate inizialmente sui libri, per lei, invece, pane quotidiano nel periodo della crescita e dell’ istruzione di base.

    Mettendo in relazione le vicende della vita con l’opera di Oriana Fallaci, S. Aricò ha intuito che c’è un filo che collega il tutto, chiaramente rintracciabile ed onnipresente in articoli, interviste e romanzi. Questo filo di collegamento è la costruzione del mito di sé, come numero uno del giornalismo e della narrativa, essendo lei stessa in tutte le pubblicazioni, interviste a celebrità del cinema o della politica, romanzi anche non direttamente collegati alle sue esperienze di giornalista, la indiscussa protagonista, sempre. Insomma siamo di fronte ad un caso in cui la americanissima idea della costruzione di sé come numero uno (number one), cioè la corsa del vincente  ed il suo rovescio, la sorte dello sconfitto (the under dog), il bischero nella lingua colloquiale fiorentina di Fallaci, risulta essere uno strumento utile ad illuminare un aspetto dell’ opera di Fallaci, il suo protagonismo.

    Un punto interessante del libro di S. Aricò sono le notizie  sui rapporti di O. Fallaci con la lingua inglese ed i traduttori americani. A pag. 195 e seg. l’autore narra che Fallaci ricorre all'idea biblica di maledizione divina e cacciata dall’Eden per spiegare la confusione delle lingue e la conseguente necessità di traduttori per le opere scritte. Questa è, secondo lei, la punizione per il peccato di superbia di Adamo ed Eva. Nel ruolo di Dio, Fallaci prima lancia loro parecchi insulti coloriti, poi dice: “…Avete mangiato la mia mela? E adesso vi punisco. Da ora in poi, parlerete lingue diverse, e quando scriverete un libro, dovrete essere tradotti. Fuori!”

    Quanto a lei, nata a Firenze da famiglia di antiche origini toscane, aveva frequentato scuole italiane, pertanto la sua arte di narratore si esprime innanzi tutto in italiano, la lingua madre, quella usata in famiglia ed a scuola. Aveva successivamente acquisito una buona padronanza dell’inglese e del francese e qualche conoscenza dello spagnolo, sufficienti a scoprire delle libertà, inaccettabili secondo lei, nell’opera dei traduttori. Da qui una lunga serie di controversie, litigi, traduzioni, ritraduzioni e discussioni con traduttori, editori e tutti gli operatori del settore.

    Per quanto riguarda il suo uso della lingua inglese parlata, viene spontaneo chiedersi come fece lei, giovanissima, vissuta ed istruita in Italia, ad intervistare le celebrità di Hollywood, non tanto per l’abilità di rivolgere le domande, quanto per quella di comprendere a pieno le risposte degli intervistati. Non c’è risposta alla domanda, di fronte ad un genio, ad un numero uno del giornalismo e della narrativa, le osservazioni dei comuni mortali sono destinate a svanire nel nulla.

    Però una traccia della consapevolezza di una qualche sua difficoltà con la lingua inglese parlata emerge nel 1976, durante una conferenza all'università di Amherst. In apertura del suo intervento Lei ammise che parlare in inglese di fronte a professori e studenti di un college universitario poteva sembrare irresponsabile, e si scusò per il suo inglese non shakesperiano, per la pronuncia che poteva essere insopportabile, per la inesatta scelta di vocaboli e la fraseologia stravagante. Tuttavia questo Fallaci -English, era il solo strumento che aveva per comunicare con loro. Allora la sua onestà le portò ammirazione.

    Accanto a questo episodio, l’ informatissimo libro (S. Aricò, pag.67) ci offre un esempio di una comicità irresistibile, creata e dall’uso di una espressione italiana da lei tradotta in inglese direttamente parola per parola, e dalla sua pronta, vivacissima arguzia, durante l’intervista con Hugh Hefner, inventore e padrone della rivista Playboy.

    Ad un certo punto, nel corso della conversazione lei lo coglie in flagrante ipocrisia ed esclama, in inglese:
     
    Fallaci. : Here the donkey falls. (Qui casca l’asino)
    Hefner: What did you say? (Che ha detto?). Facile immaginare l’espressione meravigliata, forse un po’ spiazzata di lui.
    F.  Nothing, it’s an Italian way of speaking. ( Niente, e’ un modo di dire italiano).
    H.  insiste:  What does it mean? (Che significa?)
    F. Significa che mentre io andrò all' inferno, lei andrà in paradiso, Sig. Hefner. Lì, fra santi e martiri, insieme alle sue conigliette, lei discuterà del sesso degli angeli.
    H.: Hanno sesso?
    F. No, non ce l’hanno. 
     
    Per quanto riguarda la narrativa di Fallaci e le traduzioni di queste opere, segnalo che nella bibliografia in calce all'opera di S. Aricò, ci sono i nomi del o dei traduttori, per ciascun romanzo.

    John Shepley tradusse Intervista con la Storia (Interview with History) e Lettera ad un Bambino mai Nato (Letter to a child never born).
    Pamela Swinglehurst Gli Egotisti: Sedici Interviste Sorprendenti (in collaborazione con Mihaly Csikszentmihalyi e la stessa Fallaci) (The Egotists, Sixteen surpising interviews), Se il Sole Muore (If the Sun Dies), Penelope alla Guerra (Penelope at War), Gli antipatici (The Limelighters, ed Il Sesso Inutile (The Useless Sex).
    James Marcus Inshallah successivamente ritradotto da lei stessa.
    William Weaver Un Uomo (A Man), e Isabel Quigly Niente e Cosi Sia ( Nothing and Amen).

    Mi soffermo sulla storia della traduzione di Inshallah, che fu pubblicato negli USA come una “traduzione di Oriana Fallaci da una traduzione di James Marcus”. Prima di iniziare il lavoro l’autore conosceva ed apprezzava il modo di tradurre di J. Marcus ed insieme, di comune accordo, presero la decisione di eliminare i brani in dialetto. Inizialmente la Fallaci accettò e lodò il lavoro di Marcus. Però infine lei rifiutò la resa in inglese. Certamente, secondo Marcus, la causa non fu una traduzione eccessivamente letterale, e lei stessa strutturò un’altra traduzione sulla base di quel lavoro.

    Secondo S. Aricò, “Il vero problema riguardo al passaggio di Fallaci da Insciallah a Inshallah è la sua padronanza dell’ inglese, sufficiente per una conversazione ma non per la sua prosa elaborata, che incanta. Il suo inglese impacciato spesso contiene fraseologia costruita in modo inesatto, indice di un’ovvia mancanza di istruzione formale nella lingua.”

    Seguono vari esempi di frasi discutibili inglese, alcune prese da una recensione di Thomas Keneally, un critico che espresse dubbi sulla traduzione di InshAllah: “Insieme ad una narrativa vigorosa c’è un dialogo che scricchiola ed esagera negli effetti”. Il critico elenca alcune delle frasi “sfortunate” di Fallaci, di cui riporto un esempio: “By Christopher Columbus and his mother’s dirty underpants! (Per Cristoforo Colombo e per le mutande sporche di sua madre!)”. La sfortuna della frase consiste nel fatto che essa è del tutto estranea ad un lettore anglo-americano. Qualcuno di loro leggendo quella frase avrà espresso meravigliato dissenso con un “Ohhh! Noi non diciamo così!” e, con un’alzata di sopracciglia, avrà  forse chiuso il libro.

    Nonostante i rapporti con i traduttori siano stati tempestosi, secondo S. Aricò, Oriana Fallaci deve la sua fama nel mondo alle traduzioni che ha avuto in inglese, che dagli USA e dall’Inghilterra hanno contribuito a diffondere la sua opera in tutto il mondo. Infatti pur nella babele delle lingue, rivolgendosi al maggior numero di lettori possibile, lei capta in prima persona e rappresenta nei personaggi della sua vasta opera i molteplici aspetti, drammatici e contrastanti, della cultura  della sua epoca: etici, morali, sociali, politici, filosofici e scientifici. Così Oriana Fallaci riesce a costruire il mito di sé, nel mondo. Una Donna.
     

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